Il successo della serie Mare Fuori ci racconta l'interesse che nutriamo nei confronti di storie al limite, storie che ci tengono incollati allo schermo con scene anche di violenza e personaggi controversi con cui è rischioso identificarsi. Ma romanticizzare storie di violenza come quelle di “Gomorra”, “Suburra” o “Blocco 181” può portare all’emulazione da parte dei giovani?
I dati sulla criminalità
Per sapere se esista effettivamente una connessione tra la visione di certi contenuti e lo sviluppo di comportamenti negativi, è necessario prima di tutto dare un’occhiata ai dati sulla criminalità minorile.
Secondo l’ultimo rapporto del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, dal 2010 al 2022, la criminalità minorile è aumentata del 15%. Sebbene questo numero possa sembrare un freddo calcolo statistico, tale incremento ci svela come i giovani siano sempre più coinvolti in situazioni di illegalità. Parliamo di più di 32.000 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 17 anni.
Dallo stesso rapporto emerge poi che l'età in cui i ragazzi entrano in contatto con la giustizia sta diventando sempre più bassa. Pensate un po', negli ultimi dodici anni, le denunce e gli arresti dei giovanissimi di 14 e 15 anni sono aumentate di quasi il 30%.
La serie Mare Fuori fotografa con estrema precisione i reati che vengono maggiormente contestati ai giovani: furti, rapine, estorsioni rappresentano quasi il 40% dei casi. Seguono poi atti di violenza come lesioni, minacce e rissa, oltre a danneggiamenti e resistenza a pubblico ufficiale. Infine, le violazioni legate alle sostanze stupefacenti.
Attenzione a ciò che viene mostrato
Se analizziamo la distribuzione geografica della criminalità giovanile, notiamo che, contrariamente ai cliché perpetuati da alcune serie, negli ultimi dodici anni le segnalazioni di minori coinvolti in attività criminali sono aumentate al Nord e al Centro, mentre al Sud e nelle isole si è registrata una diminuzione.
Questo dato evidenzia come le rappresentazioni mediatiche spesso alimentino una visione distorta e discriminatoria del Sud, e in particolare di Napoli.
Ma oltre a fotografare un certo tipo di realtà, queste serie sono in grado di influenzarla e di portare a un'emulazione?
Cosa dicono gli studi
Nella letteratura scientifica troviamo numerosi studi sull'impatto della visione da parte degli adolescenti di immagini di violenza criminale sui mass media tradizionali. Alcuni esperti, come lo psicologo americano Christopher Ferguson, sottolineano come i crimini violenti siano solo uno dei sintomi di una società violenta come quella statunitense e che non ci sia una relazione di causalità tra l’aumento della criminalità e la violenza mediatica.
Non tutti gli esperti però sono dello stesso parere. Una metanalisi che riassume i risultati di ben 37 studi e coinvolge oltre 10.000 partecipanti, ha rivelato che guardare contenuti violenti aumenta i pensieri violenti, i sentimenti di rabbia, l’eccitazione e anche il comportamento aggressivo.
Altri rischi legati all'esposizione precoce a contenuti violenti possono essere poi il desiderio di imitare – soprattutto quando i ragazzi vedono che la violenza viene premiata – lo sviluppo di atteggiamenti aggressivi e una minore sensibilità alla sofferenza altrui.
Cosa possono fare i genitori: vietare o controllare?
La presenza di simili rischi significa dunque che dobbiamo proibire queste serie ai nostri figli? La risposta non è così semplice
Di certo c'è che i bambini piccoli non dovrebbero mai assistere a scene violente per gli effetti negativi che queste possono avere sul loro sviluppo.
Per gli adolescenti, invece, se guidati, questi contenuti, oltre che intrattenere, possono rappresentare un’opportunità di riflessione e di discussione sui messaggi trasmessi.
Per questo motivo, per aiutare i nostri figli a gestire meglio l'esposizione alla violenza nei media possiamo adottare diverse strategie efficaci:
- Limitare il tempo trascorso davanti ai media e selezionare i contenuti, privilegiando quelli positivi
- Discutere insieme i contenuti visionati per sviluppare un pensiero critico
- Proporre alternative costruttive e non violente, come programmi, libri e attività che promuovano la risoluzione pacifica dei conflitti.