Sorveglianza costante e mirata, dispositivi per il galleggiamento, corsi di nuoto prima dei 3 anni, divieto di materassini e palloni in caso di vento, braccioli anche mentre si costruiscono castelli di sabbia sul bagnasciuga. Giuseppe Andreana, coordinatore della Sezione Salvamento del Comitato regionale Lazio della Federazione Italiana Nuoto, ha risposto alle domande di Wamily sulla prevenzione degli annegamenti dei piccoli in acqua, in estate purtroppo frequenti. L’ultima tragedia risale a ieri, quando un bagnante di 6 anni è morto annegato mentre stava giocando con gli amici al campo estivo, lungo il lido di Margherita di Savoia, in Puglia.
Secondo le stime dell’Onu, l’annegamento rientra purtroppo tra le prime cause di morte tra bambini e giovani. La prima regola per evitarlo, come ricorda l’esperto, è quella forse più banale, ma che rimane la più efficace: l’osservazione continua del piccolo bagnante, senza distrazioni da parte dell’adulto. Dopodiché, vengono i corsi di nuoto in età prescolare, le ciambelle (quelle senza mutandina), i braccioli, le raccomandazioni dell’adulto. Evitare in assoluto il bagno in acqua non è la soluzione, anzi, crea paure nel piccolo. «In spiaggia ci si deve andare, – spiega l'esperto – e ci si deve andare rilassati, con piccole ma importanti misure di prevenzione e sicurezza, perché stare in acqua è una situazione di benessere, che tuttavia va tutelata».
Quali sono le accortezze che deve avere il genitore o l’educatore quando il bambino fa il bagno?
La costante sorveglianza in acqua è il primo e il più importante accorgimento da adottare. Secondo le statistiche generali, i casi di annegamento sono più frequenti nei maschi che nelle femmine, ma se prendiamo in considerazione solo le prime fasce d’età il dato è variabile: sotto i 2-3 anni non si registra una preponderanza di genere nelle statistiche, per il fatto che non è la natura del bambino causa dell’incidente, ma la disattenzione dell’adulto.
In secondo luogo, l’osservazione deve essere diretta al singolo bimbo. Se, quindi, ci sono più bimbi contemporaneamente in acqua, occorre una suddivisione delle responsabilità tra gli adulti, che devono sapere chi è responsabile di chi e quale bambino deve seguire. Per esempio, domenica mattina, in occasione di un evento al mare con tanti bimbi, il mio invito è stato: ogni adulto segua un bambino.
Usare gli ausili al galleggiamento, poi, potrebbe essere utile. Ma ricordo che anche 30 cm di profondità dell'acqua possono essere fatali per un bambino piccolo.
In acqua, quindi, il rapporto ideale è un bambino per ogni adulto di sorveglianza?
L’ideale è uno o due minori per adulto, ma l’importante è sapere chi segue chi. Se invece non c’è questa suddivisione dell’incarico di sorveglianza, e tutti osservano tutti, può accadere che nessuno osserva nessuno o che qualcuno sfugga.
Qual è la fascia d’età più esposta al rischio di annegamento?
Da quando il bambino diventa autonomo, quindi da quando ha 1 anno o un 1 anno e mezzo fino ai 4 anni e mezzo d'età.
Il piccolo può entrare da solo in acqua?
Se il bimbo è autonomo negli spostamenti può entrare in acqua sotto la supervisione di un adulto. Sarebbe ottimale, però, se tutti i genitori o tutori frequentassero un corso di nuoto per bambini in età prescolare 0-36 mesi, estremamente utile non solo per i piccoli, ma anche per gli adulti. Durante il corso, infatti, il genitore o l’educatore si rende conto della fragilità del piccolo in acqua.
Anni fa allo Iusm Università degli Studi di Roma Foro Italico abbiamo effettuato un'indagine tra un gruppo ristretto di genitori che portavano i figli ai corsi di baby nuoto. Era emerso che quell’esperienza era servita loro per capire quanto fosse necessario essere attenti ai bimbi a quell’età quando vanno in acqua. Sarebbe ideale, infatti, una più ampia diffusione dei corsi in età 0-36 mesi.
Come spiegare al bambino i pericoli del mare?
Mentre nel caso di bimbi di 5-6 anni possiamo adottare un’azione di prevenzione attiva, con indicazioni del tipo “Se vai a fare il bagno avvisami”, nella fascia d’età precedente la prevenzione è passiva: ricevono l’input sulla base della reazione e dell'esempio degli adulti che lo circondano. Purtroppo in questo periodo storico a livello sociale si sta abbassando la capacità di osservazione del cittadino medio… Siamo tutti più distratti rispetto al passato.
Il messaggio di fondo dell’adulto, comunque, deve essere: “Il bagno si fa solo se accompagnato da qualcuno”. L’indicazione deve essere positiva, per evitare di terrorizzarlo. In spiaggia ci si deve andare, e ci si deve andare rilassati, con piccole ma importanti misure di prevenzione e sicurezza. Quello che mi duole è che non ci siano campagne di educazione alla sicurezza acquatica capillari e istituzionali.
Le bandiere in spiaggia sono un utile strumento di prevenzione?
Le bandiere, come quella rossa che indica il pericolo di balneazione, sono utili per gli adulti per segnalare eventuali condizioni di maltempo. Non sono i luoghi a essere pericolosi, ma sono le persone che li rendono pericolosi. In presenza di un bambino, il genitore al mare dovrebbe comportarsi come se ci fosse sempre bandiera rossa issata: la bandiera diventa bianca se il comportamento di chi lo accompagna è prudente. Se, ad esempio, il bambino gioca sulla battigia, a ridosso dello specchio d’acqua, non sarebbe male dotarlo di braccioli, anche se in quel momento non sta facendo il bagno.
Poi, in caso di vento verso il largo, i dispositivi di galleggiamento, quindi anche i braccioli, diventano un elemento di pericolo perché stanno in superficie e il vento li porta al largo. In caso di vento, dispositivi galleggianti, come il canotto, o quei materassini con le sembianze di animali, o il semplice pallone, non dovrebbero essere portati in spiaggia ma lasciati nel portabagagli. Se li si porta comunque in acqua, l’indicazione dell’adulto deve essere: "Se vanno in acqua, non cercare di recuperarlo, ne compriamo uno più bello”, e non “Guai a te se ti perdi il pallone”. Con un ammonimento del genere il bimbo cercherà di rispettare la consegna, rischiando di mettersi in pericolo per recuperare qualcosa che ha un valore di pochi euro. Il piccolo non va colpevolizzato perché vuole giocare in acqua col pallone: l’atteggiamento poco opportuno o di scarsa sicurezza non è del bambino, ma di chi lo deve supervisionare.
Se il piccolo non sa nuotare, è meglio che non entri in acqua?
No, può entrare in acqua con un supporto al galleggiamento, come una classica ciambella o dei braccioli. È meglio evitare, invece, le ciambelle con la mutandina perché il bambino fatica a riprendere la posizione verticale.
A nessuno dovrebbe essere precluso di fare il bagno, almeno che non ci siano problematiche di altra natura. Dopodiché, i presidi di supporto al galleggiamento ci sono, sono di solito elementi di tipo ludico-ricreativo, ma vanno sempre utilizzati sotto l’azione di sorveglianza di un adulto. Tutti dobbiamo andare al mare e fare il bagno perché stare in acqua è una situazione di benessere, che però va tutelata.