Il dibattito pubblico nazionale sulle famiglie è impregnato di «riduzionismi, anacronistiche schematizzazioni e implicite polarizzazioni ideologiche». A dirlo è la Società Italiana di Antropologia Culturale (SIAC), che ha deciso di intervenire dopo le dichiarazioni della Ministra Eugenia Roccella, la quale, discutendo di omogenitorialità e figli di coppie gay, ha chiamato in causa l’antropologia, rilasciando affermazioni da cui gli studiosi della scienza dell’uomo hanno preferito prendere le distanze.
«Il problema è il modello antropologico e giuridico della filiazione, – aveva esordito l’on. Roccella, Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, nel corso di un intervento televisivo andato in onda lo scorso marzo – siamo nati tutti dal grembo di una madre: quella, intendendo la madre “biologica”, non è più una madre? È un contenitore che va escluso dal modello che stiamo costruendo?». Una domanda provocatoria, a cui gli studiosi di antropologia – la scienza che studia l’essere umano all’interno della società – hanno replicato con il supporto di «150 anni di ricerche». Per loro, l'aver concepito un figlio non ci determina come genitori:
«Ad uno sguardo antropologico appare dunque chiaro che far nascere non trasforma i soggetti in genitori e al contempo non basta nascere per diventare figli. Il legame di filiazione deriva infatti dal riconoscimento legale e sociale del bambino/a appartenente a un determinato gruppo sociale, quali che siano i genitori biologici. Ciò significa che sempre più spesso, anche nel senso comune occidentale, il padre sociale, il quale garantisce al figlio/a una collocazione e uno status legittimi, non è sempre colui che lo ha generato intrattenendo un legame biologico con il nuovo nato/a; la madre a sua volta non è sempre ritenuta avere un legame di “sangue” con il figlio/a, anche se lo ha partorito. […] Famiglie e parentele manifestano apertamente il progressivo allontanamento dal modello nucleare coniugale, basato sulla coppia eterosessuale, sposata, monogamica e con figli/e» (SIAC)
Oggetto di critica da parte degli antropologi è anche la scelta della commissione Politiche europee del Senato di respingere la proposta europea di creare un Certificato Europeo di Filiazione, che avrebbe puntato a garantire alle coppie omogenitoriali di essere riconosciuti come madri e padri negli Stati membri.
Una bocciatura che, secondo gli studiosi della SIAC, «implica la volontà di negare di fatto rappresentanza politica e riconoscimenti giuridici ai soggetti coinvolti nelle trasformazioni in atto». Il modello “naturale” a cui alcuni esponenti politici fanno riferimento è ormai stato scardinato secondo gli studiosi, i quali auspicano un «superamento degli steccati ideologici» all’interno del dibattito nazionale.
Non è la prima volta che una coalizione di studiosi scende in campo per dissociarsi dalle dichiarazioni di esponenti politici.
Lo scorso 8 febbraio sette Ordini regionali degli Psicologi del nostro Paese avevano rilasciato un comunicato stampa per rivendicare i risultati dei loro studi in materia di omogenitorialità e chiamarsi fuori dalle affermazioni della Ministra Roccella, che aveva dichiarato che «ogni bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà» perché «lo dicono tutti gli psicologi». Affermazioni giudicate fuorvianti dalla comunità scientifica, che in quell’occasione indirizzò una lettera alla Ministra per ribadire l’assenza di correlazioni fra l’omosessualità dei genitori e l’orientamento sessuale dei figli.