L'idronefrosi prenatale, nota anche come dilatazione dei bacinetti renali o pielectasia, è una piccola malformazione che può essere diagnosticata al feto durante la gravidanza, con l’ecografia morfologica alla 20esima settimana. Nella maggior parte dei casi è una condizione innocua che dovrebbe risolversi con lo sviluppo e la crescita del bambino e soprattutto dovrebbe non creare problemi di salute né a breve né a lungo termine. É normale però preoccuparsi e ovviamente si tratta di un'anomalia che deve essere adeguatamente monitorata, per scongiurare eventuali complicazioni.
Che cos’è l'idronefrosi prenatale e come si diagnostica
L’ecografia, che si effettua intorno alla ventesima settimana di gravidanza, potrebbe mostrare un’anomalia, chiamata idronefrosi prenatale, ovvero una maggiore raccolta di liquido all’interno delle pelvi (i cosiddetti bacinetti) di uno o di entrambi i reni. Le pelvi sono cavità dove l’urina dovrebbe scorrere senza fermarsi, ma che si possono dilatare quando viene prodotta più pipì di quanta riesca a passarne oltre, nell’uretere e poi nella vescica. Immaginiamo un palloncino che diventa più grande quando viene riempito d’acqua. Se durante l’ecografia i bacinetti, che sono davvero piccolissimi, misurano più di 7mm, si parla di dilatazione.
Quando bisogna preoccuparsi?
Come abbiamo anticipato, spesso questa anomalia si risolve spontaneamente e non dà problemi di salute. La dilatazione può diventare meno evidente o aumentare nel corso della gravidanza. Può trattarsi di una variazione normale o può essere associata a un certo grado di blocco del tratto urinario (reni, ureteri, uretra e vescica). In alcuni bambini si verifica un reflusso di urina dalla vescica ai reni.
Le linee guida considerano una condizione “patologica” se la dilatazione supera i 7 mm ma anche superato questo valore non bisogna farsi prendere dal panico o pensare per forza ad un collegamento con una patologia. Semplicemente il parametro registra una dimensione maggiore rispetto allo standard. Se però la dilatazione è grave o riguarda entrambi i bacinetti, le cause potrebbero essere:
- Stenosi del giunto pieloureterale: ostacolo parziale a livello del passaggio tra rene e uretere. È più frequente nei maschi e sul lato sinistro. É l’alterazione più comune, ma non richiede quasi mai l’intervento chirurgico.
- Reflusso vescico-ureterale: passaggio di urina dalla vescica ai reni attraverso l’uretere, il canale attraverso cui passa l'urina dal rene alla vescica. Causa spesso molte infezioni alle vie urinarie.
- Valvole dell'uretra posteriore: ostacolo al passaggio di urina a livello del canale che porta la stessa dalla vescica all’esterno: l'uretra. É la malformazione più rara, ma anche la più grave.
Quali esami bisogna fare
Prima di tutto durante la gravidanza bisogna tenere monitorato lo sviluppo dei bacinetti attraverso le ecografie. Il medico quindi ad ogni controllo, verificherà se l’anomalia è rientrata, si è mantenuta o è peggiorata. Dopo la nascita, se l’idronefrosi riguarda un solo rene o se è di grado lieve, in genere si esegue un controllo ecografico entro il primo mese di vita. Secondo il risultato ecografico o in caso di sintomi potrebbero essere richiesti altri accertamenti.
Invece, se la malformazione è grave o riguarda entrambi i reni, si farà un’ecografia entro i primi giorni di vita (4-7 giorni), ripetuta successivamente ad 1 mese.
Nel caso in cui ci sia invece il sospetto di stenosi del giunto pielo-ureterale è necessario eseguire una scintigrafia renale dinamica. L'esame utilizza un radio-isotopo che viene captato dal rene ed eliminato nelle urine e fornisce informazioni sia sul funzionamento del rene che sulla gravità dell'ostacolo al deflusso dell'urina. Potrebbe essere utile, nei maschietti, anche una cistografia minzionale.
Come si cura
L’idronefrosi prenatale, nella maggior parte dei casi, se non si risolve in gravidanza, migliora nel corso dei primi due anni di vita senza necessità di fare nulla. Purtroppo, i bimbi a cui viene diagnosticata l’ idronefrosi "ostruttiva" o con idronefrosi sintomatica potrebbero invece dover sottoporsi ad un intervento chirurgico.