Esistono app e dispositivi che permettono ai genitori di controllare, ad ogni accesso, la posizione di proprio figlio, che si incammina da solo verso scuola, che esce in bicicletta a fare un giro con gli amici, che la sera va a una festa e rimane a dormire da un amico.
Un recente sondaggio svolto negli Stati Uniti da una delle App più utilizzate da genitori e figli adolescenti, Life360, ha dimostrato che dei 50 milioni di utenti attivi da tutto il mondo sull'app ogni anno, la maggior parte è proprio costituita dalla generazione Z, i ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 26 anni.
Il dato ancora più esorbitante è però che non sembrano essere i genitori a insistere perché i ragazzi condividano con loro la posizione, ma al contrario, il 94% dei figli ha dichiarato nel sondaggio di sentirsi al sicuro solo con la certezza che i genitori sappiano dove loro si trovino. Lo spirito ribelle tipico dell'adolescenza, non ha però del tutto abbandonato la generazione Z, nessuno afferma di rimanere h24 sotto il mirino dei genitori. L'80% dei ragazzi condivide la posizione quando si addentra in luoghi nuovi e potenzialmente pericolosi, soprattutto se alla guida, il 77% di loro quando va a un concerto e il 78% quando va ad una festa.
Dai dati emerge un fatto, la generazione Z è fortemente ansiosa e spaventata, dai luoghi affollati, dalle novità, dalle prime esperienze in solitaria. Sembrano lontani i tempi delle grandi manifestazioni, delle ribellioni giovanili, del primo concerto tenuto segreto ai genitori. L'indipendenza che gli adolescenti un tempo reclamavano a gran voce, oggi è ancora richiesta dai giovani, ma con la possibilità di cliccare un tasto e far sapere ai genitori dove sono, per essere venuti a prendere. Non stupisce che ad avere una percezione diversa del rischio e a chiedere sicurezze, sia proprio la generazione che in piena adolescenza ha vissuto una pandemia globale, guerre, sparatorie, violenze di genere all'ordine del giorno e in diretta tv.
Complici di questi sentimenti di paura, infatti, di trovarsi completamente soli, di finire tra le grinfie di qualche malintenzionato o coinvolti in un incidente stradale, sembrerebbe la sovraesposizione dei ragazzi ad immagini, notizie, video e contenuti violenti di cui i social sono i primi fautori. Non che le generazioni precedenti alla Z fossero ignare del male che popolava il mondo, ma di sicuro non era per loro disponibile h24, semplicemente scrollando le notifiche del cellulare.
I genitori dei ragazzi, sono altrettanto spaventati per la sicurezza dei propri figli, proprio perché il mondo in cui i ragazzi si trovano a vivere oggi è ricco di insidie molto diverse da quelle che loro vivevano da ragazzi. L'idea di controllare i propri figli, sapendo in ogni istante dove si trovano, li consola, ma non è la soluzione, perchè conoscere la posizione di un ragazzo non gli evita di confrontarsi con pericoli o situazioni spiacevoli, permette solo ai genitori di saper dove fosse quando gli sono accadute.
I ragazzi sembrano essersi adagiati sulle ansie dei propri genitori, facendole proprie, e convincendoli che la loro supervisione sia sempre necessaria, la vera domanda è: quando si sentiranno davvero pronti ad agire, senza l'occhio di qualcuno che li segue costantemente, pronto a intervenire in caso di necessità?
Il parere del pedagogista
Il fatto che i genitori sentano il bisogno di dover controllare i figli appartiene a paure e insicurezze rispetto al senso di pericolosità percepita del mondo ma il senso di irresponsabilità percepita dei figli.
Quando chiedo ai genitori se sentano questo rispondono “io mi fido di mio figlio, non mi fido degli altri”, questa però è una distorsione, non sei in grado di fidarti o di responsabilizzare tuo figlio o tua figlia se pensi che non abbia la capacità di leggere le situazioni che lo possano mettere più o meno a rischio.
C’è sempre anche il discorso di grado di autonomia dei ragazzi, che permetta anche loro di provare a mettersi in certe situazioni. È formativo per i ragazzi rischiare, non che tutti abbiano bisogno di quelle piccole forme di devianza tipica dell’adolescenza (ben lontana dalla criminalità) ma avere la possibilità di farlo o meno è importante. Il vero valore è avere la possibilità di non fare qualcosa perché a deciderlo sono loro come individui, non il fatto che il ragazzo faccia o non faccia qualcosa perché ha il telefono controllato o perché sa che i suoi genitori correranno ad aiutarlo. Questa non è autonomia ma controllo.
Quando i genitori non controlleranno più la posizione del cellulare del figlio, avrà interiorizzato la capacità di non mettersi in certe situazioni, perché ha compreso che la situazione è rischiosa, senza demandare ad altri il controllo su di sé? Sì, se fin da subito i genitori hanno trasmesso al figlio tutti quei valori che appartengono al benessere della sua persona e alla sua sicurezza, quello è l'unico fattore protettivo che li protegge dai tantissimi fattori di rischio della società.
I valori che guidano sia le nostre letture che i nostri comportamenti e che ci vengono trasmessi dai genitori, dalla società e dalle letture che noi facciamo di questi ultimi, adattandoli alle nostre forme mentali e alle nostre esperienze.
In ultimo mi viene da sorridere per due motivi, parlavo con una ragazza di 17 anni che mi ha detto di avere la localizzazione del cellulare controllata dai genitori, io le ho chiesto come la facesse sentire e lei ridendo mi ha detto “non hai capito, sono io che controllo i miei genitori e quello che fanno”. O abbiamo a che fare con genitori molto skillati, che sanno fare certe cose o con adolescenti che vogliono essere seguiti, perché in caso contrario, parliamoci chiaro, i ragazzi smontano tutti i piani in quattro e quattr’otto, sono convinto che sappiano benissimo come togliere la localizzazione.