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15 Luglio 2023
14:00

Il bambino sente la musica nella pancia?

Dal quarto mese di gravidanza il sistema uditivo del bambino è completo e può percepire i suoni interni, come il respiro della mamma o il rumore del sangue nel cordone ombelicale, come i suoni esterni, dalla voce dei genitori alla musica.

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Il bambino sente la musica nella pancia?
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Il bambino sente i suoni già nel pancione della mamma. Far sentire la musica alla pancia è diventato un po’ un cliché, ma bisogna fare attenzione. Il rumore percepito non è nitido e se troppo forte potrebbe spaventarlo. Intorno alla 18esima settimana di gravidanza, le strutture all'interno dell'orecchio del nostro bambino sono sufficientemente consolidate da consentirgli di iniziare a sentire alcuni rumori limitati. Alcuni di questi sono suoni, spesso non li notiamo, perché sono interni, come il gorgoglio del nostro stomaco e il sibilo dell'aria che entra ed esce dai nostri polmoni.

Nell'ultimo trimestre di gravidanza, i bambini diventano sempre più capaci di sentire una gamma di toni musicali e gli studi, come quello pubblicato sul Ecografy e condotto dai ricercatori dell’Istitut Marques di Barcellona e quello del 2013 realizzato dai ricercatori della Facoltà di Psicologia dell'Università di Barcellona, del​​l'Istituto di Neuroscienze dell'UB (UBNeuro) e di Sant Joan de Déu Research Institute (IRSJD) e pubblicato su PlosOne, confermano che sono in grado di reagire – nel grembo materno – agli stimoli sonori e sviluppano una migliore capacità di codifica neuronale dei suoni del parlato. Inoltre, se un feto "ascolta" la stessa melodia diverse volte, probabilmente riconoscerà questa melodia in seguito, quando sentirà la musica da neonato. Non è un caso, che il piccolo riesca subito a captare la voce della sua mamma fuori dall’utero.

Il bambino sente i suoni nella pancia?

L’udito è il primo senso a svilupparsi e raggiunge la completa maturazione intorno al  4° mese. Il primo a formarsi è sistema vestibolare, quella parte dell’orecchio interno che ci permette di mantenere l’equilibrio e di percepire spostamenti e accelerazioni; nel corso della gestazione, il bambino è spesso esposto a suoni. Impara a riconoscere la voce della mamma, la sua musica preferita, e quella del papà, che è più profonda e dovrebbe rilassarlo.  Percepisce, oltre ai suoi interni come il battito cardiaco, il sangue che scorre nel cordone ombelicale, il respiro e i gorgogli dello stomaco, anche quelli esterni filtrati dal liquido amniotico. Il liquido manda ai bimbi non solo suoni attutiti, ma anche vibrazioni.

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A circa 25 settimane di gestazione, circa la metà di tutti i feti risponde a toni nella gamma di 100-500 Hz, una gamma che si sovrappone al linguaggio degli adulti. Quindi i bambini potrebbero essere in grado di ascoltare la musica – o almeno alcuni elementi frammentari della musica – che rientrano in questa gamma. Ma per una migliore capacità di ascolto, dobbiamo aspettare che i bambini siano un po' più grandi, circa 30 settimane o più.

Come reagisce il feto alla musica?

I bambini reagiscono alla musica fisicamente: la frequenza cardiaca cambia, tendono a muoversi di più e a muovere anche la bocca. Secondo uno studio pubblicato sul Ecografy e condotto dai ricercatori dell’Istitut Marques di Barcellona, il piccolo percepisce la musica già alla 16 settimana di gravidanza e le ecografie, condotte durante la ricerca, mostrano come l’espressione facciale del feto cambia in risposta all’ascolto della musica.

Secondo i ricercatori, i bambini osservati muovevano la bocca e la lingua, come se stesso cercando di cantare. E' uno studio che ha alimentato tanto entusiasmo, non solo per le immagini raccolte, ma perché gli esperti sono convinti di essere riusciti a comunicare con il feto e a spingerlo a fare dei precisi movimenti, usando la musica.

I suoni in generale, tra cui la musica, le voci e il dolce gorgoglio dello stomaco e il battito del cuore, contribuiscono tutti allo sviluppo dell'udito del bambino, che coinvolge le connessioni neurali e l'elaborazione nel cervello. Le prove suggeriscono che i suoni dell'ambiente aiutano anche lo sviluppo della memoria e delle emozioni dei bambini.

Secondo gli studiosi, la musica attiva dei circuiti cerebrali che stimolano il linguaggio e la comunicazione, ma la risposta da parte del feto è arrivata così evidente solo se la musica viene percepita per via intravaginale (come è stato spiegato durante la ricerca). Se la musica arriva dall’esterno e deve attraversare il pancione della mamma non viene percepita dal feto nello stesso modo.

Come far ascoltare la musica al bambino nella pancia

La migliore opzione è riprodurre musica a un volume modesto (circa il livello di una normale conversazione) durante la giornata. Oppure si può cantare canzoni o canticchiare melodie. Non posizionare auricolari o cuffie direttamente sulla pancia. Il suono si amplificherà mentre viaggia attraverso il liquido amniotico verso il bambino e potrebbe raggiungere livelli pericolosi che danneggiano le delicate orecchie del piccolo.

musica feto

Ci sono alcune prove che l'esposizione a lungo termine (come 8 ore al giorno, tutti i giorni) a rumori molto forti durante la gravidanza possa danneggiare l'udito del  bambino. È meglio evitare di riprodurre regolarmente musica ad alto volume (circa 115 dB, o forte come una motosega) e non partecipare a eventi rumorosi, come concerti rock, dopo il secondo trimestre. E se si ascolta musica per periodi prolungati, è preferibile mantenere il volume sotto i 50 dB (il livello di una conversazione tranquilla). Si può usare anche il cellulare, ma non deve essere tenuto vicino alla pancia e, come già detto, il volume deve essere basso.

E' possibile aver sentito che fargli ascoltare musica classica, stimoli l’intelligenza del piccolo, aumentandone anche il QI. Non ci sono prove.  Detto questo, non c'è niente di male anche riprodurre i nostri brani preferiti, che classici, pop o rock and roll. Il bambino potrebbe semplicemente imparare ad amare la musica e persino essere calmato da quei suoni familiari quando è fuori dall'utero.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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