Il congedo di paternità, quest’anno spegne 10 candeline. Era il 28 giugno 2012 quando l’allora Ministra del Lavoro Elsa Fornero introduceva in Italia un periodo obbligatorio di astensione dal lavoro retribuito per i lavoratori dipendenti appena diventati, o che stavano per diventare papà, in via sperimentale per gli anni 2013-2015. Un piccolo passo per i papà lavoratori, visto che la durata del permesso era solamente di un giorno, ma un grande passo per un Paese che ancora riconosceva solo alle mamme la possibilità di stare a casa dal lavoro per dedicarsi al bebè.
Una mossa obbligata dalla direttiva europea del 2010 che chiedeva all’Italia di introdurre il congedo di paternità obbligatorio entro il 2022. Il fine è, come si evince dal testo di legge:
Sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. (Legge 92/12 art.4 comma 24)
L’evoluzione del congedo di paternità
Conciliare vita lavorativa e familiare e permettere a mamme e papà di potersi ben dividere i compiti in famiglia, questi i motivi per i quali nel nostro Paese dal 2013 non solo alla mamma ma anche al papà, se lavoratore dipendente, è concesso stare a casa dal lavoro in occasione della nascita del suo bimbo, ricevendo il 100% dello stipendio.
Nonostante questo, inizialmente il periodo concesso ai papà era di un unico giorno, del quale poteva usufruire entro i 5 mesi dalla nascita del figlio. Il periodo poteva aumentare di un giorno, arrivando a due giorni complessivi pagati al 100%, grazie al congedo facoltativo, ossia la possibilità di sostituire un giorno di quelli spettanti alla mamma con un proprio giorno di assenza dal lavoro. Era evidente che due giorni non bastassero a godersi la nascita del proprio bebè, tantomeno a poter essere d’aiuto alla mamma, sulla quale implicitamente ricadeva e ricade ancora oggi il gravoso compito di occuparsi tutto il giorno del suo bambino, senza il proprio compagno a fianco.
La problematicità della disparità così grande tra i giorni di congedo della mamma e quelli del papà è emersa negli anni e sono state tante le leggi intervenute per aumentare i giorni di congedo obbligatorio per i papà:
- 2016: dopo i 3 anni sperimentali, con la legge di stabilità 2016 i giorni di congedo parentale sono aumentati a 2, fruibili in via continuativa o separatamente
- 2017: con la legge 232 del 2016 ad aumentare a 2 giorni sono anche i giorni di congedo parentale facoltativo, i papà possono godere dunque di 2 giorni di congedo obbligatorio, a questi si possono aggiungere 2 giorni, se la mamma usufruisce di 2 giorni in meno di quelli che le spettano.
- 2018: i giorni di congedo di paternità obbligatorio salgono a 4, tornano a 1 quelli di congedo facoltativo
- 2019: il numero dei giorni di congedo obbligatorio sale a 5 con la legge di bilancio 2019
- 2020: arriva a una settimana il numero di giorni di congedo parentale obbligatorio con la legge di bilancio 2020.
- 2022: con il Decreto Legislativo n.105 del 30 giugno, i giorni di congedo di paternità salgono a 10
- 2023: dal 1 gennaio, con la modifica alla legge di bilancio, è stato introdotto un periodo di 1 mese, sfruttabile da solo uno dei genitori entro i 6 anni di vita del bimbo, pagato all’80%.
L’Italia è ancora molto indietro in materia di congedo di paternità
Poter avere un periodo per stare a casa con l’arrivo del bebè è fondamentale per entrambi i genitori. I primi giorni di vita del piccolo sono essenziali per stringere un legame che andrà consolidandosi nel tempo. Senza contare che una disparità così alta tra i giorni di congedo che spettano alla mamma (5 mesi), e quelli di cui può usufruire il papà, non permettono ai due genitori di trovare un equilibrio nella suddivisione dei compiti che l’arrivo di una nuova vita porta con sé, aumentando i conflitti.
Il nostro Paese è ancora molto indietro in materia di parità in questo senso, come evidenzia un sondaggio svolto da Openopolis, basti pensare che in Spagna sono 112 i giorni di congedo di paternità, mentre l'Italia, con i suoi 10 giorni si classifica al 18esimo posto tra i Paesi europei. Così in basso da indurre molti papà a non sfruttare nemmeno i giorni a disposizione, solo il 20% di loro, secondo l'Inps, sfrutterebbe a pieno il congedo di paternità.
Per sanare lo squilibrio che si viene a creare dopo la nascita di un bimbo, e che vede ricadere sempre solo sulle mamme la cura del bebè nei primi mesi di vita, è urgente una misura che oltre a tutelare loro, tuteli anche i papà. Deve essere concesso a entrambi i genitori di potersi occupare del loro bambino il tempo necessario, senza restrizioni sullo stipendio, viste le spese in aumento con l'arrivo di un bebè. Solo così avverrà quel cambiamento culturale del quale il nostro Paese ha bisogno che delinei bene la figura del papà, il suo ruolo di genitore libero di esternare a pieno il suo affetto, che si concretizza nel tempo dedicato al piccolo, senza per questo essere definito mammo.