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Il rituale per la nanna: cosa fare se i bimbi non ne vogliono sapere di andare a dormire?

Il rituale per la nanna a volte sembra una guerra. Schierati da due parti opposte ci sono i genitori, che sanno che il bimbo ha bisogno di andare a dormire e dall'altra parte lui, bello arzillo che non accenna nemmeno uno sbadiglio. Stabilita l'ora della nanna è bene accompagnare il piccolo in tutte le azioni, dandogli il buon esempio.

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Il rituale per la nanna: cosa fare se i bimbi non ne vogliono sapere di andare a dormire?
Pedagogista
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Dopo un'intera giornata passata a correre tra lavoro, impegni, gestione della casa e dei figli, imprevisti e la cena da preparare, rintocca l'ora in cui dobbiamo mettere a dormire i bambini. Ed è qui che a volte incontriamo l'ultima  fatica di questa interminabile giornata: lavarsi i denti, mettersi il pigiama e poi andare a dormire possono diventare battaglie che vedono schieramenti opposti: bambini contro genitori. Perché succede questo e come si possono gestire questi momenti con maggiore serenità? Lo vedremo insieme, attraverso l'adozione di un rituale serale, avvalendoci anche dell'esperienza di una famiglia che ha vissuto la medesima difficoltà.

Lo sfogo dei genitori: "Ma perché ti comporti così?"

Succede spesso che i genitori, disarmati da numerosi tentativi falliti di mettere a letto i bimbi, si rivolgano loro con un "Ma perché ti comporti così?". Sentono di aver perso il controllo sul bambino, quando la sua auto-determinazione ha superato la loro capacità di imporsi.

Spesso succede quando leggiamo in un certo modo la situazione, attribuendo la causa di quello che accade al semplicismo dei "capricci". Non c'è da preoccuparsi, è normale reagire, ma cerchiamo di capire davvero cosa scatta nella mente di un bambino che non vuole saperne di andare a letto.

Perché il bambino non vuole andare a dormire?

Immaginiamo una serata come tante, siamo sul divano a guardare la tv quando a un certo punto, senza alcun preavviso, arriva una persona che ci impone di andare a preparaci per metterci a letto. Per quanto possa essere autorevole, faremmo molta fatica e probabilmente ci rifiuteremmo, consapevoli del fatto che, non sentendo ancora il bisogno di andarci, rimarremmo a letto innervositi perché non riusciamo a prendere sonno.

mettersi il pigiama

Noi adulti conosciamo i nostri bisogni e percepiamo chiaramente quando è arrivato il momento di andare a dormire. Inoltre siamo ben orientati nello spazio e nel tempo, motivo per cui la vista dell'ora tarda, unita al pensiero della faticosa giornata che ci aspetta, ci induce a pensare che sia proprio arrivata l'ora di iniziare a coricarsi, per evitare di essere assonnati il giorno dopo. Se facciamo un ulteriore sforzo ci rendiamo anche conto che con buona probabilità siamo soliti avere la stessa routine serale e che questa in qualche modo ci aiuta a prendere sonno con più "dolcezza".

Il bambino si rifiuta di andare a dormire all'orario che gli imponiamo noi perché non ha sonno

Ora, invece, immaginiamo di essere un bambino che non solo non si orienta nello spazio e nel tempo in base alle lancette dell'orologio, ma che mentre sta giocando vede piombarsi un genitore davanti, per dirgli: "Ora preparati che andiamo a letto". Perché non dovrebbe avere la stessa reazione di un adulto? Perché non dovrebbe "rifiutarsi" di andare a dormire se non ha sonno? Certo non possiamo pretendere che un bambino ci spieghi il motivo del suo rifiuto, ma più probabilmente ce lo manifesterà attraverso il suo comportamento.

Adottare un rituale per la sera

Per rendere più semplice la messa a letto del bambino, possiamo avvalerci di un rituale:

  • Anzitutto bisogna scegliere un limite orario oltre al quale non vogliamo che il piccolo vada a dormire. É bene chiarire che non si tratta di un orario utile al bambino, ma più ai genitori, che dunque non hanno motivo di essere in disaccordo sull'orario in cui iniziare a preparare il bambino.
  • Quando dobbiamo dare una indicazione, è bene stare con il bambino, attivare la relazione con lui. Lo abbiamo detto prima, "piombare" dal nulla, interrompendo ciò che sta facendo, può risultare inefficace. Il bambino in quel momento può fare molta fatica a interrompere ciò che sta facendo, non capendo l'esigenza che invece il genitore nutre.
  • Dopo essere stato del tempo con lui, andiamo anche noi in bagno con lui a lavarci i denti. Questo è importante per lo stesso motivo già descritto in articoli precedenti. Oltre a fare esperienza insieme del tempo necessario, è necessario in termini di necessità. Il bimbo non sa che andare a dormire a un certo orario è necessario. I genitori possono insegnarlo con l'esempio, molto più efficace della parola.
  • Mettiamoci il pigiama insieme
  • Andiamo a letto e prima di rimboccargli le coperte, passiamo e passeremo del tempo con lui, anche con lettura di una fiaba.

Due genitori in consulenza: la loro esperienza

Prendo l'esempio di una coppia di genitori venuta di recente in studio. Descrivono un bambino meraviglioso, divertente e intelligente, ma che fatica nelle transizioni (uscire di casa al mattino, prepararsi per andare a dormire …) e nei momenti di noia (cena da amici o al ristorante …).

favola

Narrano di non essere sempre d'accordo sulle modalità educative e che il figlio sembra non solo essersene accorto, ma che ci "giochi" a suo vantaggio. Questo bimbo accetta malvolentieri di andare a dormire, così inizia ad attivare una serie di comportamenti che spesso hanno portato i genitori a duri rimproveri. Ai genitori ho quindi proposto di mettere in pratica un rituale e dopo aver adottato le indicazioni stabilite in studio, la loro descrizione è molto cambiata:

  • Concordare l'orario è servito affinché non si creassero più malintesi. Allo scadere del tempo, in automatico, si inizia la transizione verso la nanna.
  • Giocare insieme prima di andare a dormire è servito ad ampliare la disponibilità del bambino stesso verso i genitori. Una interessante strategia adottata è stata quella del timer che il bambino stesso attivava. Quel timer ha funzionato come accordo, per cui allo scadere del tempo, sarebbe finito anche il tempo del gioco.
  • Una volta terminato di giocare, è stato più semplice accompagnarlo a lavarsi i denti. Essendo partiti dal lavarseli insieme, il passo successivo è stato quello di inserire il timer cosicché il bambino potesse farlo da solo, regolato da un tempo legittimato dai genitori.
  • Arrivato il momento di mettersi il pigiama, i genitori lo lasciano da solo in camera con questa indicazione "Ora mettiti il pigiama. Tra poco torno e ci mettiamo a letto". Al loro ritorno, il bambino si fa trovare pronto e in questo modo parte il momento di un po' di coccole a letto che lo rilassano verso la nanna.

Cosa abbiamo capito

Al di sopra delle strategie adottate per guidare in modo più o meno efficace questi momenti difficili, ciò che è emerso è la possibilità di creare opportunità in cui il bambino abbia modo di sentirsi bravo in modo opportuno e meritevole.

Da questa esperienza, i genitori hanno raccontato che il bambino, una volta capita la routine, metteva in campo a sua volta delle strategie per portare i suoi genitori a dirgli "bravo", cioè a fare in modo che lo gratificassero. La sensazione di benessere che riceviamo attraverso una meritata, ma soprattutto condivisa, gratificazione è lo strumento più efficace per creare disponibilità non solo nei bambini, ma nelle persone in generale.

rituale della nanna

Concordare routine accessibili, in cui il bambino possa fare la sua parte attiva, significa permettergli di misurarsi e anche auto-valutarsi. Tant'è che il bambino, una volta capito che attraverso il suo comportamento stava rispettando l'accordo con i genitori, faceva in modo di mettere in risalto la sua capacità di essere stato nei tempi, sapendo che questo avrebbe portato alla gratificazione.

I genitori in questo modo hanno compreso che l'educazione passa attraverso il creare opportunità in cui il bambino abbia la possibilità di sperimentarsi e auto-valutarsi, senza l'ausilio di premi, regali o altro. Il rinforzo, in questo modo, altro non è che la relazione.

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Luca Frusciello
Pedagogista
Dopo gli studi superiori, mi laureo in Educazione Professionale. Mentre approfondisco le tematiche pedagogiche in percorsi universitari e formativi extra-universitari, progetto e realizzo interventi educativi finalizzati allo sviluppo globale della persona. Successivamente conseguo il titolo di Pedagogista Clinico® che aggiunge alla mia professionalità le basi scientifiche trasversali per interventi basati su metodi e tecniche proprie della disciplina, finalizzate alla comprensione dei processi che muovono l’individuo senza concentrarsi sui disturbi e le incapacità, ma attivando Potenzialità, Abilità e Disponibilità. Attraverso modalità, metodi e tecniche esclusivamente educative mi rivolgo a persone di ogni età, concentrandomi sulle capacità individuali e sociali. Grazie ad un approccio non curativo né correttivo, si favorisce la persona nel trovare le proprie risorse adattive, agendo interventi educativi specialistici. Visione, questa, che permette di accogliere, analizzare e associare ogni orientamento verso l’evoluzione e il cambiamento.
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