In Calabria muoiono più del doppio dei neonati rispetto che in Toscana. Nonostante il Servizio Sanitario dell’Italia si distingua nel panorama mondiale come un’eccellenza per la cura dei più piccoli, il Belpaese continua a risentire del profondo divario tra Nord e Sud. Come evidenziato dal rapporto a cura di Svimez (Istituto specializzato in studi sul Mezzogiorno) e Save The Children, le discrepanze territoriali sono già chiare e nitide a partire dalla nascita.
Il tasso di mortalità infantile (cioè entro il primo anno di vita) è di 1,8 morti ogni 1000 nati vivi in Toscana, mentre è quasi doppio in Sicilia (3,3) e più che doppio in Calabria, dove si registrano 3,9 decessi su un migliaio di nati vivi. Come riporta il rapporto “Un paese, due cure. I divari Nord – Sud nel diritto alla salute”, già prima della pandemia il numero dei consultori familiari era diminuito, determinando un’ulteriore perdita di presidi territoriali di prossimità essenziali per il sostegno della salute e del benessere di mamma e figli.
«La condizione di povertà familiare incide fortemente sui percorsi di prevenzione e sull’accesso alle cure da parte dei bambini – ha commentato Raffaela Milano, responsabile dei Programmi Italia – Europa di Save the Children –. È necessario un impegno delle istituzioni a tutti i livelli per assicurare una rete di servizi di prevenzione e cura per l’infanzia e l’adolescenza all’altezza delle necessità, con un investimento mirato nelle aree più deprivate».
La speranza di vita alla nascita per i cittadini del Sud Italia è di 81,7 anni, quindi 1,3 anni in meno rispetto al Centro Italia e al Nord-Ovest e 1,5 rispetto al Nord-Est. Nel Meridione l’8% delle famiglie sono in povertà sanitaria (il doppio rispetto al 4% del Nord-Est), cioè non dispongono di disponibilità economiche sufficienti per curarsi e sottoporsi a terapie e accertamenti.
Le disuguaglianze nelle condizioni di accesso al diritto alla salute si traducono nella cosiddetta migrazione sanitaria. Sono migliaia le famiglie che ogni anno si spostano dalle Regioni del Sud a quelle del Nord per curarsi. A questo proposito, il rapporto evidenzia un aumento delle migrazioni sanitarie pediatriche dal Mezzogiorno. L'indice di fuga (cioè il numero di pazienti pediatrici che raggiungono una Regione diversa da quella di residenza per ricevere assistenza sanitaria) si attesta all'8,7% a livello nazionale, con picchi del 43,4% in Molise, 30,8% in Basilicata, 26,8% in Umbria e 23,6% in Calabria (contro il 3,4% del Lazio).
In sostanza, un terzo dei bambini e degli adolescenti si mettono in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nelle strutture sanitarie del Centro e del Nord. Le città più gettonate, sede di noti centri specialistici per i minori in età pediatrica, sono Roma, Genova e Firenze.
«Occorre conoscere e superare i divari territoriali che oggi condizionano l’accesso ad un Servizio Sanitario che rischia di essere “nazionale” solo sulla carta – ha continuato Milano –. È un investimento da mettere al centro dell’agenda della politica».
L’autonomia differenziata in discussione in Parlamento, come sottolinea l’Istituto Svimez, rischia di inasprire ulteriormente le disuguaglianze a livello territoriale nelle condizioni di accesso al diritto alla salute, in un contesto in cui 1,6 milioni di famiglie, delle quali 700mila al Sud, sono in povertà sanitaria.