Svegliarsi di soprassalto tra i pianti del nostro bimbo o sentendoci strattonare dalla manica del pigiama dal piccolo che con la fronte ancora imperlata di sudore e i lucciconi agli occhi ci dice tirando su col naso: “Ho fatto un brutto sogno”, ci agita sempre molto.
Sebbene il calar del sole dovrebbe essere sinonimo di riposo e tranquillità, spesso non lo è. Perché al buio si sa, ciò che di giorno è illuminato e non fa paura, può preoccupare molto. La notte per i nostri bimbi può diventare sinonimo di tenebre, mostri e streghe.
La cosa più importante è ascoltare i nostri bambini, accogliere le loro paure senza banalizzarle, ma spiegando loro che ciò che sognano non esiste nella realtà o, se esiste, non fa parte del “qui ed ora”.
Quando i bambini iniziano a fare brutti sogni
I bambini in realtà sognano da sempre, fin da quando sono nel pancione, ma iniziano a comprendere l’entità dei brutti sogni e quindi anche a spaventarsi per gli stessi intorno ai 3-4 anni.
Secondo uno studio svolto dal dipartimento di psicologia dell’Università Sapienza di Roma, i bambini al risveglio dai sogni che fanno tra i 2 e i 5 anni non racconterebbero né di persone, né oggetti, probabilmente dimenticandoseli completamente, per quella che chiamiamo "amnesia infantile”.
I piccoli inizierebbero a raccontare i propri sogni tra i 5 e i 7 anni, ma solo dai 7 anni in poi a vedersi protagonisti dei loro sogni, partecipando ancora di più emotivamente. In poche parole, i sogni e il loro racconto seguono lo sviluppo cognitivo del piccolo.
Sempre lo studio afferma poi che esistono anche degli incubi ricorrenti che i bimbi non si spiegano e nemmeno noi genitori comprendiamo. Tra gli 0 e i 4 anni potrebbero essere la conseguenza di un trauma subìto, una separazione, la perdita di un genitore o una sopraffazione di qualsiasi tipo.
Gli incubi dei quali i bimbi non si danno spiegazioni, però, hanno il loro picco tra i 6 e i 10 anni e vanno scemando con l’età. In questa fase i bimbi si approcciano alla scuola, ai voti, a una vita un po’ più autonoma e questo potrebbe essere per loro fonte di stress.
Cosa sono i brutti sogni
Innanzitutto i sogni non sono tutti uguali, la loro entità dipende dalla fase del ciclo del sonno in cui avvengono. Il ciclo del sonno, infatti, è composto da due parti: la fase REM (rapid eye movements) e la fase NRem. La fase NRem è a sua volta divisa in 3 stadi: si passa dal primo che è la fase dell’addormentamento, caratterizzato da un sonno leggerissimo, per arrivare al terzo stadio, durante il quale come si suol dire “non potrebbe svegliarci nemmeno un cannone”.
Quelli che noi chiamiamo incubi e i nostri piccoli “brutti sogni”, avvengono nella fase REM, durante la quale i nostri occhi sono attivi da qui il nome “rapid eye movements”. Un bambino che ha fatto un brutto sogno si sveglia agitato, col fiatone, magari piangendo, perché si ricorda cosa nel sogno lo ha spaventato.
Episodi che possono preoccupare noi genitori ma che i bambini al risveglio non ricordano, sono chiamati invece terrore notturno (pavor nocturnus), avvengono generalmente al terzo stadio della fase NRem, quindi il bambino non si sveglia del tutto, perché è addormentato. Siamo noi ad agitarci molto perché sentiamo il piccolo gridare, corriamo in cameretta e ci accorgiamo che muove in maniera concitata braccia, gambe e confabula qualcosa. Sicuramente appare molto angosciato.
Oppure potremmo trovarlo apparentemente sveglio ma in uno stato confusionale non in grado di capire il motivo della nostra agitazione. Questi episodi, se avvengono con frequenza, necessitano di ulteriori approfondimenti medici.
Cosa fare se il bimbo ha fatto un brutto sogno
É normale essere spaventati quando vediamo il nostro piccolo agitarsi, è importante però mettere in atto la strategia adatta, perché quella che potrebbe essere una nostra reazione “di pancia” allo spavento del piccolo, potrebbe aumentare le sue paure:
- Il primo suggerimento è quello di cercare di tranquillizzare il piccolo, spiegandogli che non c’è nulla di cui spaventarsi nella realtà, il suo era solo un sogno. Sentendolo arrivare in camera nostra, preoccupato, ci verrà spontaneo permettere al piccolo di passare la notte nel lettone, oppure sdraiarci accanto a lui nella sua cameretta. Questa pratica si chiama cosleeping e, in questo caso, è sconsigliata dagli esperti. Infatti così è come se stessimo comunicando al bimbo che c’è effettivamente un problema. Gli trasmettiamo il messaggio che quella fonte di pericolo che ha sognato esiste e che potrà superare le sue paure solo con noi a fianco. Uno studio dell’università di Montreal ha dimostrato che i bambini ai quali viene concesso di dormire con i genitori in risposta a un incubo, tenderanno a richiedere sempre più spesso di dormire con loro e temeranno molto di più il momento dell’addormentamento. Dunque il suggerimento è piuttosto, se lo sentiamo agitarsi, rimanere nel corridoio finché non siamo sicuri che si sia addormentato.
- Se gli incubi si ripetono nel tempo, o se il piccolo inizia ad avere paura di addormentarsi, possiamo proporgli una routine rilassante prima di andare a dormire: leggergli una fiaba, fargli ascoltare la musica rilassante, stare vicino a lui prima che si addormenti e chiedergli di raccontarci due cose belle successe nella giornata.
- Possiamo poi tenere un diario dei sogni insieme a lui, trascrivendo sia quelli belli che quelli brutti. Se un sogno brutto si ripete nel tempo, possiamo provare a cambiare noi la narrazione. Se il bimbo sogna un mostro che lo insegue, un ladro o un personaggio che teme, possiamo inventarci una storia in cui quell’essere spaventoso è buono. Oppure dirgli che nei sogni lui può avere i superpoteri e sconfiggere chi gli fa paura.
Perché si fanno brutti sogni
Ancora non sono chiari i meccanismi neurobiologici del sogno, tuttavia sembrerebbe che alcune parti del nostro cervello contribuiscano più di altre alla loro costruzione. Tra queste, un ruolo fondamentale è giocato da amigdala, ippocampo e corteccia cingolata anteriore che lavorano anche durante la veglia.
In particolare l’amigdala è incaricata di elaborare le emozioni negative (per esempio la paura), l’ippocampo di ricordarle e contestualizzarle, ovvero dare dei riferimenti soprattutto temporali. La corteccia cingolata anteriore tra le altre cose, è in grado enfatizzare e attribuire una valenza emotiva agli eventi e regolare l’intensità dell’emozione.
Dunque vi è una stretta relazione tra ciò che proviamo durante il giorno e l’attività notturna del nostro cervello. Infatti, durante la notte si attivano delle aree cerebrali che si attivano anche durante la veglia. Solo che qualcosa rende tutto un pò più confuso: le aree del nostro cervello responsabili degli aspetti più razionali stanno dormendo insieme a noi, mentre le parti più antiche e irrazionali sono in piena attività. Per questo nel nostro sogno ed anche in quello dei nostri bambini, tutto ci sembrerà amplificato, privo di logica e irrazionale. Ma le emozioni che proviamo durante la notte sono “proprio vere” e spesso “esagerate ed amplificate”.
In quest’ottica, ascoltare i nostri piccoli è fondamentale per cercare di capire quali preoccupazioni li agitano, cosa ha causato in loro quel brutto sogno. In alcuni casi semplicemente hanno visto un film, ascoltato una storia, giocato a un gioco con contenuti spaventosi o che non hanno compreso. Quindi dare loro spiegazioni, oppure stare più attenti a cosa guardano o ascoltano può essere la soluzione.
Ci sono anche situazioni, però, in cui i piccoli non sanno spiegarsi il motivo di certi sogni, che evidenziano quanto siano il risultato di situazioni di ansia e stress, talvolta depressione, in questo caso è bene rivolgersi a uno psicologo che indaghi la situazione, comprenda le cause e ci suggerisca la soluzione migliore per il nostro bimbo, affinché dopo la favola della buonanotte torni a fare "sogni d'oro".