Da sempre i bambini sono presenti nelle pubblicità in tv, sui manifesti e nelle riviste, ma i social network hanno dato vita a un vero e proprio mercato che coinvolge i kid-influencer, esponendoli a numerosi rischi. Questi profili social sono gestiti dai genitori, che grazie alle loro baby star arrivano a guadagnare cifre vertiginose. Il «New York Times» ha però svolto un'indagine che ha messo in luce le ombre della condivisione delle immagini dei bambini, per un pubblico adulto.
Secondo il regolamento europeo l’età minima che un minore dovrebbe avere per comparire con un proprio account online è 16 anni, limite che può scendere a seconda della legislazione dei diversi stati ma mai sotto i 13 anni. In Italia è questo il limite per iscriversi sulle principali piattaforme social come TikTok, Instagram, YouTube, Facebook, X.
Eppure, non di rado, si possono trovare online contenuti di bambini, minori di 13 anni che sponsorizzano locali, prodotti, che siano di make-up o giocattoli, parlando con un linguaggio adatto ad un pubblico di coetanei ma i cui messaggi arrivano anche a chi è ben più grande. Come è possibile questo? Le regole di Meta sugli account per minori, per esempio, prevedono che i minori di 13 anni possano avere un loro account online, se questo viene interamente gestito dai loro genitori.
E così nasce un vero e proprio business, sul quale il New York Times ha svolto un'approfondita indagine. I genitori sembrerebbero inizialmente mossi dal desiderio dei loro bimbi di imitare i modelli che vedono online, quel "mamma, da grande voglio fare l'influencer" viene seguito per assecondare le passioni dei figli minori, così come la cura nel dettaglio di ogni immagine pubblicata. In breve, se sono bravi, brand e marchi iniziano a richiedere collaborazioni e a fornire al bambino, e dunque indirettamente alle famiglie, una nuova fonte di guadagno. La ricerca svolta dal New York Times ha registrato che i baby-influencer sembrano intascare cifre a sei zeri da interazioni con il loro pubblico e abbonamenti mensili per accedere a specifici contenuti. I piccoli arrivano a guadagnare fino a 3000 dollari per un singolo post, per non parlare di sconti ed eventi gratuiti a cui hanno accesso.
L'altra faccia della medaglia non tarda però ad arrivare, come dimostra l'indagine svolta su 2.1 milioni di post su Instagram, da cui è stato tratto un campione di 5000 profili di baby influencer, sono 32milioni i collegamenti di uomini adulti a profili di minori, che con loro interagiscono, commentando le fotografie o scrivendo in chat privata. Questi account su Instagram registrano circa 500.000 commenti inappropriati. Il responsabile di Meta, Andy Stone, di tutta risposta ha fatto sapere che non a caso secondo le regole dei social questi account devono essere gestiti dai genitori, che possono in qualsiasi momento limitare i commenti, cancellarli e non renderli accessibili ai loro bimbi.
Del campione preso in esame di 5000 profili è stata svolta una ricerca per immagini. I post con i bambini in pose da adulti, abiti succinti o costumi da bagno, hanno maggiore possibilità di ricevere l'apprezzamento del pubblico. E commenti come "Adoro quel corpo da adolescente", "È come un negozio di caramelle", "Dio benedica queste fotografie", "sei così sexy" sotto al post di una bimba di 5 anni, sono all'ordine del giorno.
Una madre, intervistata ha spiegato che lei dal 2020 gestisce il profilo della sua bimba oggi 11enne, che ha circa 100.000 followers dai quali riceve richieste di pose sempre più osé, insulti per il suo operato e persino minacce, che dai dm hanno raggiunto anche la scuola dove la figlia frequenta le lezioni. I genitori che gestiscono questi account passano il loro tempo a bloccare profili, e a cancellare commenti inappropriati e talvolta decidono di non ritirare i propri figli dai social per "non darla vinta ai bulli online".
Dal momento che i bimbi online non sembrano tutelati, neanche dai loro genitori, gli Stati si sono mossi nel tentativo di arginare fenomeni come i kid-influencer o più in generale lo sharenting, quindi la riproduzione online di immagini e video che coinvolgono i figli delle family-influencer. Il Garante per la Privacy italiano ha ribadito l'importanza di ricordare che la rete cattura le immagini e le informazioni dei minori per sempre, inficiando sulla loro reputazione per tutta la vita, suggerendo dunque ai genitori di:
- rendere irriconoscibili i minori online, apponendo pixel o emoticon sul loro volto
- evitare di creare dei profili gestiti da loro ma dedicati ai figli minori
- limitare la visibilità dei post che ritraggono i bambini ad amici e parenti
- leggere con attenzione le normative riguardanti la privacy.
In Francia, lo scorso 20 febbraio è diventata legge la proposta sulla tutela dei bambini dai rischi dello sharenting. Il problema principale oltre la diffusione dei dati del piccolo, sono il rischio di adescamento e la pedopornografia. Il governo Francese ha dunque introdotto nella potestà genitoriale l'obbligo a tutelare la privacy del proprio figlio minore, anche l'immagine, pena la delega parziale forzata della patria potestà del figlio.
Chissà che la consapevolezza di quello che può accadere a un figlio una volta esposto online, non porti ciascuno di noi a domandarsi se è bene esporre dei loro momenti privati ad un pubblico vastissimo, fatto di persone per bene ma anche di gente abituata a commettere reati. Seppur il bimbo davanti alla telecamera si diverte, ricordiamo sempre che stiamo decidendo noi per lui, che giocando non è conscio dei pericoli ai quali va in contro.