Secondo i manager italiani, i giorni di congedo parentale obbligatorio per i padri sono troppo pochi. Per far sì che le responsabilità siano davvero condivise tra i genitori, servirebbe che i congedi fossero davvero più bilanciati.
A volere un congedo di paternità obbligatorio più lungo rispetto a quello permesso oggi dalla legge italiana è addirittura il 61% degli uomini (percentuale che sale all'85% tra gli under45): un numero interessante, che parla di un Paese che ha bene in mente i problemi di genere nel mondo del lavoro. Ma non è solo questo il dato che fa riflettere: in una recente indagine firmata Manageritalia e Ipsos le questioni relative alla genitorialità condivisa sono apparse come sentite e concrete. Ecco cosa è emerso.
La situazione in Italia
Per leggere al meglio i dati che emergono dalla ricerca, è bene avere sotto gli occhi la fotografia della situazione italiana odierna in fatto di congedi parentali (e i particolare quelli di paternità).
Oggi in Italia il congedo parentale dei papà è chiaro (e piuttosto limitato): i padri lavoratori possono chiedere i loro dieci giorni di congedo obbligatorio – anche non consecutivi – entro i primi cinque mesi di vita del neonato oppure entro i cinque mesi dall'arrivo del bambino in famiglia in caso di adozione o affido.
A questo congedo obbligatorio se ne può aggiungere uno facoltativo, ma solo se la madre rinuncia al proprio.
La ricerca
Le ricerche e le indagini su questo tema non mancano e l'ultima in ordine di tempo è quella eseguita e pubblicata da Manageritalia in collaborazione con Ipsos. Le due realtà hanno chiesto a 547 manager italiani (58% uomini e 41% donne) quale sia la loro posizione e percezione riguardo alla parità di genere nel mondo del lavoro del nostro Paese, con un focus sulla loro situazione, sui desideri, sulle prospettive e sulla concreta parità (o non parità) di opportunità.
Ciò che emerge è una classe lavorativa con le idee chiare: il 78% dei manager presi a riferimento è consapevole del fatto che la parità di genere sia un problema reale, con una percezione più accentuata tra i manager più giovani (under45).
Secondo gli intervistati e le intervistate, servirebbero maggiori servizi all'infanzia da parte delle aziende (come per esempio i nidi sul luogo di lavoro: lo pensa il 49% degli uomini e il 44% delle donne), ma ci sarebbe bisogno anche di promuovere a livello legislativo delle politiche di flessibilità sul lavoro da casa e di ampliare il congedo di paternità retribuito.
Quali sono gli ostacoli?
Le aziende hanno chiesto ai manager anche quali siano secondo loro i maggiori ostacoli alla genitorialità condivisa. La percezione cambia tra uomini e donne.
I primi pensano che il problema maggiore siano la mancanza di flessibilità e gli spostamenti da e per il luogo di lavoro, le assenze delle donne perché tendenzialmente caregiver della famiglia, il favoritismo per le carriere maschili e la valorizzazione del lavoro degli uomini.
Per le donne, invece, ciò che più impatta questa mancanza di parità è prima di tutto il pregiudizio sociale: culturalmente si pensa ancora che gli uomini siano più adatti a occupare posizioni apicali. A questo va aggiunto, sempre per le manager donne, la tendenza a sminuirsi (e quindi la sindrome dell'impostora) e la titubanza a chiedere aumenti o avanzamenti di carriera.