Dietro al bancone traboccante di focacce con olive e bignè alla crema del panificio Il pane di Sandro di via Carso 67, a Como, troviamo due giovanotte, Clarissa e Massogbe, che indossano con orgoglio il loro grembiule rosso. Nel negozio di scarpe dietro l’angolo, For&From, lavorano Andrea, Victor, Samuele, Francesco, Benedetta ed Alex, che si occupano di consigliare e vendere la calzatura più adatta a chi varca la soglia della bottega. Nel laboratorio di pasticceria, Fabio sforna teglie di pane e pizzette, prima di spedirle ai colleghi del Pane di Sandro, che le esporranno in vetrina. Cos’hanno in comune questi lavoratori? Oltre all’entusiasmo e alla giovane età sulla carta d'identità, condividono una diagnosi di disabilità, di sindrome di Down o qualche fragilità non certificata, condizioni fisiche o intellettive che, grazie all’impegno della cooperativa sociale Cometa, non hanno ostacolato il loro ingresso nel mondo del lavoro.
«Una volta usciti da scuola, i ragazzi con disabilità di 18-19 anni faticano a entrare nel mercato del lavoro – spiega Alessandro Figini, Responsabile Area Lavoro e Disabilità di Cometa – per loro si registra un alto rischio di isolamento ed esclusione sociale. I fratelli crescono e gli amici lavorano o s’iscrivono all’Università, e loro finiscono per soffrire di solitudine. Ci siamo impegnati, quindi, per creare dei luoghi di lavoro in cui i ragazzi con disabilità o fragilità possano scoprire il loro valore, avere una dignità, rendersi conto delle qualità che hanno e che, se stimolate, possono essere messe a frutto in un mestiere vero e proprio».
Disabilità e occupazione
I giovani con disabilità o fragilità hanno difficoltà a trovare un’occupazione. Secondo un'indagine del 2022 di CoorDown (Coordinamento nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down), quasi il 50% dei maggiorenni con sindrome di Down è escluso dal mondo del lavoro. La cooperativa sociale Cometa ha intercettato la loro esigenza e quella delle loro famiglie, creando dei posti di lavoro inclusivi, in cui i ragazzi con difficoltà imbustano pagnotte, servono ai tavoli, sfornano brioche e vendono scarpe al fianco di colleghi normodotati.
«La maggior parte dei ragazzi ha un contratto a tempo indeterminato e, quindi, una prospettiva futura professionale e di vita, – continua A. Figini – è un grande aiuto per le loro famiglie. Capita che, durante i colloqui con i genitori, ci venga chiesto di farli lavorare di più e dove possibile cerchiamo di integrare».
Sono 23 in totale i giovani lavoratori con disabilità e sindrome di Down e otto quelli con fragilità non certificate o reduci di fallimenti scolastici che, grazie all’attivismo della cooperativa comasca, oggi hanno un contratto di lavoro regolare. Oltre al panificio Il pane di Sandro, inaugurato a maggio 2022, al laboratorio di pasticceria e al negozio For&From di Como, attivo da tre anni, li troviamo operativi nella falegnameria interna alla cooperativa, al bar bistrot Anagramma, a Cernobbio, e nel working bar inaugurato lo scorso settembre all’interno dell’azienda LVMH di Milano. La scelta della professione non è casuale: prima di essere assunti, sono osservati e monitorati.
«Ci avvaliamo di un’équipe, che include anche un pedagogista, per scegliere l’attività per ognuno di loro. – spiega Figini – C’è un grosso lavoro a monte di valutazione dei ragazzi per capire le loro competenze e qualità e metterli nella condizione di poterle esprimerle, indirizzandoli verso il settore e la mansione più adatti a loro. Se sono accompagnati nel giusto modo, riescono ad ottenere un mestiere e a costruirsi la loro vita».
E dopo la scuola?
L’idea dell’integrazione di giovani disabili nel mondo del lavoro è nata come risposta a un’esigenza reale. La cooperativa, infatti, nel 2009 ha fondato a Como una scuola, Oliver Twist, che tutt’oggi offre tre percorsi professionali e uno liceale aperti al territorio, oltre che una serie di corsi di reinserimento e rimotivazione scolastica. «A qualche anno dall’apertura della scuola, ci siamo accorti che i ragazzi con disabilità che terminavano gli studi rischiavano di perdersi – spiega Figini – e che stage e tirocini nei luoghi di lavoro tradizionali non riuscivano ad aiutarli a trovare una mansione stabile e retribuita. Tra i 18 e i 19 anni si ritrovavano a casa, soli, a non fare nulla. Questa situazione ci ha spinto a intervenire».
Nei punti vendita i giovani sono affiancati da lavoratori normodotati, che hanno il compito non solo di gestire l’attività, ma anche di educare e accompagnare i ragazzi con difficoltà. Durante l’inserimento della risorsa, i genitori intrattengono un rapporto costante con i membri della Cooperativa attraverso dei colloqui per agevolare l’integrazione del figlio.
«I ragazzi disabili e con la sindrome di Down danno molta soddisfazione – commenta A. Figini – questi ragazzi ci sorprendono ed è bello costruire un percorso e camminare insieme. Li educhiamo all’autonomia e all’importanza di essere presenti sul lavoro, di prendere il pullman per arrivarci, di indossare una divisa. Tornano ad avere una ragione per alzarsi la mattina, prendono consapevolezza del fatto che la vita riparte».
Andrea, il marketing manager con la sindrome di Down
Uno di loro è Andrea, giovane dipendente di For&From che è arrivato a ideare una strategia commerciale per il punto vendita comasco. Qualche settimana prima del secondo anniversario del negozio, Andrea, affetto da sindrome di Down, si è presentato davanti ad Alessandro e Valentina, store manager di For&From, con un foglio di carta scritto a mano e una proposta inaspettata: un piano di marketing per promuovere il negozio in occasione dell’anniversario, con l’obiettivo di aumentare le vendite e permettere a più ragazzi come lui di essere assunti e lavorare.
«Rimasi di stucco – racconta A. Figini – lo abbiamo preso sul serio e l’ho accompagnato a presentare il progetto alla Direttrice Vendite Italia di Inditex, di cui For&From fa parte, e alla responsabile della catena in Spagna. L’idea è piaciuta ed è diventata realtà: abbiamo attivato una promozione con una scontistica in negozio e abbiamo creato dei volantini in cui raccontavamo l’iniziativa. Per me è stato spettacolare, l’episodio dimostra che a questi ragazzi non dobbiamo imporre dei limiti, anzi, dobbiamo osservarli perché ci possono sorprendere continuamente».