Un giovane su tre oggi sceglierebbe di non mettere al mondo un figlio in Italia. Le ragioni – secondo quanto emerge dall’ultimo sondaggio di YouTrend – sono principalmente di natura economica o da ricercare nella mancanza di prospettive future. Motivazioni generali, a cui se ne aggiunge un’altra, tutta al femminile, che testimonia come la denatalità risenta del divario di genere: per il 55% degli intervistati l’avere un figlio comporta un rischio per la carriera lavorativa di una donna, contro l’11% che crede lo sia anche per un uomo. Secondo la percezione generale, insomma, rimanere incinta e, quindi, assentarsi temporaneamente dall’ufficio potrebbe avere ricadute negative sul lavoro.
Ansie e preoccupazioni che ricalcano, anche nelle percentuali, i risultati di una recente ricerca di psicologia sociale dell’Università Bicocca, secondo cui più della metà delle donne che hanno risposto al questionario l’ostacolo alla natalità consiste nella difficile conciliazione figli-carriera. Una paura che, condita con un senso generale di crescente insicurezza, si traduce nella rinuncia alla genitorialità. Avere i soldi e il tempo per costruire una famiglia nel 2023 sta diventando un privilegio di casta, specie se aggiungi, alle preoccupazioni economiche, la paura di non poterti dedicare alla maternità senza "danni" professionali collaterali.
Perché non si fanno figli?
Lo scenario demografico quasi apocalittico prospettato da demografi e istituti di statistica nazionali sta generando un effetto di amara sorpresa nella collettività, che pare essersi accorta in ritardo del crollo delle nascite, in corso già da decenni. Forse, il clima di preoccupazione sulle culle vuote s'è incupito perché le conseguenze drammatiche della denatalità non sono ormai più così lontane. Secondo i dati Istat, in Italia nel 2041 una famiglia su cinque non avrà figli ed entro il 2049 i decessi raddoppieranno le nascite. La domanda che sorge spontanea a chiunque legga i dati è: perché nel nostro Paese siamo così restii a mettere al mondo dei figli?
"Avere figli rischia di danneggiare seriamente la carriera lavorativa di una donna"
L’ultimo sondaggio di YouTrend ha provato a rispondere al quesito, chiedendo a un campione di individui rappresentativo della popolazione generale quale sia il motivo per cui sceglierebbero di non avere figli oggi nel nostro Paese. La prima risposta è stata l’insicurezza economica (44%), la seconda la mancanza di prospettive per i giovani (24%), a seguire il non volere avere figli (13%) e il rischio di perdere il posto di lavoro (6%). All’affermazione “Avere figli rischia di danneggiare seriamente la carriera lavorativa di una donna”, il 55% degli intervistati si è trovato d’accordo, mentre solo l’11% pensa che il danno alla carriera riguardi gli uomini. Dal risultato si evince una preoccupazione più profonda nel mondo femminile che lega lavoro e genitorialità.
La ricerca dell'Università Bicocca
Ritroviamo un sentimento analogo fra le quote rosa nel risultato di una ricerca – e non un sondaggio – di psicologia sociale condotta all’Università Bicocca di Milano. Come ha spiegato in un articolo la psicologa e professoressa di Psicologia Sociale Elisabetta Camussi, il team di ricerca ha sottoposto un questionario a donne di cultura medio-alta di varie fasce d’età (fino ai 50 anni) in cui veniva chiesto loro quali fossero gli impedimenti, di natura psicologica, sociale e/o economica, alla genitorialità. La ricerca ha evidenziato che per più della metà delle donne intervistate a scoraggiarle dal mettere al mondo un figlio o a ostacolarle nel loro progetto di genitorialità è un insoddisfacente equilibrio fra famiglia e lavoro. Per oltre il 20% di loro entrano in gioco anche la paura delle trasformazioni del corpo e dell’esperienza del parto, e per il 7% la popolazione mondiale è già troppo numerosa, andrebbero adottati i minori soli e la crisi climatica è irreversibile.
Servono incentivi alla genitorialità
Per più del 50% delle donne l’ostacolo alla natalità sta in una conciliazione soddisfacente quasi impossibile fra figli e carriera. Ecco allora perché le mamme sono chiamate «equilibriste», per la loro abilità nello stare in equilibrio, come un funambolo, fra famiglia e lavoro, fra figli e carriera, fra casa e ufficio, senza il privilegio di cadere.
Per incentivare la natalità, rinverdire il deserto demografico e lasciare a quella mamme equilibriste la possibilità di recuperare fiato, occorrono misure concrete, rapide, radicali. Provvedimenti che non riguardino solo la maternità e l’occupazione femminile, ma anche la paternità e, più in generale, la genitorialità, così da incentivare un bilanciamento fra i ruoli di genere fuori e dentro casa e garantire a quella mamma equilibrista delle sostituzioni eque ad alta quota.