Ha scritto una lettera di suo pugno in qualità di preside per scuotere le coscienze di studenti, genitori e personale scolastico sullo stupro di gruppo di Palermo. Il mittente è Paolo Fasce, dirigente scolastico dell’istituto Nautico "San Giorgio" di Genova e Camogli, che ha scelto di non rimanere in silenzio davanti alla drammatica vicenda di cronaca e di inviare in pieno agosto una circolare alla sua comunità scolastica, convinto che l’educazione parta da lì.
«La carne è carne, solo se sei complice della violenza. Comunicazione N. 796». È l’incipit della comunicazione del dirigente, indirizzata agli alunni dell’Istituto ligure, alle loro mamme, ai loro papà, al corpo docenti e ai collaboratori scolastici. «Non mancano – continua –, anche d’estate, notizie su femminicidi e altri esempi di inciviltà maschile ed essendo lo scrivente dirigente scolastico di una scuola che ha ancora solo il 12% di studentesse sento la responsabilità, ancora una volta, di esprimermi su queste tematiche, autorizzato dal quadro di educazione civica che ogni membro del personale scolastico è chiamato a incarnare, ciascuno nelle rispettive responsabilità».
La circolare prosegue menzionando spezzoni delle chat e alcuni commenti, nudi e crudi, che la banda di 7 ragazzi arrestati per stupro si scambiava la sera della violenza e il giorno dopo. Parole agghiaccianti, che arrivano dritte al punto e rendono le dimensioni dell’orrore che si è consumato al Foro Italico. «"Falla ubriacare che poi ci pensiamo noi". "Ti giuro, vero, questa ce la siamo fatta tutti, eravamo tanti, una sassolata. Eravamo un casino". "Ieri sera niente, se ci penso un po' mi viene lo schifo, perché eravamo ti giuro 100 cani. Eravamo troppi, sinceramente mi sono schifato un po', ma che dovevo fare? La carne è carne”. "[…] i pugni che le davano e pure gli schiaffi…” – ha trascritto il preside, prima di spiegare le motivazioni di quanto riportato: «Ritengo utile pubblicarli perché non è escluso che nelle chat dei nostri figli appaiano commenti o considerazioni che, pur non essendo generati a valle di eventi del genere, possono essere bestialità equivalenti espresse in contesti non degni di attenzione penale, ma il salto in quella direzione è solo questione di casualità ed occasioni».
Il dirigente scolastico si rivolge, allora, ai suoi studenti, esortandoli a svolgere il ruolo di «bonificatori». Una metafora utilizzata per invitare i giovani a un uso attento del linguaggio, purificato dal maschilismo, a disinnescare la cultura della violenza, a intervenire nella vita di tutti i giorni per evitare atti vergognosi come quello di Palermo. Perché se scrivi che “la carne è carne”, significa che lo pensi, e se lo pensi, significa che hai un’idea distorta e maschilista della figura femminile. Bisogna, allora, partire a monte: per contrastare le violenze fisiche, è necessario depotenziare la cultura dello stupro, e per farlo occorre depurare i discorsi, le frasi, i pensieri che rischiano di degenerare e tradursi in violenze fisiche. «Beninteso, se ci si ritrova in questo genere di contesti occorre frapporsi, se se ne ha la forza, o invocare le forze dell’ordine affinché intervengano, se questa non basta» raccomanda il preside ai suoi scolari.
Contattato da Fanpage.it, Fasce ha aggiunto: «La violenza c'è sempre stata, ma oggi è diventata più evidente perché ci esponiamo in continuazione. Trent'anni fa una cosa del genere rimaneva la parola di uno contro quella di un'altra, oggi invece sono proprio gli autori delle violenze a condividere immagini e video perché i social portano alla sovraesposizione. In tal senso, manca del tutto l'educazione digitale».
Fasce, quindi, ha sentito addosso il peso del suo ruolo educativo come preside e si è sentito in dovere di intervenire e parlare ai suoi studenti e alle loro famiglie, nella speranza che comprendano la gravità di quanto accaduto.
Ecco il testo completo della circolare inviata dal dirigente scolastico alla comunità scolastica dell’Istituto Nautico di Genova e Camogli:
"La carne è carne", solo se sei complice della violenza. Comunicazione N. 796. Assurge agli onori della cronaca l’ennesimo caso di stupro di gruppo. Non mancano, anche d’estate, notizie su femminicidi e altri esempi di inciviltà maschile ed essendo lo scrivente dirigente scolastico di una scuola che ha ancora solo il 12% di studentesse sento la responsabilità, ancora una volta, di esprimermi su queste tematiche, autorizzato dal quadro di educazione civica che ogni membro del personale scolastico è chiamato a incarnare, ciascuno nelle rispettive responsabilità.
"Falla ubriacare che poi ci pensiamo noi". "Ti giuro, vero, questa ce la siamo fatta tutti, eravamo tanti, una sassolata. Eravamo un casino". "Ieri sera niente, se ci penso un po' mi viene lo schifo, perché eravamo ti giuro 100 cani. Eravamo troppi, sinceramente mi sono schifato un po', ma che dovevo fare? La carne è carne”. "[…] i pugni che le davano e pure gli schiaffi…"
Questi sono stralci delle chat e degli audio che alcuni dei ragazzi che hanno preso parte allo stupro di gruppo di una diciannovenne, la sera del 4 luglio, a Palermo, si scambiavano la sera della violenza e il giorno dopo. Sono stati trascritti e riportati da alcuni mezzi di informazione. Ritengo utile pubblicarli perché non è escluso che nelle chat dei nostri figli appaiano commenti o considerazioni che, pur non essendo generati a valle di eventi del genere, possono essere bestialità equivalenti espresse in contesti non degni di attenzione penale, ma il salto in quella direzione è solo questione di casualità ed occasioni.
Sempre in rete, ho intercettato una riflessione di Nicoletta Agostino in merito alla pubblicazione e conseguente amplificazione di queste trascrizioni nella quale è stato evocato il monologo di Franca Rame relativo allo stupro da essa subito, e mi sono risoluto di riportare anche io per il motivo sopra esposto e per quelli che seguono. In quell’intervento in rete leggo: "Perché è importante rendere pubblico questo orrore, parola per parola? Perché quando i vostri figli o le vostre figlie vi chiederanno di spiegare loro cosa significa cultura dello stupro, deumanizzazione dei corpi, cultura del possesso e della prevaricazione, del dominio, voi possiate raccontarlo con le parole giuste. O forse perché possiate spiegarglielo, senza aspettare che ve lo chiedano, soprattutto ai figli maschi, e dare loro gli strumenti per capire che quella ragazza – nella testa dei suoi stupratori – non era una gatta, se almeno l'avessero considerata tale forse ne avrebbero avuto compassione. E invece loro erano infastiditi, schifati, quasi sorpresi del fatto che avesse dolore, perfino che respirasse. Una narrazione precisa e puntuale del simbolico non detto dentro uno stupro. Per loro lei non era un animale, ma un oggetto, e non di piacere, di potere. La cultura dello stupro, che è appresa e interiorizzata, si combatte solo così, partendo dalla consapevolezza che il sesso nello stupro non c'entra niente, e nemmeno il piacere, c'entra solo il potere".
Ciò che mi aspetto dagli studenti dell’istituto nautico, alcuni dei quali per meri motivi statistici si troveranno in situazioni preliminari a questo genere di degenerazioni, è che svolgano attivamente il delicato ruolo di bonificatori. Sminare il terreno dai discorsi che poi possono degenerare in atti depravati è molto più facile che opporsi quando queste situazioni si sono accese e, beninteso, se ci si ritrova in questo genere di contesti occorre frapporsi, se se ne ha la forza, o invocare le forze dell’ordine affinché intervengano, se questa non basta. Le silenziose azioni di prevenzione della degenerazione non consentono di raggiungere visibilità, like e approvazione collettiva perché, spesso, restano un atto privato invisibile. Restano però indelebili e senza prezzo nella coscienza di chi le compie. Essere coinvolti in questo genere di situazione e poi recriminare perché ci si è accodati ad altri è una mera scusa psicologica che ignora il fatto che nelle dinamiche di gruppo essere adulti vuol dire anche sottrarsi e sottrarsi è questione di adultità.
In altre parole, parafrasando uno degli stralci riportati dalle chat di quei poveri degenerati e dovendo essere chiari per non dare adito ad alcun equivoco: la carne è carne, solo se consideri il corpo di una donna come un oggetto o una “cosa” di cui disporre e se sei complice della violenza.