Scritta da Hans Christian Andersen, la storia de I vestiti nuovi dell’imperatore è una fiaba spassosa che lascia spazio alla riflessione. La reazione di piccoli e grandi che la ascoltano è, infatti, quella di una risata che non è fine a se stessa. Nelle pagine del racconto, viene stigmatizzato uno dei vizi capitali, la superbia. La vista di un re che sfila nudo fra la folla è divertente, tuttavia la risata lascia il posto alla riflessione, quando ci si rende conto che l’unico ad accorgersi della sua nudità è un bambino.
Storia della fiaba
La fiaba de “I vestiti nuovi dell’imperatore” fu pubblicata da H. C. Andersen nel 1837 nella raccolta “Fiabe, raccontate per bambini”. Pare che l’autore danese abbia tratto ispirazione da una storia spagnola riportata da Don Juan Manuel nel Trecento, anche se riferimenti ad aneddoti analoghi sono ricorrenti nella cultura occidentale.
Trama
Il protagonista della fiaba danese è un ricco imperatore, che aveva un vizio in particolare: quello di essere estremamente vanitoso, dedito alla cura del corpo ed estremamente attento al vestiario. Un giorno, due imbroglioni arrivati in città si fingono due tessitori ricercati e diffondono la voce secondo cui possiedono un formidabile tessuto, tanto sottile da non essere percepito da chi lo indossa. Una veste con una particolarità straordinaria: quella di risultare invisibile agli ignoranti e indegni.
A quel punto, il re li chiama a corte, desideroso di avere un abito creato con quel tessuto fenomenale. I primi a incontrare la coppia di imbroglioni sono i cortigiani, i quali non vedono il tessuto – perché, appunto, è invisibile – tuttavia, credendo di non vederlo per la loro stoltezza, riferiscono alla maestà che quello presentato dai due tessitori è un tessuto magnifico. L’imperatore, convinto, chiede che gli venga realizzato immediatamente un abito con quel tessuto.
Finalmente l’abito è pronto e viene consegnato all’imperatore, che, tuttavia, si accorgere di non essere in grado di vederlo. Crede, affranto, di essere indegno, perciò decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei sarti.
Il re indossa l’abito inesistente e con orgoglio sfila per le vie della città di fronte al popolo, che lo applaude e loda l’eleganza del sovrano, nonostante in realtà nessuno veda niente, se non la pelle nuda del re. Solo un bambino, con l’innocenza e l’ingenuità che lo contraddistingue, ha il coraggio di gridare: «Il re è nudo!».
Cosa ci insegna
La storia stigmatizza la vanità e la superbia. Un re, tronfio delle sue ricchezze, avanza impettito davanti al popolo, convinto di indossare una veste pregiata, che nessun altro fra quella gente potrebbe economicamente permettersi, mentre in realtà è nudo, privo di qualsiasi ricchezza materiale e buffo. In contemporanea, la massa, temendo come il re di essere additata come ignorante o indegna, finge di vedere quello che non vede e, addirittura, plaude l’inesistente. Il popolo, senza nome, è un gregge di pecore, in cui è incluso il re, che oltre ad essere ridicolo è credulone e ingenuo tanto quanto il suo popolo, mentre l’unica pecora nera – anzi, mosca bianca – è il fanciullo che ha il coraggio di urlare sfacciatamente al mondo la verità: il re è nudo. I veri stolti, che, attaccati alle frivolezze delle cose materiali e alle apparenze perdono di vista la sostanza e la realtà, sono gli adulti. I più piccoli, nella loro innocenza e spavalderia istintiva, sono più spontanei e sinceri.
Il succo della storia richiama l’espressione “l’elefante nella stanza”, con cui si indica una verità che, per quanto ovvia e appariscente, viene ignorata o minimizzata. Come è impossibile ignorare la presenza di un elefante in una stanza, così è impossibile non accorgersi che il re è nudo. Eppure accade.
Un messaggio che funziona anche dal punto di vista politico: la verità a volte viene taciuta per compiacere il potere.
Curiosità
Nel 1985 l’attivista Jack Herer pubblicò un libro dal titolo “The Emperor Wears No Clothes” (“L’imperatore non indossa vestiti”), mentre in "La mente nuova dell’imperatore" l’autore, Roger Penrose, si riferisce evidentemente alla fiaba. Anche il film d’animazione Disney Le follie dell'Imperatore pare trarre ispirazione dalla storia di Andersen: il suo protagonista, Kuzko, è un imperatore accecato dall’egoismo, prima di conoscere il generoso contadino Pacha.