Era il 19 maggio 2021 quando alla Camera dei Deputati fu ufficialmente riconosciuta la Lingua dei Segni Italiana (LIS) come lingua a tutti gli effetti. Una svolta storica per il nostro Paese, che era rimasto l’unico dell’Unione Europa a non aver ratificato la sua lingua dei segni. Eppure, intorno alla Lingua dei segni e alla comunità dei Sordi tutt’oggi persistono pregiudizi, disinformazione e falsi miti, anche all’interno delle famiglie con figli sordi.
«La Lingua dei Segni non è un linguaggio, come molti per errore ancora oggi la considerano, ma una lingua vera e propria che viaggia sul canale visivo-gestuale con un suo lessico e una sua grammatica – spiega Valentina Craparo, educatrice, interprete e docente di Lingua dei Segni Italiana – . La sua scoperta risale agli anni Sessanta, e da allora tutti i Paesi e le rispettive comunità di Sordi, con la “s” maiuscola, si sono mobilitate per avere il riconoscimento della Lingua dei Segni dal proprio Stato».
Negli anni sono stati compiuti dei passi in avanti per includere la comunità dei Sordi e diffondere la Lis nelle scuole. Non è passata inosservata l’esibizione dei Pinguini Tattici Nucleari a San Siro, dove a luglio la «band inclusiva» si è esibita al fianco di una giovane interprete della Lingua dei Segni Italiana, che ha tradotto in segni le strofe di una delle loro romantiche canzoni. La Regione Puglia, invece, ha deciso di introdurre l’insegnamento della Lis nella scuola secondaria di primo grado con l’obiettivo di sensibilizzare la comunità scolastica all’inclusione e alla pluralità di linguaggi.
In effetti, imparare la Lingua dei Segni Italiana non è una prerogativa dei sordi, contrariamente al pensiero dominante: la Lis ha benefici anche su chi non ha disturbi d’udito e favorisce lo sviluppo cognitivo dei più piccoli se insegnata dalla tenera età. Oltre che dagli studenti sordi, poi, è utile utilizzarla per comunicare con gli alunni con Disturbi del linguaggio, con Disturbo dello spettro autistico, con Sindrome di Down. Wamily ne ha parlato con la dott.ssa Craparo.
Perché ha parlato di Sordi "con la lettera maiuscola"?
Per fare riferimento alla comunità di segnanti, cioè di coloro che utilizzano la Lis e sono accomunati da una cultura, una storia, una lingua, un’identità e soprattutto un grande orgoglio. Non tutte le persone con sordità o ipoacusia fanno parte della comunità né usano la Lis per comunicare.
Chi insegna ad un bambino sordo e ai suoi genitori la Lingua dei Segni se i suoi genitori sono udenti e, quindi, non conoscono la Lis?
Se il bambino sordo ha genitori sordi segnanti, imparerà la Lingua dei Segni come prima lingua e successivamente l’Italiano parlato e scritto. Nel caso in cui, invece, il figlio nasca in una famiglia di udenti, mamme e papà possono impararla frequentando corsi di Lis e, se lo desiderano, frequentando la comunità dei Sordi, anche se ad oggi purtroppo sono ancora abbastanza rari i genitori udenti che vogliono imparare la Lingua dei Segni.
Perché?
Il genitore udente generalmente tende a rifiutare la Lingua dei Segni perché rende visibile l’unica disabilità che è considerata invisibile. Diverso è il caso, per esempio, di un ipovedente, la cui disabilità si riconosce subito. Non si può però colpevolizzarli perché molto spesso non hanno le idee chiare sugli interventi di vario genere che si possono attuare. Come si è potuto constatare negli anni, il bilinguismo, ossia la conoscenza di entrambe le lingue, quella parlata e scritta e quella dei segni, risulta la scelta migliore.
La Lis va insegnata solo ai bambini sordi?
Assolutamente no. Anzi, è importante che anche i giovani udenti la imparino. Immaginiamo sul piano dell’inclusione scolastica cosa voglia dire per l’allievo sordo poter comunicare con tutti, inclusi i suoi compagni di classe, invece che solo con l’Assistente alla Comunicazione. La stessa cosa vale nella vita di tutti i giorni.
Già la motivazione legata all’inclusione potrebbe bastare, ma i benefici sono diversi anche per l’udente. Studi psicolinguistici hanno dimostrato che il bambino udente che usa la Lingua dei Segni ha uno sviluppo cognitivo maggiore del bambino udente che non la usa.
Inoltre, come noto molto spesso nei miei allievi, la conoscenza della Lis, e dunque di una comunicazione che viaggia solo sul canale visivo-gestuale, favorisce l’accesso a sfere personali sconosciute. Insomma, conoscere una nuova lingua, può solo apportare benefici.
Ha citato l’Assistente alla Comunicazione con cui lo studente sordo interagisce in classe. Di che figura si tratta?
È una figura professionale introdotta con la Legge 104/92 che lavora nelle scuole dell’infanzia, primaria, secondaria, con l’obiettivo di facilitare l’inclusione dell’alunno con disabilità – come la sordità, ma non solo – e di svolgere il ruolo di mediatore linguistico e culturale. Oggi in realtà gli Assistenti alla Comunicazione si chiamano Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione e, nel caso della sordità, vengono preparati sulla Lingua dei Segni e sui metodi da adottare con gli studenti sordi. Imparano a usare metodi diversi e quindi a impiegare la Lis con i segnanti e l’oralismo con chi non usa la Lis per comunicare.
A partire da che età può essere insegnata?
Già da neonati si può avere un primo approccio. Esiste infatti la Baby Sign Language cioè l’uso delle parole associate a segni semplificati al fine comunicare emozioni, desideri e oggetti prima dello sviluppo del linguaggio parlato. È utilizzata da genitori udenti con bambini udenti.
Come viene insegnata la Lis a scuola?
Attraverso i corsi o i progetti che la scuola decide di promuovere.
Andrebbe inserita tra le materie scolastiche obbligatorie?
Io ritengo di sì. Oltre alle motivazioni menzionate prima, non dimentichiamoci che stiamo parlando della Lingua dei Segni italiana. Le lingue straniere vengono insegnate, e la Lis no?
A volte i più piccoli si divertono a utilizzare l’“alfabeto muto” per comunicare tra loro senza che i grandi ascoltino i loro segreti. C'entra qualcosa con la Lingua dei Segni?
L’“alfabeto muto” non è nient’altro che il vecchio alfabeto manuale inventato nel 1800 da Padre G.B. Assarotti, fondatore delle scuole per sordi. Oggi si usa il nuovo alfabeto manuale.
Perché è scorretto chiamarli “sordomuti”?
Il sordo può imparare a parlare in quanto il suo apparato fonatorio è integro, quindi non è “muto”. La legge 95 del 20 febbraio 2006 ha infatti stabilito la sostituzione del termine “sordomuto” con “sordo” in tutti i dispositivi legislativi vigenti.
Come nascono nella Lis le nuove parole entrate nel linguaggio comune? Mi riferisco ai neologismi o ai termini usati soprattutto dalle nuove generazioni per indicare le novità tecnologiche…
Tutti i segni, quindi anche quelli nuovi, vengono introdotti dalla comunità dei Sordi. Nella misura in cui un segno si diffonde e viene usato, entra a far parte del vocabolario.
Tanti artisti, dai Coldplay ai Pinguini Tattici Nucleari, stanno iniziando a coinvolgere esperti di Lis per rendere la musica accessibile a tutti. C'è più inclusione rispetto al passato?
Sono tutti validi esempi di inclusione. L’ideale sarebbe un’accessibilità a 360°, non solo nell’ambito musicale. Pensiamo a quanto sarebbe utile che ogni ospedale, ad esempio, avesse uno sportello Lis.
Lei si occupa di insegnare la Lingua dei Segni Italiana. Chi sono gli alunni udenti che vogliono imparare la Lis?
Nei corsi di Lingua dei Segni Italiana in cui insegno, riconosciuti dal Miur, le persone che si avvicinano alla Lis hanno motivazioni diverse. La maggior parte di loro sono insegnanti che vogliono riuscire a comunicare con i loro alunni segnanti, o che comunque si vogliono trovare pronti per tale eventualità. Inoltre loro sanno, al di là della sordità, che possono usare la Lis per comunicare con studenti con Disturbo del linguaggio, con Disturbo dello spettro autistico, con Sindrome di Down.
A frequentare i corsi sono anche gli ipoacusici, cioè coloro che hanno perso o subito una riduzione sul senso dell’udito, e vogliono conoscere la Lis per poterla usare nella comunicazione. Altri ancora sono genitori udenti con figli sordi che rientrano in quei famosi casi eccezionali di cui abbiamo parlato prima. Ci sono anche dei giovani che hanno dei compagni di scuola segnanti e vogliono poter comunicare con loro senza intermediari.
Mi occupo poi di formare gli Assistenti alla Comunicazione, la figura scolastica menzionata prima. Si iscrivono ai corsi anche coloro che sono già Assistenti alla comunicazione e vogliono approfondire la Lis, allievi di Medicina, e poi molti curiosi.
In che modo la Lis è utile per comunicare con studenti con disturbi del linguaggio, autismo, sindrome di Down?
In questi casi la Lis serve perché alla comunicazione verbale si aggiunge quella visiva, che rende la comunicazione più immediata e accessibile. Questo è favorito dal fatto che molti segni sono iconici, il segno somiglia all'oggetto nella realtà.