Il cyberbullismo è uno dei fenomeni legati alla rete che serpeggia tra le chat degli studenti, nei videogiochi online e sui social network già dalle scuole elementari. L'OMS parla di percentuali di 17.2% bimbi e 21.1% bimbe vittime del bullismo in rete, già a 11 anni.
L'altra faccia di Internet insomma, strumento che indubbiamente permette di intessere relazioni a distanza, giocare con gli amichetti ai videogiochi online o cercare informazioni per approfondire argomenti, ma rischia di diventare una trappola e di portare i più piccoli a subire in silenzio insulti o minacce o di metterle in pratica a loro volta.
Per questo la Polizia di Stato interviene attivamente nelle scuole, con progetti di sensibilizzazione sull'argomento, per educare i piccolissimi alunni alla legalità.
L'Agente di Polizia Maria Concetta Di Biasi, che opera presso la Questura di Crotone, e si aggira tra le scuole promuovendo attività contro bullismo e cyberbullismo, ci ha dunque spiegato i segnali da tenere d'occhio tra i bambini per individuare precocemente il cyberbullismo. Al contempo l'Agente ha però detto che ciò che più conta è rendere i bambini responsabili: «Cerchiamo di non demonizzare la rete che è uno strumento utilissimo per tanti motivi, ricordando che però va utilizzato con la consapevolezza che Internet è come il mondo reale: ci sono cose belle e cose brutte. Inoltre, un contenuto un volta inserito in rete può fare il giro del mondo in pochi secondi, quindi bisogna riflettere bene su ciò che si pubblica. Ai bimbi basta seguire alcune regole e fare un po’ di attenzione per divertirsi e per imparare tante cose interessanti senza rischiare brutte sorprese».
Agente Di Biasi, lei e i suoi colleghi della Polizia come raccontate il bullismo ai bambini quando li incontrate?
Di norma cerchiamo di evitare la lezione frontale, vale a dire la lezione in cui noi parliamo e i bambini sono ascoltatori “passivi”, cerchiamo invece di chiedere ai bambini cosa sanno sul bullismo e di spiegarcelo a parole loro.
Questo tipo di approccio è utile per diversi motivi, innanzi tutto perché coinvolge attivamente i bambini e poi anche perché ci consente di capire sul momento il livello della classe, che tipo di idea si sono fatti sulla tematica ed, eventualmente, di ristrutturare qualche idea non corretta, spiegando gli aspetti che non sono molto chiari e focalizzandoci sugli elementi salienti del bullismo.
I tre segnali per capire se mio figlio è un bullo
L'argomento del riconoscimento del bullo è molto complesso e difficilmente riconducibile a pochi segnali, ma sicuramente i 3 più lampanti possono essere:
- Il bimbo tende a divertirsi con scherzi di pessimo gusto, anche pesanti, rivolti a parenti, amici, fratelli, sorelle o animali; si diverte se l’altro soffre o ci rimane male e non prova un senso di colpa;
- Il bambino ha difficoltà a rispettare le regole che gli vengono imposte, può essere aggressivo e manesco anche all’interno del nucleo familiare;
- Il bambino manifesta alcuni problemi a scuola, non solo di rendimento, ma anche e soprattutto legati al comportamento: per esempio risponde agli insegnanti, viene continuamente ripreso per il suo atteggiamento, prende diverse note.
I tre segnali per capire se mio figlio è vittima di bullismo
Per capire se i bimbi sono vittima di bullismo innanzitutto vanno osservati, prestando attenzione ai cambiamenti repentini e ai seguenti segnali:
- Il bimbo, che prima andava con piacere a scuola, improvvisamente non ci vuole più andare, fa fatica ad alzarsi di mattina, manifesta spesso mal di pancia o mal di testa simulati o di origine psicosomatica, questo è uno dei primi segnali che ci comunica che qualcosa a scuola non va;
- Il bimbo manifesta difficoltà a socializzare, soffre di ansia o di attacchi di panico, oppure presenta lividi sul corpo;
- Il bimbo “perde” o “rompe” i suoi oggetti, torna a casa senza materiale di cancelleria, libri, soldi, anche questo, se reiterato, potrebbe essere un segnale da non trascurare.
Quali sono le conseguenze penali per un bambino che fa il bullo e la sua famiglia?
Dipende dall’età del bambino, compiuti i 14 anni lo stesso diviene imputabile, pertanto può rispondere penalmente per i reati commessi. La pena che verrà inflitta dipende dal tipo di reato, anche i minorenni in casi più gravi possono finire in prigione.
Chiaramente, tenuto conto della delicata fase di vita del minorenne, gli viene inflitta una pena attenuata rispetto a quella che verrebbe inflitta ad un adulto. Per quanto attiene alle conseguenze per la famiglia, ricadono su di essa le conseguenze civili, come ad esempio il risarcimento del danno, come anche vi è la possibilità che si instauri un procedimento civile volto a valutare la capacità genitoriale.
Date la possibilità, durante gli incontri, ai bambini di denunciare episodi di bullismo subiti in passato? Se sì, quante testimonianze raccogliete?
Non ci è mai capitato di acquisire una vera e propria denuncia, diamo però la possibilità ai bambini di segnalarci alcune criticità, anche in modo anonimo.
Ad esempio, durante l’ultimo incontro fatto in tema di bullismo, abbiamo chiesto ai ragazzi di scrivere su dei fogliettini qualche storia accaduta direttamente a loro oppure a un amico, a fine incontro abbiamo letto tutti questi bigliettini insieme cercando di suggerire alcune strategie per fronteggiare le diverse situazioni che i ragazzi ci hanno voluto raccontare.
Parlando di cyberbullismo, invece, come si spiegano ai bambini i rischi della rete?
È importante insegnare ai bambini le regole base per un uso sicuro della rete:
- Mai dare informazioni personali, quali nome, indirizzo, numero di telefono, età;Mai condividere password, neanche con gli amici;
- Mai accettare un incontro di persona con qualcuno conosciuto online o scambiare foto o video riservati;
- Mai rispondere a un messaggio che faccia sentire confusi o a disagio, i contenuti “strani” vanno ignorati;
- Mai utilizzare un linguaggio offensivo o inviare messaggi volgari online.
Quali sono i principali rischi legati ai Social network per i minori?
I principali rischi sono legati al fatto di non sapere chi si cela dall’altra parte dello schermo, ma anche quelli di essere raggiunti da discorsi d’odio, razzismo, cyberbullismo, pornografia.
Spieghiamo ai ragazzi le differenze tra il bullismo e il cyberbullismo, soffermandoci sul fatto che mentre nei casi di bullismo il bullo deve metterci la faccia, il cyberbullo spesso si cela dietro un account falso e ciò gli permette di credere che ciò che accade in rete accada in una zona franca, in realtà non è così, perché tutto ciò che facciamo in rete lascia traccia anche quando si crede di agire sotto copertura.
Un bimbo è vittima di cyberbullismo, cosa deve fare?
Denunciare assolutamente. Se vi sono dei contenuti in rete che lo riguardano, chiedere al gestore della piattaforma di rimuoverli, poi deve informare i propri genitori, la scuola se i fatti partono da lì e nei casi più gravi rivolgersi alle Forze dell’Ordine.
Un bambino deve denunciare un bullo anche se è un suo amico?
Anche se è difficile, assolutamente sì! E non solo per tutelare la vittima, anche per salvare il bullo da se stesso prima che si renda responsabile di fatti più gravi.
A scuola dovrebbe essere obbligatorio fare formazione sui rischi del bullismo, senza lasciare tutto a singole iniziative?
Ormai tutte le scuole si occupano di prevenzione e formazione sui rischi del bullismo, l’iniziativa scolastica consente di fare interventi individualizzati, pensati e strutturati anche in base al tipo di episodi che si sono registrati nella scuola.
Musica e influencer che i bambini e i ragazzi seguono oggi, spesso avvezzi a fare challenge folli o a scrivere testi di musica dai toni molto violenti, con parole forti, pensa che possano avere un’influenza negativa sui bambini, inducendoli a normalizzare il bullismo e a diventare bulli?
Challenge folli e testi di musica dai toni violenti potrebbero avere un’influenza negativa, ciò che conta però non sono tanto i contenuti ai quali i bambini o i ragazzi vengono esposti, quanto che questi ultimi abbiano la capacità di comprendere che alcune azioni non vanno emulate perché pericolose, o perché reati.
È proprio su questo che genitori e insegnanti devono far leva: sull’educazione all’empatia e sullo sviluppo della consapevolezza dei rischi connessi alle azioni violente.