“L’esposizione” del bambino, abbandonare cioè il piccolo ancora in fasce in un luogo pubblico, ha radici storiche. I neonati un tempo venivano lasciati fuori dai conventi, dagli orfanotrofi o dalla casa di chi poteva prendersi cura di loro.
Infatti è già nel diritto romano che si trovano leggi in difesa dell’anonimato materno. La possibilità di rimanere anonime aiutava molte donne a decidere di portare avanti comunque la gravidanza, evitando di ricorrere all’infanticidio. C’erano casi, invece, in cui i bimbi venivano abbandonati col desiderio di ricongiungersi a loro quando le condizioni sociali o economiche lo avrebbero permesso. In questo caso i pargoli abbandonati portavano con loro dei segni identificativi: santini o foglietti a metà, medagliette siglate. Oggetti che si trasformavano in speranza di rivedersi e diventare una famiglia.
Ad oggi questo non è più possibile, i genitori possono decidere di riconoscere il bambino alla nascita e darlo poi in adozione per tornare da lui in futuro, ma sarà lui a dover sentire il desiderio di cercarli, perché si ricongiungano.
La ricerca dei genitori biologici è tutelata dalla legge
Consapevole di essere stato adottato, il ragazzo crescendo potrebbe sentire il desiderio di conoscere il suo passato, di dare un volto e un nome ai suoi genitori biologici e ai suoi fratelli. Questo diritto, però, non è da sempre riconosciuto al figlio adottivo, o meglio, non in tutti i casi. Infatti innanzitutto va fatta una precisazione: per essere adottato un bimbo deve essere dichiarato in stato di abbandono. Questa situazione si viene a creare in tre circostanze:
- Quando il piccolo non è stato riconosciuto dai genitori alla nascita
- Quando è stato riconosciuto e abbandonato in un secondo momento
- Quando ai suoi genitori è stata tolta la potestà genitoriale
La legge 184 del 1983, che regolamenta le adozioni, prevedeva che solamente nel secondo e nel terzo caso, al compimento dei 25 anni di età (18 in caso di gravi problemi fisici o psichici), il giovane potesse rivolgersi al tribunale dei minorenni per chiedere di conoscere i genitori biologici. La legge veniva, però, anche chiamata "dei 100 anni", perché, nel primo caso, ossia quello in cui i genitori biologici non avessero riconosciuto il bimbo alla nascita, egli avrebbe potuto conoscerli solo al compimento del suo centesimo anno di età (cioè mai). Questo per proteggere il diritto all'anonimato materno.
Si tendeva dunque a far prevalere il diritto alla privacy della madre su quello di conoscere le proprie origini del figlio. Questo perché capitava che i bimbi dovessero la propria vita a questa garanzia di anonimato.
La Corte Costituzionale, però, sulla scia della giurisprudenza comunitaria, con la sentenza n.278 del 2013, ha stabilito l'illegittimità costituzionale della norma all'art. 28 comma 7, ovvero nella parte in cui non prevedeva che il tribunale, sentito il parere dell’adottato, con la massima riservatezza, rintracciasse i genitori che non lo avevano riconosciuto, comunicando loro la volontà del ragazzo per comprendere se desiderassero modificare la loro scelta di anonimato.
Ad oggi quindi, in attesa di una riforma, il tribunale per i minorenni può agire in questo modo:
- Sentito il ragazzo, i suoi genitori adottivi e appurato che l’incontro con i genitori biologici non può provocargli un trauma di alcun tipo, inizia, tramite la polizia giudiziaria, una ricerca dei genitori biologici.
- Se i genitori sono in vita, vengono convocati dal tribunale che ne appura le condizioni psico-fisiche tramite un colloquio.
- Viene spiegato ai genitori che il figlio che non avevano riconosciuto e avevano dichiarato adottabile con lo stato di abbandono, li sta cercando.
- Sono i genitori a scegliere se disvelare la propria identità o no al figlio e, nel caso di risposta negativa da parte dei genitori, il ragazzo non potrà ottenere alcuna informazione su di loro.
Ovviamente questo non ha nulla a che vedere con la richiesta di accesso alle informazioni sanitarie: in questo caso, dice la Corte di Cassazione con ordinanza del 9 agosto 2021 n.22497, la domanda è:
Ulteriore e distinta rispetto a quella di puro accesso alle origini, avendo come finalità la tutela della vita o della salute del figlio adottato o di un suo discendente (Corte di Cassazione n.22497/2021)
È ammesso accedere alla cartella clinica sulla base di una richiesta specifica e non a scopo esplorativo e la cartella non svelerà l’identità dei genitori biologici al ragazzo.
E se il ragazzo volesse conoscere i fratelli biologici?
Il ragazzo al fine di ricostruire in toto la sua storia d’origine, potrebbe voler conoscere anche i suoi fratelli. Anche in questo caso il tribunale interverrà cercando di comprendere le intenzioni dei fratelli.
Il tribunale procede con un interpello, al fine di tutelare al massimo l’identità e la dignità dei soggetti. Se viene constatata la non intenzione da parte dei fratelli di conoscere l’identità del fratello che lo ha richiesto, questa volontà viene rispettata e la richiesta del ragazzo non potrà essere soddisfatta.
Come affrontare insieme la ricerca dei genitori biologici
I ragazzi adottati crescendo, come tutti, si fanno domande sul loro passato e hanno bisogno di risposte. Può essere difficile per un genitore adottivo sentirsi dire dal figlio che vuole andare alla ricerca dei suoi genitori biologici. Eppure a volte guardare in faccia i loro genitori biologici, capire il perché dell’abbandono, può aiutare i ragazzi a pensare con meno sofferenza al loro passato e alle loro origini.
Spesso noi genitori siamo mossi dalla paura di perdere il rapporto esclusivo, duramente costruito, con i nostri figli. Questa paura raddoppia se sappiamo che incontreranno qualcuno che hanno con loro un legame biologico. Dobbiamo ricordarci sempre che il rapporto costruito non cambierà, che i figli sanno chi li ha cresciuti e che nel loro cuore c’è spazio per tutti, senza mai pretendere di possederli e limitarli nelle loro decisioni. Anche perché potremo provare a capire la loro sofferenza ma mai farla del tutto nostra. Accompagnamoli in questo percorso lasciandoli liberi, che è poi sinonimo di amarli.