Francesco Cannadoro è il papà di Tommaso, un bambino nato nel 2014 con una disabilità degenerativa che ancora oggi non ha nome. Lui, che desiderava un figlio più di qualsiasi altra cosa, è rimasto spiazzato dalla sua diagnosi ma poi, poco a poco, ha capito che la sua famiglia era la più grande fortuna che potesse avere. Così, nel 2016, ha iniziato a raccontare la sua storia con ironia sul suo blog “Diario di un padre fortunato”.
Francesco e sua moglie Valentina hanno dovuto imparare a gestire i sintomi di Tommaso, superando le paure iniziali e trovando, con molti sacrifici, una loro routine. “Io lavoravo e mia moglie che aveva già lasciato il lavoro andava all’ospedale però a un certo punto c’è bisogno di prendere aria, di respirare, di dormire, quindi le ho dovuto dare il cambio continuando ad andare a lavorare – ci racconta Francesco – Ero terrorizzato: io che se non dormivo otto ore restavo incazzato tutto il giorno, che non avevo pazienza, dovevo fare notti insonni ad aspirare muco, gestire crisi epilettiche, consolare pianti inconsolabili. Sentivo il peso del dovere. E invece mi è venuto talmente naturale inaspettatamente che non ho più smesso. E mi sono chiesto come avessi potuto considerarlo un dovere visto che mi veniva così naturale.”
Nessuno ci insegna a diventare genitori da un giorno all’altro, tanto meno a essere dei genitori caregiver ma, secondo l’Istat, gli italiani che si prendono cura di un familiare non autosufficiente sono più di 7 milioni. "L’Italia è un paese che vorrebbe essere inclusivo e accessibile, a tratti, ma guarda dal lato sbagliato – aggiunge – Finché retorica e pietismo la faranno da padroni, finché la gente è convinta che chi affronta la disabilità o è un eroe invincibile al quale vengono affidate le battaglie impossibili da affrontare per chiunque o uno degli ultimi al quale riservare poco più che le proprie lacrime una tantum non si risolverà nulla."
"Tutti siamo molto di più di quello che si vede. Chiunque, anche chi guarda questo video: altrimenti si finisce per etichettare e le etichette vanno sui salami non sulle persone"
Nei contenuti di Francesco non c’è spazio per la tristezza o l’autocommiserazione: l’obiettivo è far capire che caregiver e disabili non sono eroi ma semplicemente persone. "Retorica e pietismo alzano un muro e non permettono di vedere le cose per quelle che sono, oltre il muro, e il muro inconsciamente deresponsabilizza. Bisogna smettere di pensare di sapere e imparare a conoscere perché senza conoscenza non c’è inclusione e non c’è accessibilità. . La mia fortuna è mio figlio, ma non nel modo in cui la retorica potrebbe portare a pensare. Mio figlio mi ha dato l’opportunità di essere suo padre e mi stimola costantemente in questo senso, per me che ero fondamentalmente un disadattato è stata una fortuna. Un genitore che fa il genitore è la fortuna della sua famiglia e della sua stessa, perché la famiglia se la può tenere stretta, se ne prende cura, che poi è l’unico modo di poterne fare parte. Mio figlio mi ha dato l’opportunità di poter far parte di una famiglia e io sono un padre fortunato.”