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4 Aprile 2024
14:00

L’App che racconta le fiabe con l’Intelligenza Artificiale: la voce del genitore è clonata e riprodotta dall’IA

Un’App italiana usa l’Intelligenza Artificiale per creare fiabe della buonanotte originali e per riprodurle con la voce del genitore o del nonno, clonandola. Secondo un rapporto dell’associazione Di.Te, già oggi il 36% dei genitori non racconta più le storie ai figli nei primi 3 anni di vita, sostituendole con le App dello smartphone.

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L’App che racconta le fiabe con l’Intelligenza Artificiale: la voce del genitore è clonata e riprodotta dall’IA
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Che smartphone e tablet abbiano rimpiazzato i vecchi e romantici lettori di audiocassette non è una novità. Più sorprendente è che oggi venga utilizzata l’Intelligenza Artificiale per inventare fiabe originali, anche se la rivoluzione più eclatante è nella voce narrante. Grazie all’IA viene clonata e riprodotta la voce rassicurante di un genitore, di un nonno, di un fratello, precedentemente registrata in un audio di un minuto. Significa che le rocambolesche avventure di animali parlanti, intrepide principesse e fanciulli pasticcioni verranno lette a figli e nipoti anche in assenza del cantastorie, che magari è indaffarato, è lontano per lavoro o non c’è più. A proporlo è un’App italiana, Wendy StoryTeller. Secondo il suo ideatore, Luciano Ballerano, è la prima al mondo a offrire «una feature della clonazione della voce così sofisticata».

Come racconta Ballerano al Corriere della Sera, l’idea è nata nella quotidianità: la figlia di amici gli aveva chiesto di inventare un racconto per lei. Per il primo esperimento Ballerano, che è un appassionato di Intelligenza Artificiale, ricorse al chatbot più noto, ChatGPT, che formulò una fiaba inedita con le relative illustrazioni. Visto il successo ottenuto – la bambina ne era rimasta entusiasta – non si arrese ai ringraziamenti della piccola, e studiò, insieme a dei programmatori, come automatizzare il processo, sviluppando un software in grado di ideare favole e fiabe in autonomia. L’intuizione si è concretizzata in un’App di cui esiste una versione gratuita e una a pagamento, che utilizza ChatGpt4 e Dall-e 3 di OpenAi per elaborare i racconti ed Elevenlabs per la generazione della voce.

Le ultime evoluzioni della tecnologia limitano la creatività e i rapporti umani? L’App si sobbarca buona parte del lavoro che prima era svolto da nonni e genitori: adegua il linguaggio e la complessità della trama all’età del piccolo e legge la storia ad alta “voce”. L’utente, in più, è libero di scegliere i nomi dei protagonisti, i personaggi, le ambientazioni, la morale della favola.

Insomma, delegare allo smartphone l’invenzione dei racconti ed eventualmente la loro lettura sgrava il carico di lavoro dell’adulto, e sono già tante le App che lo consentono. Secondo un’indagine dell’Associazione nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo (Di.Te), il 36% delle mamme e dei papà non racconta più le favole ai figli nei primi 3 anni di vita, sostituendole con applicazioni dello smartphone. Pure le ninne nanna nel 22% delle famiglie vengono riprodotte da assistenti vocali. Alla luce dei risultati, il presidente dell’Associazione, il Prof. Giuseppe Lavenia, aveva avanzato delle preoccupazioni a riguardo. «Sostituire – aveva commentato Lavenia – momenti preziosi come la lettura delle favole o il canto delle nonne nanna con dispositivi elettronici è una perdita inestimabile nel rapporto genitore-figlio».

Prestare attenzione all'esposizione dei figli ai dispositivi elettronici non significa tuttavia demonizzarli. Se utilizzati con senno e cautela, i device digitali rappresentano un utile ausilio nella quotidianità sia per figli che per genitori.

Riusciremo però a far tesoro del progresso tecnologico senza trascurare o penalizzare l’intimità e la unicità dei rapporti umani?

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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