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5 Agosto 2023
12:30

L’eredità di Don Milani al mondo dell’educazione: ecco perché è ancora importante

Si sente spesso parlare di Don Milani, ma quante persone ne conoscono la figura e le idee? Questo prete cattolico del Novecento è stato molto importante per la società e per la pedagogia: ecco i suoi principi democratici e ispiratori che hanno permesso una revisione del sistema educativo italiano.

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L’eredità di Don Milani al mondo dell’educazione: ecco perché è ancora importante
don milani

Parlava numerose lingue, amava l'arte, frequentò Brera e Achille Funi, si batté per le fasce emarginate della società, ideò il primo modello di scuola a tempo pieno per gli abbienti: Don Lorenzo Milani è una figura sfaccettata, interessante, ispiratrice.

Lo è ancora oggi, a più di cinquant'anni dalla sua morte: è stato un sacerdote e pedagogista italiano che ha lasciato un'impronta indelebile nel campo dell'istruzione e della lotta alle disuguaglianze sociali.

Chi era Don Milani

Nato a Firenze nel 1923 in una famiglia colta, ricca e laica – e morto prematuramente nel 1967 – Don Lorenzo Milani ha dedicato la sua vita all'educazione dei giovani emarginati, insegnando loro l'importanza della giustizia sociale e della valorizzazione personale.

Don Milani credeva fortemente nell'idea che l'educazione fosse un diritto di tutti, senza distinzioni di classe sociale o condizione economica. Il suo impegno si concentrò principalmente sulla comunità di Barbiana, un piccolo paese in provincia di Firenze, dove fu nominato parroco nel 1954. Fu mandato proprio qui per un motivo preciso: era ritenuto un provocatore, e il paesino sui monti del Mugello, con i suoi poco più di centoventi abitanti, era una metà ideale, un isolamento non ufficiale che permetteva di tenerlo lontano dalla grande città.

La scuola di Barbiana

Barbiana era un luogo di estrema povertà e i suoi abitanti erano principalmente contadini e braccianti. Fin dall'inizio il sacerdote (che si convertì da adulto dopo aver dedicato alcuni anni all'arte) si rese conto che i bambini e le bambine del paesino erano svantaggiati e privati di opportunità educative a causa delle loro condizioni sociali. Decise quindi di aprire una scuola a tempo pieno nella chiesa locale, offrendo un'istruzione di base a coloro che altrimenti sarebbero stati esclusi dal sistema scolastico tradizionale.

La scuola di Barbiana divenne un laboratorio pedagogico sperimentale, un luogo in cui Don Milani insegnava ai suoi studenti a pensare criticamente, democraticamente, a essere responsabili e a lottare per la giustizia. Il tutto proponendo percorsi di studio personalizzati per garantire a tutti gli alunni un grado minimo e dignitoso d'istruzione, e insegnando ai suoi studenti a non accettare passivamente le disuguaglianze e le ingiustizie sociali. Li spronava, in questo senso, a prendere coscienza delle loro capacità e a lottare per una società più equa.

Per lui, l'istruzione doveva essere infatti un mezzo per emancipare le persone e consentire loro di migliorare le proprie condizioni di vita.

Le critiche che gli venivano rivolte

Chi non sosteneva questo modello, accusava Don Milani di credere a un complotto ordito da un più ampio sistema, che voleva i poveri soggiogati dai ricchi in maniera cosciente e mirata. Secondo Don Milani, dicevano, la società voleva fregare gli emarginati tenendoli sempre in basso, per tenere le classi sociali ben distinte tra loro.

In effetti, pensandoci oggi, forse Don Milani aveva ragione. Ciò che i suoi detrattori gli criticavano era semplicemente credere in quello che oggi si è evoluto nel razzismo sistemico o nelle discriminazioni sociali sistemiche, che non permettono a chi non nasce nel privilegio di studiare, fare carriera o elevarsi in società (senza un gigantesco sforzo che invece non deve mettere in pratica chi nasce già in alto).

Lettera a una professoressa

Il cuore degli insegnamenti di Don Milani è racchiuso in buona parte nel libro Lettera a una professoressa, pubblicato nel 1967 e diventato vademecum del sessantotto e degli insegnanti e delle insegnanti italiani democratici.

Partendo dall'esperienza a Barbiana, Don Milani rifletteva in questo testo sulla necessità di riformare il sistema educativo, dopo aver osservato insieme ai suoi alunni (che aiutarono nella scrittura) come la scuola italiana privilegiasse i "pierini", ovvero i figli delle buone famiglie. La lettera, scritta in forma epistolare a una presunta insegnante, denuncia quindi l'ingiustizia del sistema educativo italiano e la mancanza di opportunità per i giovani meno privilegiati.

Il libro ebbe un impatto profondo sulla società italiana dell'epoca, suscitando dibattiti e riforme nel campo dell'istruzione.

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