"Se ci fossero complicanze durante il parto chiedo ai medici di scegliere me". Nelle ultime settimane sono stati tantissimi i video pubblicati su TikTok da donne in stato di gravidanza che con frasi di questo tenore affidano alla Rete una sorta di testamento biologico da rispettare in caso di emergenza ostetrica.
Si tratta del cosiddetto living will ("volontà di vivere"), il trend recentemente nato negli Stati Uniti per diffondere a mezzo social le intenzioni di centinaia e centinaia di donne americane che, con l'avvicinarsi del parto, desiderano chiarire espressamente le propria volontà di essere salvate nella drammatica evenienza in cui una équipe medica dovesse trovarsi a scegliere tra salvare la madre o il nascituro.
Le storie dietro i video
La ventinovenne Ashley Martinez – autrice della frase citata all'inizio dell'articolo – è stata tra le prime ad affidare il suo messaggio a quello che un tempo era il social dei balletti e della leggerezza.
Già mamma di quattro figli – tutti nati con parto cesareo – Martinez ha infatti perso prematuramente la madre a causa di un tumore e da tempo è terrorizzata dall'idea che i suoi figli possano vivere il medesimo trauma a causa di complicanze durante il travaglio.
«Subire un altro parto dove verrò sottoposta ad un nuovo cesareo mi spaventa – ha spiegato alla CNN – Penso sempre all'idea di non essere presente per i miei ragazzi visto quello che ho passato crescendo senza mia madre».
Nessun egoismo dunque alla base di una simile decisione, ma il desiderio – condiviso dalle tantissime madri che hanno scelto di aderire al trend – di tutelare i figli che sono già venuti al mondo.
Ben più di una moda social
Come facilmente pronosticabile, la diffusione dei living will su Tik Tok ha immediatamente scatenato un acceso dibattito mediatico, portando molte altre future mamme a postare contenuti di risposta al trend per palesare la volontà di salvaguardare la vita del bebé in caso di scelte drammatiche.
Eppure, indipendentemente dalle opinioni riguardanti la forma e il contenuto dei messaggi, lo scoppio di un simile fenomeno nasconde significati ben più profondi rispetto al semplice esibizionismo online.
Negli ultimi anni gli Stati Uniti sono stati teatro di diversi passi indietro rispetto al tema dell'aborto. Così, quando nel giugno 2022 la Corte Suprema ha di fatto cancellato il diritto all'aborto a livello federale, molte donne residenti in uno Stato privo di una legge permissiva sull'aborto (sono ben 13, incluso il Texas dove vive Ashley Martinez) hanno iniziato a temere che in caso di un parto complicato la necessità di preservare la vita del bambino potesse andare a discapito di quella della madre.
Da qui l'esigenza di sfruttare la viralità dei social per affermare con decisone la proprie volontà di continuare a vivere.
Il timore è motivato? Forse, ma non in Italia
Ad acuire la percezione del problema ci ha pensato involontariamente l'Organizzazione Mondiale della Sanità che, lo scorso 23 febbraio, ha pubblicato un report dedicato alla mortalità in gravidanza dai toni decisamente poco rassicuranti.
Secondo i dati presenti nel rapporto infatti, benché negli ultimi decenni si sia assistito ad un netto calo di decessi legati alla gestazione e le complicanze da parto (-34% rispetto a vent'anni fa), in alcune zone del mondo i numeri sono tornati a peggiorare e tra queste nazioni, proprio gli Stati Uniti hanno visto un rilevante aumento del tasso di mortalità tra il 2000 e il 2015.
E in Italia? Almeno su questo aspetto, la situazione appare ben più rosea, con casi ridotti al minimo e strutture ospedaliere preparate a tutelare l'incolumità di madri e bebé.
«Il Ministero della Salute conferma che in Italia, come in Europa, la mortalità materna si conferma un evento raro (9 casi di donne decedute ogni 100 mila nati vivi) – ci spiega Riccardo Federle, ostetrico e referente rischio clinico presso l’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda – Proprio per garantire questo trend è nato il gruppo ITOSS di sorveglianza ostetrica guidato attualmente dalla dr.ssa Serena Donati con l’obiettivo di un monitoraggio costante della sicurezza delle procedure».
Chi partorisce in Italia dunque – al netto di eccezione e di un comprensibile timore per la componente di mistero e imprevedibilità insita in qualsiasi travaglio – non ha particolari motivi di preoccuparsi preventivamente e un trend come il living will, oltre ad avere scarso valore legale, non sarebbe motivato dalla realtà dei fatti.
«Il fenomeno del “living will” sottende altri malesseri presenti nella società americana che fortunatamente nel nostro Paese non ci sono – conclude Federle – Primo tra tutti il recente divieto all’aborto e, in secondo luogo, un sistema sanitario che funziona in modo completamente diverso dal nostro, molto più privatizzato e succube dei meccanismi assicurativi. Nonostante tutto, quindi, il nostro sistema sanitario per quanto sgangherato rappresenta ancora una eccellenza sul panorama internazionale: nascere in Italia rimane ancora una notevole fortuna dal punto di vista di sicurezza».