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15 Marzo 2023
12:30

L’OMS pubblica le linee guida alla genitorialità 2023: stop alla violenza su bambini e adolescenti

L'Oms ha pubblicato a fine febbraio le linee guida per la genitorialità positiva. Moltissime famiglie sono state supportate da un team di esperti per superare condizioni di stress psicologico, povertà economica, emergenze umanitarie, affinché si fermasse una delle piaghe più grosse dell'umanità: la violenza sui bambini e sugli adolescenti, che provoca danni irreversibili e non ha nulla di educativo.

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L’OMS pubblica le linee guida alla genitorialità 2023: stop alla violenza su bambini e adolescenti
Violenza sui minori

"Il maltrattamento dei minori è un problema di salute pubblica, perché usare atteggiamenti verbalmente o fisicamente violenti contro di loro può avere effetti permanenti sul loro sviluppo e sulla loro salute.” Così si apre lo studio pubblicato a febbraio dall’OMS riguardo gli interventi a supporto della genitorialità, effettuati tra luglio 2020 e marzo 2022 su un campione di famiglie di diverso rango e provenienza, per prevenire o curare quelle situazioni in cui tra le mura domestiche o in tutti quei luoghi in cui i piccoli sono soggetti all’autorità degli adulti, i bambini vengono maltrattati fisicamente o psicologicamente.

Ma con “violenza sui bambini” cosa si intende? Parliamo di tutte le forme di maltrattamento fisico o emotivo, di trattamenti negligenti, fino ad arrivare allo sfruttamento sessuale o commerciale, che è ancora presente in alcune aree del mondo. Insomma tutto ciò che comporta danni alla salute e alla crescita del minore, da parte di quelle persone che sono a lui legate da un rapporto di fiducia, responsabilità o potere (genitori, insegnanti, caregiver, allenatori).

Gli interventi messi in atto da OMS sono volti a ridurre il maltrattamento, la genitorialità definita “dura” fatta di grida, obblighi e violenze, non giudicando ma supportando le famiglie, in modo da migliorare la relazione genitore-figlio. Il fine è quello di prevenire lesioni fisiche, forme di disabilità, sviluppo di dipendenze da alcol o droghe in adolescenza, danni alla salute mentale, che sono solo alcune delle conseguenze che le forme di genitorialità aggressiva possono causare nei bambini.

I luoghi in cui sono avvenuti questi interventi a supporto della genitorialità sono stati soprattutto quelli caratterizzati da situazioni di povertà, guerre o catastrofi ambientali. Questo perché la consapevolezza di non poter fornire ai propri figli la corretta istruzione, l'accesso alle strutture sanitarie, a un pasto caldo e l'aver subito traumi forti porta genitori e figli a vivere situazioni di forte stress e a sviluppare reazioni violente. Per questo il supporto alle famiglie andrebbe integrato con un supporto economico e sociale.

Quali sono le linee guida per una genitorialità positiva e che rifugga la violenza?

Le attività a favore della genitorialità alle quali hanno partecipato le famiglie sono state perlopiù di gruppo e sempre volte ad agire su quei fattori di stress come ansia o solitudine che a volte inducono i genitori ad avere atteggiamenti violenti sui figli. Perché spesso grida, schiaffi, strattoni ai nostri bimbi non sono tanto il riflesso di una punizione che non sappiamo in che altro modo far comprendere, quanto più un nostro momento di sconforto o forte stress. Infatti dopo aver alzato la voce ci assale sempre un tremendo senso di colpa.

Violenza sui bambini

Ma non solo, gli esperti hanno anche coinvolto i figli adolescenti, per indagare la vita dei teenager, spesso vittime delle influenze di alcune compagnie sbagliate, e migliorare atteggiamenti insolenti che a volte sembrano ingestibili agli occhi dei genitori ma sono solo frutto di fraintendimenti e di una scarsa relazione tra genitori e figli, che può migliorare.

Le linee guida sono state raccolte in  manuali consultabili online o nella loro forma cartacea ma, come nel caso particolare della ricerca, sono stati erogati anche da personale esperto che ha agito su gruppi di genitori o su singole famiglie.

Ecco i consigli e le strategie non violente da mettere in atto nell'educazione dei propri figli:

  • Lavorare su se stessi per imparare a comprendere i comportamenti negativi del bambino, spesso alcuni capricci sono solo volti ad attirare l’attenzione su di sé e non devono essere puniti in alcun modo.
  • Comprendere che certe cose succedono a prescindere ai bambini, in maniera naturale. Se il piccolo per esempio sta maneggiando un oggetto e questo cade e si rompe non è una colpa, non va punito, è un momento della crescita e dello sviluppo.
  • Saper sempre agire in maniera logica davanti all’errore o al comportamento sbagliato del bambino, o dell’adolescente.
  • Le “punizioni” devono essere spiegate e commisurate all’errore per esempio, se il ragazzo trasgredisce ad una regola lo si può privare di alcuni privilegi che prima aveva: "sei tornato un'ora dopo rispetto a quando ti avevo chiesto di tornare, la prossima volta il tuo coprifuoco sarà anticipato di un'altra ora"
  • Impegnarsi a riconoscere i comportamenti positivi del piccolo, premiandolo, facendolo sentire apprezzato quando ottiene un risultato che desiderava o si comporta al meglio.
  • Fissare delle regole chiare in famiglia, a scuola o  in qualsiasi contesto e spiegarle bene al bimbo o al ragazzo, senza imporle.
  • Dialogare con il partner: è l'unico modo per imparare a regolare le emozioni. Saper riconoscere le situazioni di maggior stress dell’uno o dell’altro e intervenire per rendere la situazione meno tesa, aiuta entrambi a non perdere le staffe.

Quando sono invece i ragazzi o i bambini ad avere atteggiamenti violenti o insolenti, si può agire in questo modo:

  • Imparare sempre a cogliere le motivazioni che stanno dietro a certi atteggiamenti, stando attenti ai comportamenti dei bambini e dei ragazzi, rendersi conto se ci sono avvisaglie di malessere, comprendere come si comportano fuori casa e quali luoghi frequentano.
  • Mettere in pratica la tecnica del Time-out: che consiste nell’allontanare il piccolo dal luogo dove è accaduto il danno, lasciarlo per qualche minuto da solo in un ambiente privo di stimoli. Questa pratica va messa in atto con cautela, perché a volte  può agire negativamente sull’attaccamento genitore-figlio, infatti il genitore si allontana nel momento in cui il piccolo avrebbe bisogno di sostegno.
  • Giocare con i propri bambini, il gioco unisce genitori e figli e spesso è veicolo di tantissimi messaggi educativi, insegna ai bambini a modulare la rabbia.

Le 5 tipologie di famiglie coinvolte nella ricerca

Lo studio sugli effetti benefici degli interventi a supporto della genitorialità si è focalizzato su 5 situazioni familiari in particolare

Genitori di bimbi e ragazzi di età compresa tra i 2 e i 17 anni nelle zone a basso medio-reddito del mondo

L’analisi è stata effettuata su famiglie provenienti da 32 Paesi nel mondo caratterizzati da situazioni di povertà. Spesso, infatti, le tensioni familiari che inducono ad atteggiamenti violenti, sono dettate dalla forte povertà della famiglia, dalla disoccupazione e dalla consapevolezza che non si possono garantire ai propri figli una corretta istruzione e l’indispensabile assistenza sanitaria.

Dai risultati della ricerca appare evidente che il supporto genitoriale debba essere integrato da un supporto economico, aiutando la famiglia con dei buoni pasto, facilitando l’accesso ai trasporti, ad un posto di lavoro e all’istruzione.

Violenza sui bambini

Nel 61% dei casi gli esperti hanno lavorato con le famiglie in gruppo, solo nell’11% dei casi si sono effettuati interventi mirati sulle singole famiglie. In ogni caso gli interventi si sono dimostrati nel breve tempo risolutivi, infatti i genitori hanno iniziato ad attuare strategie educative molto diverse dal maltrattamento e questo, oltre a influire positivamente su mente e corpo dei bambini, ha diminuito il loro stress.

Le famiglie hanno  riscoperto un nuovo modo di relazionarsi ai propri figli, hanno superato divari culturali e trasmesso ciò che hanno imparato anche a tutti i membri della famiglia allargata. I risultati sui bambini piccoli hanno dimostrato che questi hanno fatto grossi passi avanti nello sviluppo del linguaggio e nello sviluppo cognitivo. Ad averne beneficiato è stata anche la relazione di coppia dei genitori.

L’infanzia: famiglie con bimbi di età compresa tra 2 e 10 anni

I bambini tra i 2 e i 10 anni risultano essere quelli più vulnerabili a ogni forma di violenza fisica o mentale e anche coloro che sviluppano le ripercussioni più pesanti nel futuro. La ricerca è stata svolta in 33 Paesi del mondo e gli interventi sulla genitorialità sono stati quasi totalmente di gruppo.

I bambini di età compresa tra i 2 e i 10 anni sono quelli più vulnerabili alla violenza fisica o mentale degli adulti

Il 68% delle famiglie partecipanti erano famiglie che, viste le condizioni in cui vivevano o alcune avvisaglie riscontrate, sembravano rischiare di poter mettere in atto atteggiamenti violenti. L’8% sono state famiglie ritenute violente e il 24% hanno partecipato in via precauzionale.

I risultati sono stati per la maggior parte positivi, sia sullo sviluppo psicofisico dei bambini che sulla relazione di coppia.

Si sono registrati, però, alcuni “effetti collaterali”. Alcune famiglie hanno lamentato, dopo aver appreso le linee guida, crescenti disaccordi su come crescere i propri figli o difficoltà nel portare a termine i programmi proposti.

L’adolescenza: famiglie con figli tra i 10 e i 17 anni in Paesi di basso medio-reddito

I ragazzi durante l’adolescenza vivono un momento spesso conflittuale nei confronti dei genitori e di qualsiasi autorità adulta. Dunque è una fase in cui i ragazzi sono a rischio maltrattamento, causa i loro atteggiamenti scontrosi, ma, in certi contesti, rischiano anche di sviluppare alcune forme di dipendenza da droga o alcool. Importantissimo, in questa indagine è stato tenere conto del contesto sociale di provenienza dei ragazzi che in questa fase dell’età, sono spesso influenzabili dai coetanei.

Adolescente

I ragazzi hanno infatti partecipato insieme ai genitori agli incontri di supporto alla genitorialità, per poter  migliorare il rapporto con i loro genitori. Le strategie messe in atto dagli esperti hanno puntato a favorire modalità comunicative efficaci tra genitori e figli, a fornire anche conoscenze utili, a formare i ragazzi riguardo le dipendenze, le pratiche sessuali sicure e il libero accesso a professionisti che si occupino della loro salute mentale.

I risultati hanno dimostrato che è fortemente migliorata la relazione tra i ragazzi e i loro genitori, in particolare alcune famiglie immigrate, i cui figli sono però nati o cresciuti nel Paese in cui si trovano ora, sono riuscite a superare lo scontro culturale che prima si instaurava tra genitori e figli.

Famiglie che vivono in contesti umanitari difficili

Per contesti umanitari complessi intendiamo quei luoghi in cui ci sono conflitti, sfollamenti, disastri ambientali. In queste situazioni i genitori e le famiglie in generale affrontano avversità che inevitabilmente si ripercuotono su tutti i membri della famiglia. Genitori che vivono in situazioni di guerra tendono ad essere molto più duri nell’educazione dei figli, oppure a sviluppare reazioni da stress post-traumatico. In quest’ultimo caso gli interventi di supporto alla genitorialità, dovrebbero essere sostenuti anche da un team di psicologi che si specializzano sulla risoluzione del trauma.

Reazioni da stress post-traumatico portano i genitori ad essere più duri con i figli

La ricerca è stata svolta in 14 Paesi, per la maggior parte in contesti post bellici (42%), ha coinvolto anche famiglie di rifugiati (31%), famiglie che vivono in zone di conflitto (22%) e famiglie che hanno subito calamità naturali (5%). Gli interventi sono stati per la maggior parte di gruppo e i risultati positivi. Emerge che ad essere migliorata è stata la relazione genitore-figlio, il divario culturale e le famiglie si sono sentite sostenute tra loro, nella condivisione dei traumi passati.

La prima infanzia: Famiglie con figli tra 0-3 anni

L’ultima analisi si è basata sulle linee guida OMS del 2020 per la fascia di età 0-3 anni, volte a migliorare lo sviluppo della prima infanzia, curandosi dunque che le famiglie che hanno partecipato all’analisi avessero la possibilità di accedere alle attività di apprendimento per i bimbi della fascia d’età 0-3. Che avessero ricevuto le giuste informazioni riguardanti il nutrimento e l’allattamento dei bambini.

Neonato che piange

Che i neonati ricevessero l’assistenza necessaria dai genitori o dai caregiver. Infine che le mamme potessero accedere a servizi di supporto psicosociale a tutela della salute mentale, se ne avessero avuto bisogno. I risultati sono stati positivi per quanto riguarda la prevenzione, e lo sviluppo emotivo e fisico dei piccoli.

La violenza sui bambini è un reato non un metodo educativo

In Italia  avere tra i propri metodi educativi la violenza sui minori per i quali l'adulto riveste un ruolo di autorità,  è un reato perseguibile dalla legge e si chiama "abuso di mezzi di correzione". E' punito dall'articolo 571 del Codice Penale e dall'articolo 572 nei casi di violenza reiterata, con la reclusione da 6 mesi a 20 anni.

Secondo il sito endcorporalpunishment.org, aggiornato al 2022, solo 65 Stati nel mondo vietano con delle leggi ad hoc le punizioni corporali sui bambini, in tutti gli ambiti, con Zambia e le Mauritius come ultimi due arrivati. Da ciò ne deriva che solo il 14% dei bambini nel mondo sono totalmente protetti dalla legge dalle violenze, il 76% di loro è protetto solo in alcuni contesti al di fuori delle mura domestiche e il 10% non ha leggi che lo tutelino dalle violenze.

Solo il 14% dei bambini nel mondo sono protetti totalmente dalla violenza dalla legge

C'è ancora un gran da fare, con l'obiettivo di eliminare la violenza sui minori da ogni contesto, e bisogna partire dalle mura domestiche: uno schiaffo, un pugno, uno spintone a nostro figlio, oltre a impattare sulla sua psiche, saranno atteggiamenti che lui metterà in atto fuori dalle mura domestiche e che non gli insegneranno nulla se non che, presi dalla rabbia, possiamo incutergli un gran timore.

In generale i risultati dello studio svolto da OMS  hanno dimostrato quanto per le famiglie sia necessario incontrarsi, parlare e esternare le proprie problematiche riguardo l’educazione dei figli. Adulti e adolescenti sono disposti a mettere in discussione le loro scelte e i loro atteggiamenti per il bene della serenità della famiglia, ma serve adoperarsi affinché tutti ne abbiano la possibilità. Occorre agire affinché vengano garantite a tutte le famiglie e a tutti i bambini servizi essenziali come la scuola, con un personale formato a sufficienza, la sanità, il cibo, il libero accesso a colloqui con specialisti e psicologi.

Aiutarsi

Soprattutto nelle zone di estrema povertà, di guerra o colpite da calamità naturali,  spesso chi usa la violenza lo fa solo perché non ha mai conosciuto alternative, nemmeno nell'educazione che gli è stata impartita. I risultati ci hanno dimostrato però, che queste persone una volta apprese metodologie educative fatte di ascolto e di amore, non vedono l'ora di metterle in atto.

Fonte
OMS
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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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