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4 Giugno 2023
10:00

L’ovodonazione: cos’è e come funziona e quali sono i limiti in Italia

L’ovodonazione è una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) di secondo livello, ossia una di quelle procedure alle quali ricorre chi non riesce o non può avere figli in maniera naturale. Prevede la presenza di due figure femminili, la donatrice di ovuli e la ricevente. In Italia l’ovodonazione è permessa dal 2014. Rimangono fuori i single e le coppie omosessuali, costretti ad andare all’estero per poter diventare genitori. Ne abbiamo parlato con la ginecologa Annalisa Racca.

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L’ovodonazione: cos’è e come funziona e quali sono i limiti in Italia
In collaborazione con Dott.ssa Annalisa Racca
Ginecologa esperta in PMA, Md,PhD
ovodonazione

L’ovodonazione è una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) di secondo livello che prevede la partecipazione di due donne, una donatrice di ovuli e una ricevente, la stessa che aspira a diventare mamma. Si parte con la stimolazione ovarica della donatrice, fino ad arrivare alla fecondazione in vitro a cui segue l’impianto dell’embrione nell’utero della ricevente.

Si chiama di una tecnica eterologa, perché, come abbiamo detto, oltre alla coppia ricevente è necessaria una donatrice esterna. In Italia è possibile accedervi grazie a una sentenza del 2014. La sentenza non ha, però, aperto le porte proprio a tutti: questo anche perché per accedervi è necessaria una diagnosi di infertilità di coppia, che mediamente necessita di 4 anni per arrivare.

Inoltre quello del dono è un punto centrale nel nostro Paese, dove la legge 40 del 2004, che norma tutte le tecniche di PMA in Italia, all’articolo 12 comma 6, sottolinea che pubblicizzare o realizzare la commercializzazione di gameti è illegale. Dare un compenso alla donatrice è infatti punito con una multa che va dai 600.000 € a un milione di euro.

La diagnosi di infertilità è drammatica, è inutile girarci attorno. Soprattutto perché non pensiamo mai alla possibilità di non riuscire ad avere figli, come fosse qualcosa che può accadere solo agli altri. Ma ad essere veramente drammatico è pensare che sia una legge a decidere se possiamo diventare genitori o no. Non certo perché non siamo pronti ad educare e dare amore, ma solo perché vorremmo diventare genitori da soli o con un compagno del nostro stesso sesso. Ma, per fortuna, nonostante le leggi rimangano indietro rispetto all’evoluzione della società, la medicina si rinnova di continuo e le pratiche di procreazione medicalmente assistita diventano sempre più efficaci.

Nonostante questo, un po’ la disinformazione, un po’ il vivere ancora l’infertilità come un tabù, costringe le coppie ad avvicinarsi in ritardo alle tecniche di PMA. Ci dice la dottoressa Annalisa Racca:

«Ho iniziato a spiegare in video questi temi perché ero frustrata dal numero di donne che arrivano da me tardi, causa la disinformazione. Quante volte ho dovuto dire che con un trattamento ben fatto a tempo debito, certe situazioni si sarebbero risolte».

Solo dal 2015, con la sentenza n.96, può sottoporsi a queste tecniche anche chi, seppur fertile, utilizzando il proprio ovulo, potrebbe trasmettere una malattia genetica al piccolo. Nonostante le continue modifiche che la legge 40 del 2004 ha subito, non è ancora una legge inclusiva, l’articolo 5 parla chiaro, rimangono fuori le famiglie monogenitoriali e omogenitoriali. A tal proposito la dottoressa Racca, attualmente direttrice scientifica di Medicina della Riproduzione all'Istituto Dexeus mujer a Barcellona ci dice:

«Ho studiato medicina in Italia ma poi ho fortemente voluto spostarmi all’estero, ho sempre trovato allucinante che esistessero delle limitazioni che decidono chi può diventare genitore e chi no».

Che cos’è l’ovodonazione e a chi si rivolge?

L’ovodonazione è la tecnica medica di PMA attraverso la quale una donna riceve degli ovociti da un’altra donna che decide in maniera anonima, spontanea e non a scopo di lucro, di donare le proprie cellule uovo.

Le donne che possono ricorrere all’ovodonazione per la legge italiana, sono sposate o convivono con un uomo, hanno una diagnosi di infertilità o sterilità, sono affette da malattie genetiche o sono portatrici sane delle stesse e rischierebbero dunque di trasmetterle al piccolo.

Soprattutto, sono donne che, visto l’obbligo di gradualità delle procedure di PMA in Italia, hanno già tentato tecniche di riproduzione di primo livello. Dunque è già stata fatta loro, senza risultati, una stimolazione ovarica.

ovodonazione

La legge specifica che la coppia che si sottopone a tecniche di PMA deve essere in età potenzialmente fertile, ma non dice nulla riguardo le limitazioni d’età. La dottoressa Annalisa Racca ci dice che lei sconsiglia caldamente di sottoporsi alla tecnica dopo aver compiuto 50 anni, per due ragioni:

«La prima motivazione è di carattere etico, mettere al mondo un figlio in età avanzata si traduce nella possibilità che il piccolo possa diventare orfano precocemente. Un’altra motivazione è legata alla sicurezza ostetrica, vi è un rischio notevole, andando in là con l’età, di trovarsi davanti a complicazioni troppo grosse».

I requisiti della donatrice

Le donne che decidono di donare i propri ovuli vengono sempre sottoposte a uno screening ematochimico (le comuni analisi del sangue) e devono avere alcune caratteristiche specifiche:

  • un’età compresa tra i 18 e i 34 anni
  • essere in ottima salute: non devono avere malattie genetiche, né di alcun tipo.
  • devono godere di un ottimo stato psicologico
  • si deve conoscere la loro anamnesi medica, è importante che neanche i loro familiari abbiano avuto malattie congenite o genetiche.
  • devono essere fertili e la loro ovulazione deve essere regolare
  • devono avere ovuli che hanno superato uno screening che ne confermi la fertilità.

Le caratteristiche sopra riportate sono necessarie a cercare di contrastare il più possibile la non riuscita della fecondazione, e quindi l’impatto psicologico che l’ennesimo fallimento di una maternità tanto cercata può portare con sé.

Ci sono poi delle linee guida per quanto riguarda le tecniche eterologhe: è possibile infatti scegliere una donatrice che abbia le caratteristiche fenotipiche simili a quelle della mamma che porta in grembo il piccolo. La dottoressa Annalisa Racca, specifica che prima di sottoporsi ad ovodonazione, la donna ricevente deve rispondere a un questionario che indaga le sue caratteristiche fisiche e la provenienza dei suoi genitori.

è possibile scegliere una donatrice che abbia le caratteristiche fenotipiche simili a quelle della mamma che porta in grembo il piccolo

Per facilitare l’inserimento del bambino nella famiglia, i medici tendono a scegliere caratteristiche fenotipiche della donatrice, quindi il colore degli occhi, della pelle e dei capelli, simili a quelle della mamma. Questo è fondamentale anche per la mamma perché, ci spiega la dottoressa, il dolore fisico è nullo per la ricevente, il vero dramma però può essere quello psicologico:

«È difficile per molte donne accettare che il DNA del proprio bambino non avrà nulla del proprio. Alcune pazienti vengono da me e mi dicono “Giurami che non c’è alcuna possibilità di avere un figlio dai miei ovuli”».

Se si affronta questo percorso in coppia è bene arrivare preparati, accettare che il nostro corpo ci ha imposto dei limiti, ma che la medicina può superarli con valide alternative. Se lo si affronta da soli è fondamentale raccontare le proprie perplessità a qualcuno, anche al medico curante.

ovodonazione

In ogni caso non è certo la somiglianza estetica a determinare il legame che si instaurerà tra genitore e bambino, il piccolo magari non avrà gli occhi del nostro colore ma imparerà a conoscere il mondo per come glielo mostriamo, avrà le nostre espressioni facciali e saprà dare amore nella misura in cui noi glielo daremo.

Come si svolge l’ovodonazione?

L’ovodonazione prevede diverse fasi:

  • la stimolazione ovarica della donatrice
  • il pick-up dei suoi ovuli
  • la fecondazione in vitro, che avviene quindi esternamente rispetto al corpo della mamma, con i gameti del suo compagno o quelli di un donatore
  • Nel frattempo avviene una sincronizzazione dei cicli della ricevente e donatrice (quindi il corpo della ricevente viene preparato per ricevere il transfer nel giorno giusto)
  • L’ultima fase è quella dell’impianto dell’embrione nella pancia della futura mamma

Si inizia con una serie di visite che determinano l’idoneità della donatrice, la quale viene sottoposta per 15 giorni ad un ciclo di stimolazione ovarica. Questo procedimento avviene tramite assunzione di ormoni, ed è necessario affinché più follicoli possibili maturino e si possano così prelevare più ovociti.

«Durante i 15 giorni la donatrice deve fare periodicamente esami del sangue ed ecografie, che consentono di valutare il livello di ormoni e di tenere monitorato lo stato dell’ovulazione». Specifica la ginecologa Annalisa Racca.

Quando è accertato che gli ovociti sono maturi, dunque almeno 3 follicoli hanno raggiunto un diametro di circa 17-18 mm, viene effettuata un'iniezione per indurre l'ovulazione multipla e viene fissata la data per prelevare gli ovociti, che cade circa 36 ore dopo l'induzione all'ovulazione.

Il giorno del pick-up ovocitario la donatrice, prima di sottoporsi all’operazione, deve essere a digiuno da almeno 6 ore, dovrà poi farsi riaccompagnare a casa, visto lo stato di sedazione al quale viene sottoposta.

durante il prelievo degli ovuli la paziente è in anestesia locale o sedazione profonda

Il prelievo può essere fatto per via transvaginale, tramite il collo dell’utero, o, più raramente, per via trans addominale, dunque passando dalla pancia. In entrambi i casi la paziente è in anestesia locale o sedazione profonda. Se opta per la prima modalità, il ginecologo, dovendo passare per il canale cervicale, si munisce di speculum, per tenere le pareti divaricate. In entrambe le casistiche lo specialista si fa guidare da un ecografo, nel quale inserisce l’ago di aspirazione, fino ad arrivare ai follicoli.

Quando li raggiunge aspira il contenuto di ciascuno, che è un liquido giallognolo, nel quale c’è l’ovocita. Il liquido viene esaminato al microscopio, così da poter isolare tutti gli ovociti.

ovodonazione

A questo punto, si proseguirà con la fecondazione, a seconda dello stato di ricezione dell’endometrio della mamma gestante. Se l’endometrio è pronto per l’impianto dell’embrione si procede con un’inseminazione a fresco, ossia l’ovulo viene immediatamente fecondato in vitro con il gamete maschile, al di fuori del corpo della mamma e viene inserito, una volta pronto, l’embrione. Nel caso in cui l’endometrio non fosse pronto, si crioconserveranno gli ovuli attendendo il momento migliore per l’impianto.

I rischi dell’ovodonazione

L’ovodonazione è leggermente più rischiosa per la donna donatrice, rispetto alla donna ricevente. La donatrice infatti potrà incorrere in un lieve aumento di peso, dovuto alla terapia ormonale, cambiamenti repentini d’umore o, solo in casi molto rari, in un'iperstimolazione ovarica.

Un’eccessiva produzione di ovuli potrebbe portare a una rottura dell’ovaio e dunque a gravi complicanze. Ma grazie ai continui monitoraggi, cui la donatrice deve essere sottoposta e alla professionalità di chi si occupa di queste operazioni, il rischio è davvero molto basso.

Altre problematiche possono essere legate ad eventuali infezioni, causate dall’inserimento dell’ago, o leggeri sanguinamenti, in ogni caso è tutto curabile tramite antibiotici.

Per quanto riguarda l’intervento, la dottoressa Annalisa Racca ci dice che: «La donatrice potrebbe avvertire una sensazione di fastidio al risveglio. Un po’ di dolore alla pancia e sensazione di gonfiore, perché bisogna tenere presente che ha affrontato un’ovulazione all’ennesima potenza».

Se la donatrice non desidera una gravidanza si deve astenere da rapporti sessuali non protetti durante l’intero ciclo di trattamento e a pochi giorni dalla conclusione

Proprio per questo motivo, se non desidera una gravidanza, è importante che la donna si astenga da rapporti sessuali non protetti durante l’intero ciclo di trattamento e a pochi giorni dalla conclusione. Potrebbe esserci, infatti, qualche ovocita non prelevato in circolo.

Per la donna ricevente il rischio maggiore consiste nella pre-eclampsia, patologia caratterizzata da pressione alta e un elevato numero di proteine nelle urine. Può portare alla nascita pre termine o di un bambino fortemente sottopeso.

Questa condizione è riconducibile all’età avanzata della donna che si sottopone all’ovodonazione, anche se talvolta le cause sono semplicemente genetiche. In riferimento al dolore dell’ impianto la ginecologa Annalisa Racca ci tranquillizza: «L’impianto embrionale è indolore, senza rischi e molto semplice».

L’ovodonazione in Italia

La procreazione medicalmente assistita, in tutte le sue forme è normata dalla legge 40 del 2004, nota per essere stata modificata in ogni suo punto sin dalla sua pubblicazione. Il testo originale della legge vietava la fecondazione di tipo eterologo, dunque anche l'ovodonazione.

Con la sentenza 162 del 2014 la legge è stata modificata ed è stata introdotta la possibilità di fare ricorso a gameti provenienti da donatori esterni alla coppia. Le continue modifiche non hanno comunque reso le pratiche di PMA alla portata di tutti. Vi possono accedere solamente le coppie eterosessuali, sposate o conviventi. Sono escluse dal testo di legge le famiglie monogenitoriali e omogenitoriali.

ovodonazione

Per accedere alle tecniche di PMA, inoltre è necessaria una diagnosi di infertilità e comprovata sterilità. Solo dal 2015 può accedere a queste tecniche anche chi rischierebbe di trasmettere al piccolo malattie genetiche.

Inoltre per tutte le tecniche di PMA va rispettata la gradualità degli interventi, quindi può sottoporsi all’ovodonazione solo una donna che abbia già provato a diventare madre tramite le tecniche di I livello, ossia la semplice stimolazione ovarica, senza ottenere risultati. stimolazione ovarica.

Tempi e costi dell’ovodonazione

L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di infertilità quando, dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti, la coppia non riesce ad avere un figlio. Per avere però una diagnosi di infertilità una coppia impiega in media 4 anni, spesso ce ne si rende conto molto in là con l’età.

Servono campagne informative, vista la lentezza delle diagnosi

La dottoressa Racca ci dice infatti: «Il messaggio più importante dal punto di vista medico deve essere la prevenzione, stiamo parlando di persone sane che vogliono diventare genitori, non si può arrivare a scoprire l’infertilità o le tecniche di PMA a 38 anni, servono campagne informative, vista la lentezza delle diagnosi».

Per quanto riguarda le tempistiche, il ciclo di ovodonazione per la donatrice dura circa 2 mesi, tra l’inizio delle visite e il prelievo degli ovociti. La stimolazione ovarica va dai 10 ai 15 giorni.

Per la ricevente che si vuole sottoporre a un impianto a fresco, quindi senza congelamento, il percorso dura circa 3 mesi, a seconda delle tempistiche della clinica di riferimento. Dopo l’impianto la donna sarà monitorata con ripetute ecografie per avere la sicurezza che tutto sia andato a buon fine.

Per quanto riguarda i costi, dipendono dalla modalità con la quale si decide o ci si può avvicinare all’ovodonazione. La dottoressa Annalisa Racca ci dice che secondo lei tra viaggio, vitto, alloggio e le prime ecografie, almeno 500 € vengono spesi. A questi soldi si aggiungono quelli della tecnica scelta per la fecondazione, questa cifra, secondo la dottoressa, varia in base al welfare del Paese.

In alcune cliniche private arriva a costare da un minimo di 4.000 € a un massimo di 9.000 €. In Italia privatamente in media può costare fino a 4.000 €. Altrimenti si paga semplicemente il ticket all’ospedale.

«Io ho un dolore a sapere che ci sono donne in alcuni Paesi, che non hanno le possibilità economiche per affrontare un percorso all’estero e non potranno diventare madri, nonostante lo desiderino, perchè hanno avuto la sfiga di avere affrontato una chemioterapia che ha bruciato loro la riserva ovarica o una menopausa precoce. Oppure perché la legge del loro Paese glielo impedisce» si rammarica la dottoressa Racca.

Probabilità di successo

Per conoscere le probabilità di successo dell’ovodonazione ci rifacciamo ai dati raccolti in Italia nel 2020, dall'Istituto Superiore di Sanità.

Nel 2020 in Italia è riuscita a diventare mamma il 24,03% delle donne che hanno provato a diventarlo tramite ovodonazione

Sono stati iniziati 7251 cicli con donazione di ovociti, le gravidanze iniziate sono state 2513, dunque la percentuale di riuscita della gravidanza è del 35%. I bambini nati sono stati 1743, dunque nel 2020 in Italia è riuscita a diventare mamma il 24,03% delle donne che hanno provato a diventarlo tramite ovodonazione.

donazione ovuli

La dottoressa Annalisa Racca ci parla di percentuali anche più alte, che vanno dal 50 al 75% a seconda delle cliniche di riferimento. Non è sempre detto che però anche se gli embrioni sono euploidi, quindi studiati geneticamente e perfetti per essere impiantati, la ricevente diventi mamma.

Uno studio sull’ovodonazione pubblicato a fine 2021 dimostra che pur impiantando una media di 3 embrioni euploidi nelle donne che fanno ricorso all’ovodonazione, un 5% di loro non riuscirà a diventare madre, per molteplici fattori. Nello studio sono elencati:

  • polipi
  • disfunzione tiroidea
  • esposizione al fumo di sigaretta
  • età
  • bassa riserva ovarica
  • bassa ricezione endometriale

A proposito delle possibilità di insucesso la ginecologa Racca dice:«Anche la medicina non ha risposte a tutto, gli esseri umani sono estremamente diversi tra loro, ci deve consolare pensare che le percentuali di insuccesso siano molto basse».

Le criticità

Due sono i grandi problemi della donazione di gameti in Italia. Il primo è una disparità di diritti e trattamenti. Il testo della sentenza della Corte Costituzionale del 2014 diceva:

La scelta di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche figli costituisce l’espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi. (Sentenza n. 162/2014)

Non sembrano libere di autodeterminarsi, però, le coppie omosessuali e i single, nonostante la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dica che tutti gli uomini nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. In Italia siamo ancora molto indietro, la PMA è normata da un testo di più di 15 anni fa, scardinato e ricomposto in ogni suo punto.

La società intanto si evolve, con lei il concetto di famiglia, eppure non a tutti è possibile scegliere di diventare genitori

La società intanto si evolve, con lei il concetto di famiglia, eppure non a tutti è possibile scegliere di diventare genitori. E pensare che non servirebbero troppi requisiti se non il desiderio di amare, di proteggere ed educare. Non possono essere l’infertilità, l’orientamento sessuale e tantomeno una legge a scegliere chi privare di questo diritto.

Il secondo problema è che mancano campagne di sensibilizzazione che invitino donne e uomini a donare i propri gameti gratuitamente. Basta pensare che la prima ragazza ad avere donato ovuli in Lombardia a fini altruistici, lo ha fatto nel 2021. Ma siamo davvero convinti che una donazione gratuita di ovuli sia possibile?

Il 98,3 % degli ovociti donati in Italia proviene dall’estero

«Non si può chiedere a una ragazza che a fini altruistici si sottoponga a due settimane di stimolazioni ovariche, durante le quali si deve presentare in clinica almeno 5 volte. Non è come donare lo sperma, la ragazza assume degli ormoni, si sottopone a una sedazione totale e a un intervento chirurgico. Non è realistico pensare che una donna faccia tutto questo, perché semplicemente vuole bene al mondo».

Commenta così la dottoressa Annalisa Racca, specificando che in Spagna una donna che dona i propri ovuli riceve 1200€ che non sono altro che un rimborso per le ore spese in clinica e, potendosi sottoporre un massimo di 6 volte, non può certo pensare di arricchirsi così. Non a caso i dati dell'Istituto Superiore di Sanità parlano chiaro, il 98,3 % degli ovociti donati in Italia proviene dall’estero. Questo dato è allarmante e rende evidente che le cose, per come stanno ora in Italia, non funzionano.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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