Una vita trascorsa a spendersi per gli altri quella di Luca Trapanese, per la semplice gioia di dare: si avvicina alla parrocchia da piccolissimo e inizia a fare volontariato, viaggia per il mondo, accompagna i malati, entra in seminario. Fino a che si innamora di un uomo, che stravolge la sua vita e con il quale convive per 15 anni.
Dentro di lui un desiderio matura giorno dopo giorno: vuole diventare papà. In un Paese che non spiana la strada ai single o alle coppie omogenitoriali Luca è costretto a studiarsi la, ormai antica e complessa, legge per le adozioni finché non si imbatte nell'articolo 44. I single possono adottare i bambini definiti "special needs", se non ci sono coppie disposte ad accoglierli nella loro famiglia. Capisce così che questa è la sua missione e dopo un iter burocratico durato 6 mesi arriva una telefonata dal Tribunale e Luca si precipita in ospedale. È appena nata Alba, una biondina con gli occhi grandi e la sindrome di Down, che la sua mamma ha scelto di dare in adozione.
Luca prende Alba in affido e poi l'adotta diventando anche legalmente, a tutti gli effetti, il suo papà. L'amore immenso per questa bambina gli dà nuova forza per spendersi ancora di più nel volontariato, e fonda una nuova realtà per assicurarsi e promuovere la corretta integrazione nella società dei ragazzi disabili. Nel 2022 scrive una lettera aperta a Giorgia Meloni, che scuote l'opinione pubblica, invitandola a casa a vedere come lui e la piccola Alba trascorrono le loro giornate, al posto di battersi solo a favore di una concezione "tradizionale" e antica di famiglia.
Oggi lui e Alba sono felici e sono ancora in attesa che la premier, dopo più di un anno, suoni al loro campanello.
Luca raccontaci la tua storia.
La mia storia non ha nulla di straordinario, è una storia come ne esistono tante altre. Dopo una relazione durata molti anni, sono tornato single, perché le cose belle finiscono e così anche l'amore si è spento.
Nel corso dei 15 anni passati con il mio compagno, è maturato dentro di me un forte desiderio di genitorialità e paternità, che non si è spento neanche una volta che sono rimasto solo. Ho pensato quindi di rivolgermi al Tribunale dei minori di Napoli per poter avere in affido un bambino.
L'affido è molto diverso dall'adozione, è temporaneo, dura un periodo che può essere breve o arrivare ad essere di 10 anni, o perfino sine die, io ho dato la disponibilità ad accogliere anche un bambino definito "special needs", quindi ormai grande, affetto da malattie o con un trascorso difficile. Questo perché capita che questi bimbi non riescano ad essere collocati tra le coppie che fanno richiesta per l'adozione e a mio avviso questa non è una colpa, ma un problema sociale. La disabilità nel nostro Paese è vista come un problema e non come un'opportunità. C'è un concetto di perfezione che appesantisce sempre la nostra vita nelle scelte, anche in quella di portare avanti una genitorialità con un figlio disabile ad esempio.
A 6 mesi dalla mia richiesta sono stato ricontattato dal Tribunale che mi ha detto che c'era una bambina, Alba, che non rientrava in questi casi perché era neonata, era stata abbandonata dalla mamma naturale alla nascita, ma non riusciva ad essere collocata, perché affetta dalla sindrome di Down.
Alba mi è stata affidata, nessuno mi ha detto che avrei potuto adottarla, per scoprirlo ho studiato, ho letto la legge sulle adozioni, complessa e vecchia perché risale al 1983, 40 anni fa. Al suo interno ho però trovato l'articolo 44 che dice che se un minore disabile non riesce ad essere collocato tra le coppie tradizionali, può essere adottato anche da un single se il single ne fa richiesta. Così è successo.
Torniamo un po' indietro. Come hai raccontato la tua omosessualità ai tuoi genitori?
Ho raccontato la mia omosessualità ai miei genitori quando mi sono innamorato davvero la prima volta. Frequentavo ancora il seminario ed ero in viaggio verso Lourdes con gli ammalati sul treno bianco, quando mi sono innamorato di un ragazzo che come me faceva il volontario. Ho lasciato il seminario e siamo andati a vivere insieme, io ho semplicemente raccontato del mio innamoramento ai miei genitori.
Loro hanno sempre messo davanti la mia felicità e la mia serenità, e anche in questo caso hanno fatto lo stesso. In generale nella mia famiglia la mia sessualità non è mai stata vissuta come una questione da affrontare, noi tutti siamo tante cose e ognuno di noi vive i propri rapporti nella maniera più serena e semplice possibile.
Hai sempre sentito dentro di te il desiderio di paternità?
Sì ho sempre desiderato diventare papà. Secondo me la genitorialità è una vocazione, che abbiamo per forza voluto incasellare in degli obblighi.
Così secondo il pensiero comune la donna deve per forza partorire, poi amare i figli, altrimenti che donna è? L'uomo deve andare a lavorare, portare i soldi a casa e vivere la paternità in maniera collaterale. Io invece credo che la genitorialità sia alla pari tra uomo e donna.
Nel 2017 è arrivata Alba nella tua vita. Cosa hai provato la prima volta che l’hai presa in braccio?
Ho provato gli stessi sentimenti di qualsiasi genitore che prende in braccio per la prima volta il suo bambino, niente di più e niente di meno, nessun sentimento straordinario.
Ho provato gioia, ansia, preoccupazione, felicità e mi sono sentito subito padre. È come se Alba l'avessi partorita io, sento forte un senso di appartenenza, dal primo giorno, anche se c'erano tanti punti interrogativi quando l'ho presa in braccio la prima volta. Alba legalmente non era mia figlia, non avevo la certezza di come sarebbe andato a finire l'iter adottivo, ma fin dal primo momento ho avuto la consapevolezza che saremmo rimasti per sempre l'uno nella vita dell'altro.
Ti va di raccontarci l’iter di adozione?
Il mio percorso, da papà single, è stato un po' diverso da quello che tradizionalmente fanno le coppie che si approcciano all'adozione. Per prima cosa ho seguito l'iter per ottenere l'idoneità all'affido, che consiste in una serie di colloqui con i servizi sociali, una relazione abitativa, una relazione psico-attitudinale e una relazione rispetto alla consapevolezza di diventare genitore affidatario, alla capacità economica e in ultimo della rete familiare.
Quando poi Alba è arrivata è iniziato l'iter dell'adozione speciale che consiste in una serie di incontri tra assistenti sociali e giudici, a cadenza fissa. Da questi incontri devono essere redatte almeno 3 relazioni positive. Io le ho ottenute, anche perché Alba era evidentemente felicissima. Così, grazie all'articolo 44 della legge sulle adozioni, ho potuto adottarla.
Il percorso è molto soggettivo, devi avere anche la fortuna incontrare assistenti sociali che non indaghino la tua vita sessuale e non trovino nulla di strano davanti al fatto che tu possa innamorarti di una persona del tuo stesso sesso. Io sono sempre stato sincero, ho sempre detto che nella vita mia e in quella di Alba sarebbe potuto entrare un altro papà e non una mamma. Ho avuto la fortuna di incontrare giudici che hanno capito che potevo essere una risorsa per questa bambina. Tanti non hanno questa fortuna. Tutto dipende dal caso quindi e non dalla giustizia.
Come è stato sentirsi chiamare papà per la prima volta?
É stata un'emozione unica, anche se dato che Alba quando era più piccola era proprio una mangiona, ho sempre avuto il dubbio che non dicesse papà ma invece pappa. Però è sempre stata un'emozione grandissima e penso lo sia per tutti coloro che vogliono essere genitori e sono consapevoli del loro ruolo.
Com’è essere un genitore single?
È pesante. Anche bello, perché l'affetto, i successi e le gioie di Alba sono tutte per me. Però è tutto su di me anche il peso delle decisioni, dei problemi, la fatica di conciliare lavoro, attività terapeutiche di Alba, le vacanze, i weekend. È bello ma mi capita di sentirmi solo.
Io cerco sempre di raccontare la bellezza e la fatica di essere solo con Alba. Oggi ho un nuovo compagno ma è il mio compagno, col tempo vedremo se diventerà un membro della famiglia, una persona con la quale condividere questa storia, per ora le scelte importanti della vita di Alba le prendo da solo.
Secondo te la disabilità di Alba viene accolta come una risorsa dalla società o come un limite?
La disabilità di Alba viene ancora concepita come un problema anche se c'è da dire che ormai la sindrome di Down è conosciuta, se ne parla online, nelle fiction, ovunque. Ma c'è ancora un lungo percorso da fare, le persone con sindrome di Down vengono spesso relegate alle stesse mansioni, ma possono essere molto altro oltre che camerieri, hanno grandi capacità, serve dare loro la possibilità.
Il problema sono gli altri, per esempio casa mia non è frequentata da così tanti bambini, nonostante io sia esposto mediaticamente e anche lei, ma c'è sempre una fatica nell'interagire con la disabilità. Nel nostro Paese non ci sono le risposte adeguate. È una fatica quando nasce un bambino disabile, perché sei sempre solo: quando la devi iscrivere a scuola, quando vuoi fargli fare una vacanza, perché alcuni campi estivi non accettano bambini disabili, quando pensi all'inserimento lavorativo, all'indipendenza.
Oggi anche se Alba ha solo 6 anni, non posso comunque fare a meno di pensare a quando io non ci sarò più. Lo Stato non garantisce a lei una qualità di vita alta o buona, c'è un vuoto enorme, servirebbe mettersi in moto e fare un percorso che non stiamo facendo.
Nel 2022 hai scritto una lettera pubblica a Giorgia Meloni, invitandola a casa vostra con sua figlia, per farle conoscere la vostra famiglia. Come è nata questa idea?
Io ho scritto a Giorgia Meloni per farle capire che la mia famiglia non è diversa dalla sua. I miei pensieri, le mie preoccupazioni e le mie gioie sono uguali alle sue se al centro ci sono i nostri figli. Questo è il tema, non si possono giudicare le famiglie per come sono, le possiamo valutare se al centro mettono o non mettono il benessere dei loro figli.
La risposta di Giorgia Meloni è stata una risposta politica, lei alla fine, nonostante avesse promesso di venirci a trovare, non è più venuta da noi, è ormai passato un anno, non si è più fatta sentire. Continua questa battaglia a favore della "famiglia tradizionale" e fa un danno irreparabile ai diritti di tutte le persone, in particolare dei bambini.
Cosa pensi dell’attuale situazione politica riguardo le famiglie omogenitoriali e monogenitoriali?
Strumentalizzare politicamente le questioni delle famiglie tradizionali rispetto alle altre, significa fare un danno alla società. Non esiste la famiglia tradizionale come la intendiamo, esistono le famiglie, tutte diverse che al centro hanno gioie, dolori, felicità e il nostro Paese deve pensare a questo nuovo modello di famiglie, non può basarsi su un modello antico e arcaico non più presente in nessuna famiglia italiana.
Ci sono rotture, divorzi, separazioni, ricongiungimenti, nuove relazioni, tanti orientamenti sessuali. Non possiamo pensare solo ad un tipo di famiglia, facciamo un danno a noi e ai nostri figli. Chi ci dice che nostro figlio un giorno sarà tradizionale come ce lo immaginiamo noi?