In una società iper-competitiva come quella moderna, dove la ricerca del benessere da mettere in bella mostra sui social spesso finisce per oscurare ogni altro aspetto del quotidiano, l’umiltà sembra una dote rara, quasi anacronistica per i tempi frenetici che stiamo vivendo.
Eppure, ancora oggi, educare i propri figli a una giusta dose di umiltà può contribuire a crescere adulti consapevoli delle proprie capacità e in grado di confrontarsi con il prossimo in modo equilibrato, dando sempre un’immagine positiva e gradevole di loro stessi. Ciò sarà d’aiuto sia nel mondo del lavoro, che nel mantenimento dei rapporti personali.
Essere umili, insomma, è ancora la strada migliore per arrivare al cuore delle persone.
Cos’è l’umiltà?
Per prima cosa è importante capire di cosa si sta parlando. L’umiltà, intesa come humilitas, è un concetto antichissimo, già presente come virtù nell’antica Roma e diventata un cardine del modello di valori occidentali dopo l’affermazione del Cristianesimo. Tale parola non solo indicava l’assenza di superbia (non a caso indicata come uno dei sette peccati capitali), ma incarnava alcuni comportamenti essenziali per la vita di un buon cristiano: la semplicità, la rinuncia alla vanità e la consapevolezza della propria natura limitata, con una conseguente sottomissione a qualcosa di più alto (Dio e l’autorità religiosa).
Nei secoli la società è la visione del mondo è mutata radicalmente, eppure ancora oggi l’umiltà – intesa come atteggiamento moderato nei confronti del prossimo, consapevolezza dei propri limiti e rinuncia alla prevaricazione – rappresenta un valore apprezzato e cui aspirare, a patto però che si tratti di un comportamento autentico: la falsa modestia, infatti, non piace proprio a nessuno!
Come spiegare l’umiltà ai bambini
Indipendentemente dalle proprie convinzioni etico-religiose, quello dell’umiltà può rivelarsi un insegnamento molto importante per la crescita di un bambino. Essere umili – nel senso più laico del termine – significa infatti riuscire a comprendere e accettare i propri limiti, coltivare il rispetto verso il prossimo e mantenere un comportamento equilibrato nei confronti di tutti, indipendentemente dallo status o dalle capacità individuali.
Trasmettere tale valore ad un figlio o una figlia, consentirà di posare importanti mattoni nella costruzione di un adulto empatico, risolto e ben disposto verso il mondo che lo circonderà.
L’importanza dell’esempio
Per aiutare i più piccoli in questo percorso, insegnanti ed educatori possono intraprendere molte strade educative differenti, ma l’esempio rimane la forma più efficace d’apprendimento e assimilazione di qualsiasi concetto.
Mostrarsi tolleranti nei confronti delle mancanze altrui (anche quelle dei propri figli), trattare con dignità chiunque senza badare ad eventuali differenze sociali, trattenersi dall’ostentazione di meriti o privilegi e normalizzare l’idea che nessuno nasce perfetto: sono tutti comportamenti che un bambino osserva e fa propri inconsapevolmente. Anche abituarsi a fermarsi, farsi un passo indietro e ammettere uno sbaglio di qualsiasi tipo rappresenta un grande insegnamento per i più piccini.
Insegnare a elaborare l’errore e il fallimento
Che sia un brutto voto scuola o una marachella, l’errore può diventare un utilissimo espediente di miglioramento. Tutti facciamo qualche tavolata, quindi non serve farne un dramma.
Demonizzare lo sbaglio e stigmatizzarlo con severità, infatti, non solo rischia di mortificare il bambino che lo commette, ma potrebbe implicitamente trasmettere l’idea secondo la quale chiunque cada in fallo meriti un giudizio fortemente negativo. Dare il giusto peso all’errore, invece, aiuta i bambini a conoscere e accettare i propri limiti, disinnescando così controproducenti ricerche di perfezione che possono complicare il rapporto verso il prossimo e, naturalmente, verso sé stessi.
Tutto questo ovviamente non si mette in pratica giustificando o soprassedendo a qualsiasi azione scorretta da parte del bambino, ma facendogli notare lo sbaglio senza eccessi, magari anche punendolo, ma sempre spiegando le motivazioni del rimprovero e spronandolo a fare meglio. In questo modo il ragazzo imparerà ad ammettere le proprie mancanze, domandare scusa e, qualora dovesse servire, chiedere aiuto senza vergognarsene.
Stesso atteggiamento ovviamente va riservato anche a chi ci sta intorno: se qualcuno fallisce un obiettivo, perde un gioco o va male in una verifica, non deve essere deriso o insultato, ma compreso e supportato perché la prossima volta possa andare meglio.
Viva la diversità
Gli arroganti sono convinti di essere sempre dalla parte del giusto e che, di conseguenza, chi agisca o pensi differentemente da loro, sia nel torto. La diversità invece è un valore in grado di arricchirci sempre, anche quando opinioni, posizioni o stili di vita appaiono inconciliabili.
È bene dunque incoraggiare i più giovani a non chiudersi al confronto con realtà diverse e, soprattutto, non giudicare chi si mostra diverso da loro. Come? Non sottraendoli a momenti di socialità con coetanei di differente cultura o estrazione sociale – toccare con mano la diversità è il modo migliore per accettarla senza sovrastrutture – e insegnano loro il valore della tolleranza: se qualcuno pensa o si comporta in modo diverso senza arrecare danno o obbligarci a imitarlo, perché dovremmo disprezzarlo?
Lavorare sull’autostima
Possedere autostima non è sinonimo di superbia o arroganza. Anzi, spesso sono proprio gli insicuri ad adottare atteggiamenti presuntuosi per mascherare le proprie fragilità. Un bambino che ha maturato consapevolezza delle proprie potenzialità, invece, sarà più sereno e disposto a riconoscere e affrontare i propri limiti.
Ben vengano quindi gli elogi davanti ai successi e i giusti, ma ponderati, rimproveri quando invece si combina qualcosa che non va. Insegnare l’umiltà ad un bambino è ben diverso dall’umiliarlo!
Come spiegare l’umiltà a scuola
Il micro-mondo di una classe scolastica, con le sue dinamiche interne e i primi rapporti con l’autorità (rappresentata dall’insegnante), diventa una palestra non solo per le competenze, ma anche per le attitudini comportamentali.
Come per i genitori, anche per i docenti lo strumento più potente per trasmettere l’importanza di un atteggiamento umile rimane l’esempio, ben più efficace di sterili discorsi e/o ramanzine che spesso scivolano addosso agli allievi come acqua piovana.
Per rafforzare il concetto poi, può rivelarsi utile presentare in classe storie tratte dalla letteratura o dal passato che raccontino come la virtù dell’umiltà possa rivelarsi la chiave vincente per superare le difficoltà della vita. Senza scomodare esempi biblici o religiosi, si potrebbe ad esempio ripercorrere la vita del Mahatma Gandhi o analizzare il comportamento dei personaggi positivi manzoniani (Fra Cristoforo, Lucia ecc…), autentici campioni di umiltà.