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9 Novembre 2023
9:00

Mamme e atlete: come la Maratona di New York supporta le madri che corrono dopo il parto

Lungo la Maratona di New York, che si è svolta lo scorso 5 novembre, sono state adibite per il secondo anno consecutivo delle postazioni per l’allattamento al seno destinate alle maratonete. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare per supportare le madri che tornano a gareggiare dopo una gravidanza.

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Mamme e atlete: come la Maratona di New York supporta le madri che corrono dopo il parto
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Postazioni di allattamento lungo il percorso, con tiralatte, sedie, acqua, prodotti igienici a disposizione delle neomamme che corrono, e il diritto a cancellare l’iscrizione in caso di gravidanza, aborto o parto ottenendo in automatico l’iscrizione alla maratona in una delle tre edizioni successive. Negli ultimi anni le più grandi maratone al mondo si stanno finalmente attrezzando per offrire dei servizi ai genitori maratoneti. L’obiettivo è evitare che le donne che hanno partorito da poco e che hanno affrontato le sfide della maternità e dell’allenamento rinuncino a tornare a gareggiare e a godersi l’adrenalina della corsa. Ne è un esempio la Maratona di New York, la “madre delle maratone”, che domenica 5 novembre ha predisposto, per il secondo anno consecutivo, delle stazioni di allattamento lungo il percorso di 42 km, dove le mamme corridori hanno potuto fermarsi per tirarsi il latte materno in modo sicuro e confortevole.

«Ci sono state davvero tante atlete che sono diventate madri e hanno continuato ad avere successo – ha dichiarato, come riporta il New York Times, Alysia Montaño, fondatrice di &Mother, un’associazione no profit che supporta le mamme nel mondo dello sport – . Ma per loro è stato dieci volte più difficile». Una di loro è la maratoneta keniota Hellen Obiri, 33 anni, vincitrice domenica a New York della prova femminile della maratona 2023 e mamma della piccola Tania, 7 anni.

L’associazione &Mother collabora dal 2022 con la Maratona di New York fornendo cinque tende destinate all’allattamento al seno per le maratonete (una alla partenza, una al traguardo e tre lungo il percorso, sulle miglia 8, 16 e 22), come era già successo alla maratona di Boston e alla mezza maratona di Orlando, e diversi servizi. La gara si è offerta di trasportare i tiralatte personali delle mamme corridori dall’area di partenza a Staten Island fino al punto di arrivo a Central Park e ha reso disponibili tiralatte igienizzati e confezionati singolarmente. In occasione della Maratona della Grande Mela l’associazione ha anche aperto una raccolta di beneficienza per «abbattere le barriere che limitano la scelta di una donna di perseguire e avere successo nella carriera e nella maternità».

In effetti, per una mamma che allatta correre per lunghe distanze è complicato sia psicologicamente (tante di loro lamentano di essere assalite dall'ansia e dalla paura di non riuscire ad arrivare al traguardo in tempo per allattare o tirare il latte) che fisicamente. Ad un certo punto – che sia al miglio 4, 8 o 20 – si avverte il seno gonfio e appesantito dal latte, e svuotarlo dona una sensazione di sollievo.

Avere a disposizione delle postazioni per l'allattamento al seno, quindi, è un notevole passo in avanti per Kellyn Taylor, fondista americana che, come ha rivelato al New York Times, 13 anni fa, poco dopo la nascita della figlia Kylyn, si era ritrovata a tirarsi il latte nel mezzo di un campo aperto durante una competizione. «Non c’era nessun altro posto dove farlo» ha spiegato. Domenica Kellyn è tornata in gara, partecipando alla maratona di New York, a distanza di dieci mesi dal parto del figlio Keagan.

Insieme a lei ha corso Molly Huddle, atleta di lunga distanza americana, ex detentrice del record americano nei 5.000 metri, 10.000 metri e mezza maratona, che ha raccontato al New York Times come la sua preparazione pre-gara sia cambiata da quando è diventata madre. Se un tempo la sua priorità erano il corretto apporto di energia prima della corsa e gli esercizi di allenamento, oggi, a 39 anni, con una figlia di 1 anno e mezzo, Josephine, ha tanti pensieri in più. «Se si vuole che le donne tornino in attività e abbiano successo nella loro carriera, nel mondo, questi spazi (le stazioni per l’allattamento e la cura del neonato, ndr) devono essere disponibili non solo nella gara di corsa ma ovunque» ha affermato Huddle, che come Taylor si sta preparando per le prove olimpiche degli Stati Uniti per la maratona, previste a febbraio.

La questione della tutela della maternità dei corridori è da anni reclamata da chi prende parte alle competizioni. Ad agosto il New York Road Runners (NYRR), l’associazione che organizza la Maratona di New York, ha aggiornato le regole relative alla cancellazione dell’iscrizione per le donne in gravidanza, le neomamme o coloro che hanno subito un aborto fino a 6 mesi prima dalla gara a cui sono iscritte, con l’obiettivo di diventare un’organizzazione «più diversificata, equa, inclusiva e socialmente responsabile». La maratona di Boston aveva già modificato la sua politica sulla gravidanza a gennaio, mentre la corsa di Londra nel 2022. Chicago e Berlino hanno politiche analoghe, perciò New York è stata l’ultima delle grandi maratone mondiali ad adeguarsi. «Le atlete incinte o post-parto – si legge nel regolamento – riceveranno un'iscrizione garantita e non gratuita a una delle tre gare successive del NYRR per le quali si erano originariamente iscritte».

Non tutte le atlete, tuttavia, vogliono o riescono a tornare a correre dopo la gravidanza. I tempi di recupero dopo la gravidanza dipendono dalla singola donna, dalla tipologia di parto affrontato, da eventuali problematiche al pavimento pelvico, da come il corpo risponde ai cambiamenti ormonali.

Le modifiche alla regolamentazione e la nascita di servizi a supporto della genitorialità testimoniano come il mondo dello sport abbia tiepidamente aperto gli occhi sulle difficoltà e sugli ostacoli incontrati dalle atlete donne, in quanto madri. La strada verso una piena inclusività, tuttavia, è ancora lunga. Forse più di quella di una maratona.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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