In Italia le madri lavoratrici guadagnano la metà delle donne senza figli. Il tutto, ovviamente, a parità di competenze ed età.
A dirlo è la relazione annuale 2022 di Banca d'Italia (o Bankitalia), il tradizionale appuntamento in cui l'istituto di vigilanza bancaria nazionale traccia un bilancio dell'anno appena trascorso e delinea strategie e obiettivi futuri sia per il sistema bancario che per il Paese.
Nel report infatti, tra resoconti economici e prospetti per le imprese, numerose voci riguardano le condizioni di famiglie e cittadini, con un focus particolare sulle madri impiegate in un lavoro dipendente.
Ebbene, dai dati riportati emerge come anche a quindici anni dalla nascita di un figlio la maternità comporti in media un netto divario salariale rispetto alle colleghe senza prole.
Le cause
I motivo di un simile gap? Principalmente la difficile conciliazione famiglia-lavoro, ma non solo…
Una mamma lavoratrice infatti è molto spesso obbligata a ricorrere a contratti part-time e a diminuire le ore lavorative per far fronte ai propri impegni familiari anche se, come sottolinea la stessa Bankitalia, «una lavoratrice a tempo parziale su due sarebbe disponibile a lavorare a tempo pieno».
Ciò finisce immancabilmente per influenzare in modo negativo le retribuzioni e le probabilità di abbandono dell’occupazione, tanto che le madri più inclini a lasciare il proprio impiego risultano essere proprio quelle che abitano nelle regioni dove servizi di cura per l’infanzia sono meno diffusi.
«L’offerta di servizi di cura per l’infanzia in Italia è limitata nel confronto internazionale, anche per una minore disponibilità di risorse pubbliche destinate in media a ciascun bambino in età prescolare (0-5 anni)» rileva il documento. Ma non si tratta certo di una novità.
A complicare ulteriormente la situazione per le madri lavoratrici ci pensa poi un gender gap che non accenna a diminuire (anzi, aumenta) per quanto riguarda la quantità di tempo da dedicare ai cosiddetti carichi di cura (badare ai bambini, andare a prenderli a scuola ecc…): nel 2022 si è calcolato che le mamme italiane ogni giorno impieghino in media almeno quattro ore in più degli uomini a badare ai propri bambini.
Non trascurabile infine la maggiore difficoltà che le madri riscontrano nel mantenere il proprio posto di lavoro negli anni immediatamente successivi alla nascita di un figlio, così come le minori prospettive di carriera.
«Stime relative al periodo 1990-2018 mostrano che in Italia la probabilità per le donne occupate di non avere più un impiego nei due anni successivi alla maternità è quasi doppia rispetto alle donne senza figli» si legge nel rapporto, e tale divario sembra persistere nel tempo.
Le conseguenze
Proseguire su questa strada rischia di costare caro non solo a migliaia di famiglie, ma allo stesso sistema Paese.
«La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un freno per le prospettive di crescita dell’economia italiana, soprattutto alla luce di tendenze demografiche particolarmente negative, che si stanno già riflettendo in un calo della popolazione in età da lavoro – constata lapidaria Bankitalia – l’Italia è tra i paesi al mondo con il più rapido processo di invecchiamento della popolazione, anche a causa di un tasso di fecondità estremamente ridotto (pari a 1,25 nel 2021, tra i più bassi della UE)».
Per scongiurare gli scenari più drammatici sarebbe necessario adoperarsi per portare la partecipazione lavorativa femminile in ogni classe di età al livello medio della UE. Solo questo, stando alle stime degli esperti, porterebbe a dimezzare il calo dei numeri di forza lavoro attiva
Per raggiungere questo obiettivo però occorrerebbe iniziare ad interessarsi seriamente delle vere soluzioni che permetterebbero alle donne d'impiegarsi e fare una carriera adeguata alle proprie competenze:
- congedi parentali finalmente paritari e di maggiore durata
- servizi per l'infanzia accessibili e ben distribuiti sul territorio
- politiche per favorire la presenza femminile nelle professioni meglio retribuite e nelle posizioni di vertice
- sistemi di tassazioni che non disincentivino la partecipazione delle donne al mercato del lavoro ma che garantiscano maggiore equità
Una musica già sentita, ma che evidentemente fatica ad entrare negli spartiti di chi potrebbe cambiare davvero le cose.