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19 Giugno 2023
9:00

Manovre ostetriche: quali sono e quando sono necessarie

Pur volendo rispettare e difendere la fisiologia dell'evento nascita può accadere che in sala parto siano necessarie delle manovre da parte del personale ostetrico per portare a termine il travaglio: andiamo a capirle meglio.

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Manovre ostetriche: quali sono e quando sono necessarie
Ostetrico
Manovre ostetriche

La sala parto è il tempio della fisiologia: nulla è più naturale, infatti, della nascita di un bambino. Se tuttavia l’obiettivo principale è proprio quello di garantire la spontaneità di questo evento magico non bisogna dimenticare che un altro grande fine è quello di salvaguardare la salute di mamma e bambino.

Può accadere, perciò, che il personale qualificato debba effettuare alcune manovre meno fisiologiche con l’obiettivo di accelerare un percorso nel quale si ravvisa qualche difficoltà.

Sono le manovre ostetriche e qui vi spieghiamo in cosa consistono e quando si rendono necessarie durante il parto.

Amniorexi o Amnioressi

Si tratta della rottura artificiale delle membrane amniotiche (quello che in gergo non tecnico chiamiamo “sacco” o “borsa” o, semplicemente “rottura delle acque”).

È una manovra indolore eseguita attraverso una semplice visita vaginale, per la quale però ci si avvale di uno strumento sterile, l’amniotomo, che ha una piccola punta ad uncino non pericolosa. Attraverso questo oggetto risulta più facile pizzicare le membrane per favorirne la rottura.

Perché farlo? I motivi possono essere vari. Può essere usata come tecnica per accelerare un travaglio un po’ statico perché si è visto come la rottura delle membrane liberi prostaglandine, ormoni responsabili delle contrazioni.

In altri casi, invece, l’ostetrica o il medico possono semplicemente avere la necessità di controllare il colore del liquido amniotico per ricevere rassicurazioni rispetto ad alcune situazioni cliniche.

Ventosa ostetrica

La ventosa ostetrica è un dispositivo che permette di agganciare (tramite la creazione del vuoto) con una coppetta la testa del bambino così che il medico possa fare forza tirando dall’esterno e aiutando l’uscita del neonato.

Si tratta di uno strumento che può diventare necessario quando il ginecologo o l’ostetrica si rendono conto che il feto è in difficoltà nell’affrontare l’ultima fase delle spinte e ha bisogno che il tutto finisca quanto prima.

Talvolta anche la mamma può arrivare in fondo al travaglio molto stanca e provata, con spinte meno efficaci che necessitano di un aiuto esterno.

Manovra di Kristeller

Si tratta di pressioni eseguite, da parte di personale qualificato, sul fondo dell’utero (quindi sulla pancia della mamma), in concomitanza con la contrazione, con l’obiettivo di favorire l’uscita del piccolo.

Sono manovre invasive e fastidiose e, anche per questo motivo, la letteratura scientifica le sconsiglia.

Ad oggi, quindi, si preferisce molto di più utilizzare la ventosa. Ma vale comunque la pena parlarne, essendo parte del ventaglio di possibilità a disposizione dei professionisti.

Episiotomia

È un taglio lungo qualche centimetro che viene eseguito dall’ostetrica (o dal medico) sul perineo.

Un tempo si credeva che effettuare questa manovra fosse un metodo per controllare e prevenire le lacerazioni maggiori. Oggi, invece, la letteratura ha ampiamente dimostrato come non solo non sia significativo ma, addirittura, che una lacerazione spontanea ripara con risultati migliori rispetto ad una provocata artificialmente.

Le indicazioni per l’episiotomia rimangono davvero poche: si esegue quasi esclusivamente quando c’è un forte stress del feto che necessita di ridurre i tempi di uscita.

Chiaramente, prima del taglio, viene eseguita una infiltrazione con anestetico in modo da non far sentire dolore.

Sutura delle lacerazioni del perineo

La riparazione delle lacerazioni perineali è una manovra sempre necessaria, a meno che non si tratti di piccole abrasioni non sanguinanti.

Dopo il parto, tuttavia, la madre è spesso stanca e anche questo aspetto diventa l’ennesima prova di pazienza: per prima cosa viene eseguita una infiltrazione con un anestetico locale e poi con ago e filo si riavvicinano i piani di tessuto che, con l’uscita del piccolo, possono aver subito qualche danno.

Analgesia epidurale

L’epidurale o peridurale è la nuova manna dal cielo per tante mamme che vivono la sala parto.

Si tratta di una forma analgesica che mira a iniettare farmaci anestetici nello spazio peridurale, senza raggiungere il midollo spinale. Questa procedura, a differenza di quanto accade per un taglio cesareo, permette alle pazienti di sperimentare una assenza o riduzione di dolore pur mantenendo la mobilità delle gambe e la conseguente possibilità di movimenti liberi.

L’autore di tutto, questa volta, è il medico anestesista e la procedura necessita di un consenso specifico non essendo, comunque, priva di rischi.

Esistono comunque delle valide alternative anche all’analgesia epidurale: sperimentare il travaglio/ parto in acqua, ad esempio, nelle strutture che lo permettono, può aiutare enormemente nella gestione del dolore. Allo stesso modo anche il protossido d’azoto, ove disponibile, è una forma inalatoria di analgesia dalla quale spesso si ricavano importanti benefici.

Infusione di ossitocina

Non di rado capita, in sala parto, che venga utilizzata l’ossitocina.

Questo ormone sintetico, copia esatta di quello naturale, permette di regolarizzare le contrazioni qualora il travaglio rallentasse nei tempi e ha inoltre un ruolo fondamentale nella prevenzione dell’emorragia del post partum.

Chiaramente l’infusione con l’ossitocina, visto che le contrazioni che ne conseguono sono associabili ad un dolore non fisiologico,  è associata anche ai benefici della partoanalgesia.

Tutto questo, ovviamente, è quanto può accadere in situazioni di relativa normalità. In caso di emergenza, invece, il comportamento del personale segue strade bene definite e protocollate.

Fonti mediche
Linee guida Parto Operativo Vaginale Linee guida induzione al travaglio di parto
Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Riccardo Federle
Ostetrico
Laureato in ostetricia nel 2013 con 110/110 e lode, dopo una specializzazione triennale dedicata alla medicina non convenzionale (2017) nel 2020 ho conseguito un master in “Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” e uno in “Medical Humanities”. Nel 2023 ho terminato un master in “Management per le funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie”. Ostetrico e referente rischio clinico presso l’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda, sono socio fondatore e presidente dell’associazione di divulgazione scientifica “La Lampada delle Scienze”. Mi occupo inoltre di progetti scolastici e consulenze aziendali.
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