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3 Aprile 2024
12:30

Metodo Estivill per addormentare i bambini: perché è da evitare

Il metodo Estivill - che prende il nome dal suo autore, il pediatra Eduard Estivill - consiste nel lasciar addormentare il bambino da solo nella sua stanza, ignorandone il pianto per un determinato numero di minuti. Diverse associazioni di pediatri lo sconsigliano e lo ritengono un approccio privo di validità scientifica.

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Metodo Estivill per addormentare i bambini: perché è da evitare
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Chi ha sperimentato la frustrante esperienza di avere un figlio piccolo che si rifiuta categoricamente di dormire, sarà sicuramente incappato nel cosiddetto “metodo Estivill”. Quando le occhiaie sotto agli occhi diventano del colore delle melanzane e la tripla dose di caffè mattutina non è più in grado di ricaricare le energie, si tende comprensibilmente ad accettare e tentare qualsiasi soluzione venga proposta, purché il piccolo si abbandoni a Morfeo. Purtroppo però il rischio è di ricorrere a metodi inutili, fallimentari, controproducenti o addirittura dannosi per il figlio (e per il genitore).

Ne è un esempio il metodo Estivill, illustrato – e in seguito ridimensionato – dal pediatra spagnolo Eduard Estivill Sancho (da cui deriva il nome del procedimento), insieme a Sylvia de Béjar, nel libro “Fate la nanna. Il semplice metodo che vi insegna a risolvere per sempre l’insonnia del vostro bambino”, pubblicato nel 1996 in Spagna e tre anni più tardi in Italia. Il metodo Estivill – come il metodo Ferber, ritenuto più soft – consiste nel lasciare il piccolo addormentarsi da solo nella sua stanza, senza intervenire in caso di pianto. Se il pianto prosegue per più di un numero preciso di minuti (nel volume si consiglia di partire con 3 minuti di pianto libero, aumentandoli gradualmente nel corso delle serate) il genitore entrerà nella stanza per tranquillizzare il figlio, senza tuttavia prenderlo in braccio.

Negli anni diverse associazioni di pediatri si sono dissociati dal rituale di sonno, giudicandolo inappropriato e non supportato da evidenze scientifiche.

Cos’è il metodo Estivill

Il metodo Estivill si fonda sul concetto di estinzione graduale del pianto: in sostanza, il bambino si addormenta per sfinimento. È stato ideato dal pediatra spagnolo Eduard Estivill Sancho e, dopo la sua pubblicazione nel 1996, ha riscosso uno straordinario successo a livello nazionale e internazionale. Dopotutto, Estivill nel libro promette un’efficacia della tecnica al 98% in appena sette giorni.

Il metodo prevede delle fasi per abituare il piccolo ad addormentarsi, come in un qualsiasi rituale del sonno:

  1. Costruzione di un’immagine favorevole: i genitori rendono la stanza del piccolo un ambiente confortevole e accogliente, ad esempio posizionando un pupazzo nel lettino e una giostrino sopra alla culla e lasciandogli il ciuccio (se lo utilizza)
  2. Routine serale: prima di dormire, a un orario specifico, si inizia la routine, che prevede ad esempio un bagno caldo, un gioco insieme, la lettura di una fiabaSaluto: i genitori lasciano il piccolo nel suo letto ed escono dalla stanza (evitando il room-sharing)
  3. Attesa durante il pianto libero: anche se il figlio piange disperatamente, i genitori rimangono fuori dalla porta. Estivill ha creato un tabella con delle indicazioni orarie relative ai minuti da attendere prima di tornare nella camera del figlio in caso di pianto. Si inizia con 3 minuti di attesa, range temporale aumentato di sera in sera (i 3 minuti diventano 5, 10, 15…)
  4. Conforto senza contatto: allo scoccare dei minuti previsti, i genitori rientrano nella stanza e tranquillizzano il figlio con la loro presenza e con la loro voce senza tuttavia prenderlo in braccio.Sonno: il piccolo si addormenta per esaurimento e sfinimento.

Perché non è consigliato

Sono diversi i dubbi e le perplessità sollevati dalla pratica di addormentamento promossa da Estivill, il quale sull’onda del successo di “Fate la nanna” nel 2005 ha pubblicato un secondo libro, riproponendo lo stesso metodo applicato alla cucina per insegnare al piccolo a mangiare.

Sulla questione è intervenuta l’Associazione Culturale Pediatri (ACP) nel 2006, dichiarando, in risposta alla rivista Uppa, che «quello proposto da Estivill è un metodo che non trova un consenso universale tra i medici che si occupano del sonno dei bambini. Non esistono infatti studi su tali trattamenti che ci confortino sulla loro reale efficacia a lungo termine».

Lo stesso pediatra nel 2012, quindi a sedici anni dalla pubblicazione di “Fate la nanna”, ha parzialmente rinnegato le sue precedenti convinzioni, dichiarando in una lunga intervista rilasciata alla rivista spagnola “El Paìs che il suo metodo era destinato a bambini più grandi e che i consigli contenuti nel suo libro si rivolgevano ai «bambini a partire dai 3 anni che soffrivano della cosiddetta insonnia infantile per abitudini scorrette». Tra l’altro nel volume è assente la bibliografia, con le relative fonti scientifiche, e non è stato pubblicato uno studio scientifico sull’applicazione del metodo Estivill.

Oggi l’Associazione Americana di Pediatria (AAP) suggerisce di praticare il room-sharing con i neonati, cioè di lasciare il piccolo dormire nella stanza (non nello stesso letto!) dei genitori, all’interno della sua culla, per almeno i primi 6 mesi di vita, idealmente fino al primo anno di età. La condivisione del sonno nella camera da letto è ritenuta una pratica positiva perché favorisce il bonding, cioè il legame con il neonato, attenua l’ansia da separazione che colpisce il neonato quando svegliandosi si ritrova da solo e, soprattutto, riduce il rischio di SIDS, o morte in culla.

Il metodo Estivill, tuttavia, non è stato inventato da zero dai due autori spagnoli. Si inserisce nel trattamento cognitivo comportamentale chiamato “estinzione graduale”, che punta a estinguere comportamenti giudicati non desiderabili. Ad oggi tuttavia sono tanti gli studiosi che diffidano dall’estinzione graduale come metodo per addormentare i figli.

Nella fattispecie, l’Australian Association for Infant Mental Health (AAIMH) ha preso le distanze dalla pratica, sottolineando l’importanze dell’attaccamento, del contatto e del conforto con il figlio e manifestando invece la preoccupazione che «la tecnica ampiamente praticata del pianto controllato non sia coerente con i bisogni dei neonati e dei bambini piccoli per una salute emotiva e psicologica ottimale e possa avere conseguenze negativi non intenzionali». Il pianto disperato prolungato e lo stress peraltro influiscono negativamente sui più piccoli.

Le alternative

Allora, come abituare il bambino a dormire da solo, evitando che dopo cena insceni le più drammatiche tragedie greche pregando i genitori di non costringerlo a chiudere occhio?

Premesso che l’AAP fino ai 6 mesi consiglia di tenere il figlio nella culla vicino al letto dei genitori, quindi condividendo la stanza, esistono una serie di suggerimenti per stimolare l’abitudine del sonno, anche se – è bene sottolinearlo – una strategia “magica” e valida per chiunque non è stata ancora inventata.

Vediamo i consigli più comuni:

  • Creare una routine della nanna (bagno caldo, favola, canzoncina, coccole nel suo letto)
  • Rilassare il bambino prima di dormire
  • Evitare di esporlo a dispositivi digitali, di agitarlo e sovrastimolarlo prima del sonno
  • Evitare gli zuccheri a cena
  • Puntare sul contatto e sull’ascolto del piccolo
Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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