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20 Ottobre 2023
18:00

Metodo Ramzi: cos’è e perché non è affidabile

Secondo Saad Ramzi Ismail il sesso del bambino può essere scoperto con un’ecografia già alla sesta settimana di gravidanza, tuttavia la teoria del "metodo Ramzi" è priva di basi scientifiche.

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Metodo Ramzi: cos’è e perché non è affidabile
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Il metodo Ramzi è una teoria priva di validità scientifica secondo cui il sesso del neonato è  visibile già alla prima ecografia, intorno alla sesta settimana di gravidanza. Il nome della teoria, “Ramzi”, deriva dal dott. Saad Ramzi Ismail, il promotore della “scoperta”, che tuttavia non è mai stata pubblicata in una rivista sottoposta a revisione scientifica. La rivelazione del sesso del feto nella pancia è uno dei momenti più attesi dai genitori, un evento carico di emozioni che avviene tramite ecografia morfologica, effettuata nel secondo trimestre, tra la 19esima e la 21esima settimana di gravidanza.

Cos’è il metodo Ramzi

Il metodo Ramzi si è diffuso a partire dal 2011, in seguito alla pubblicazione di un articolo sulla previsione del sesso del nascituro che attribuisce a un esperto, chiamato dott. Saad Ramzi Ismail, la paternità della teoria. Secondo lo scienziato (che non è un medico ma un ricercatore che ha conseguito un dottorato in sanità pubblica e un master in ecografie mediche), il sesso del feto è determinabile già alla sesta settimana di gravidanza grazie alla posizione della placenta visibile durante la prima ecografia:

  • Se la placenta si sviluppa sul lato sinistro dell’utero, il sesso del feto è femminile
  • Se la placenta è a destra, il nascituro sarà un maschio

Non esistono, tuttavia, prove scientifiche a supporto della tesi di Ramzi, perciò la comunità scientifica non lo reputa un metodo affidabile.

L’impianto della placenta infatti non si nota solo sul lato destro o sinistro dell’utero: a volte si trova nella zona anteriore o posteriore. L’articolo del dott. Ramzi, tra l’altro, è stato rimosso dal sito che lo aveva pubblicato, e al suo posto si legge: «sfortunatamente il metodo di Ramzi non è stato confermato in nessun ulteriore studio».

Il metodo Ramzi non solo non è stato suffragato da uno studio, ma è stato smentito da una ricerca australiana pubblicata sulla rivista “Ultrasound in Obstetrics & Gynecology”, che  ha studiato 277 gravidanze rilevando la posizione della placenta nel primo trimestre e il sesso dei piccoli. I ricercatori hanno dichiarato inesistente la «relazione tra la posizione della placenta e il sesso del feto».

Quando si scopre il sesso del bambino

Il sesso del feto si scopre con certezza con l’ecografia ostetrica morfologica, a patto che la posizione del piccolo nel grembo lo permetta e che la mamma voglia saperlo. La morfologica è un esame non invasivo che si esegue di routine nel secondo trimestre, tra le 19 e le 21 settimane di gravidanza.

A volte il sesso del feto è rilevabile già alla prima ecografia, anche se occorre attendere la morfologica per essere certi del risultato.

Lo stesso studio australiano citato in precedenza, se da un lato ha smentito la teoria di Ramzi, dall’altro conferma che la valutazione precoce del tubercolo genitale eseguibile già nel primo trimestre di gravidanza ha una capacità di previsione del sesso fetale dell'85%.

Attualmente, comunque, la modalità più sicura per conoscere in anticipo (quindi prima della morfologica) il sesso del bambino in grembo è il test prenatale non invasivo (NIPT), che utilizza il sangue della gestante per formulare un’ipotesi attendibile sul sesso del feto. La procedura, che analizza senza rischi campioni di Dna del feto isolato da un prelievo di sangue periferico della madre, viene eseguita a partire dalle 9 settimane di gravidanza e ha un alto tasso di precisione.  Il NIPT, tra l’altro, è in grado di rilevare con un’ottima percentuale di accuratezza anche le principali trisomie.

L’ecografia effettuata nel secondo trimestre offre più certezze, nonostante esistano rari casi di errore.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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