Tutto. Deve toccare tutto. Pure se entriamo in un negozio di materiale elettrico, di detersivi, di roba grigia, beige e a forma di parallelepipedo.
"Amore, ti porto con me, ma non devi toccare NULLA". "Sì, mamma".
Tre secondi, non di più.
Nel film Alla ricerca di Nemo, il padre intima al figlio di non toccare il motoscafo. Il pesciolino guarda il papà dritto negli occhi e, con aria di sfida, fa ovviamente quanto gli è stato proibito. Ecco, io non penso che i bambini ci sfidino a prescindere, è più una compulsione, qualcosa che deve far parte del codice comportamentale del bambino. Sì, insomma, lo fa da contratto.
Non so se avete presente il detto "dove ha gli occhi, là ha le mani": loro conoscono il mondo così, toccandolo. Bisognerebbe appendere il cartello "Vietato conoscere il mondo in questo negozio", al posto di "È vietato toccare la merce esposta".
Poi dipende molto anche dai commessi, certo. Ci sono quelli più comprensivi e quelli che ti fulminano con lo sguardo. Esiste poi anche la categoria di quelli che se la prendono direttamente coi bambini, eh. Non so, magari un piccolo trauma collegato al rimprovero di un estraneo aiuta…
Non ha alcuna importanza ciò che si spiega al bambino, l'esempio che si dà: in un negozio, dovrà toccare ogni cosa. Ma ve li ricordate, i tempi della pandemia? Lì i dipendenti dei negozi ci guardavano depressi perché avrebbero dovuto sterilizzare ogni cosa toccata.
Una volta riuscii a non far toccare nulla fin quasi alle casse, ed ero così entusiasta da contagiare mia figlia, che lanciò la borraccia con un gridolino delizioso sfiorando una signora serissima e dall'aspetto severissimo. Tutto sommato, a incidente scampato, avrei comunque preferito una toccatina piuttosto che l'attentato alla salute dell'arcigna cliente.
È incredibile la quantità di cose che attirano l'attenzione di un bambino: sicuramente, finché è nel passeggino, si possono dribblare cose particolarmente attraenti o costose. Ma quando iniziano a camminare, è la fine. L'unica cosa sensata, se si vogliono evitare commenti sull'idoneità genitoriale e sull'educazione impartita, è non portare i piccoli tastatori con sé. Ma come si fa, se non si ha scelta?
Non è che un po' abbiamo dimenticato come era essere piccoli? Quando mi sono trovata dall'altra parte della barricata, intervenni con tutto il garbo possibile solo quando un concentratissimo bambino iniziò a smantellare un espositore per allineare sul pavimento gli oggetti presi. Nella sua testa stavano meglio lì, per terra, in una lunga fila. Doveva trattarsi dell'ordine interiore innato di cui parla Montessori, non lo so. Spero di non aver frustrato un futuro architetto arredatore d'interni, che studierà il modo per organizzare gli spazi espositivi a misura di bambino a causa di quella commessa che gli chiese (in maniera naturalmente adorabile) di recuperare le cose dal pavimento.