Michele Coletta ed Esteban Jimenez sono due papà uniti civilmente dal 2016, quando in Italia la legge Cirinnà, per la quale si sono a lungo battuti, glielo ha permesso. La gioia più grande per la loro famiglia, però, è arrivata una notte di 5 anni prima, quando tra gli schiamazzi e la commozione generale sono nati i loro due bambini.
Due gemelli che ormai si avvicinano all’adolescenza, Gabriel e Davide, ma che dal primo giorno li hanno messi davanti al compito più complesso: cercare di essere dei buoni genitori.
Ma essere due papà significa festeggiare per due la festa del papà? Per Michele ed Esteban non è così. Per loro il 19 marzo e tutti i giorni è la festa della famiglia, che non prevede poesie o lavoretti per una figura che esiste, ma non è presente in tutte le famiglie, piuttosto attivismo e battaglie, affinché genitori e figli siano tutti ugualmente tutelati dalla legge. Per questo loro si sono battuti a lungo, Michele (sui social captainm_official) è stato vicepresidente dell'associazione Famiglie Arcobaleno e ora fa attivismo attraverso la musica. Il linguaggio universale di questa arte gli permette di raccontare la sua famiglia, la sua storia d’amore, la discriminazione e l’accettazione, cantando insieme al suo piccolo Gabriel.
Ma l’attivismo più grande lo mettono in pratica tutti i giorni i loro figli, in maniera semplice, raccontando ai curiosi coetanei la loro famiglia e le sue dinamiche uguali a quelle di tutte le altre. La speranza è che proprio da loro, gli adulti del domani, nasca una società più inclusiva e aperta a tutti i tipi di amore.
La storia di Michele ed Esteban
Michele ed Esteban si sono visti per la prima volta tra le luci al neon di una discoteca e mai avrebbero potuto immaginare che molti anni dopo sarebbero stati papà di due bellissimi bimbi. La loro storia d’amore è una come tante, lo scambio dei numeri di telefono in un locale, la prima uscita, il romanticismo dei primi momenti, la consapevolezza che stavano costruendo qualcosa di importante.
Ma a tutto questo hanno sempre dovuto sommare le lotte per ottenere i diritti fondamentali per la loro famiglia. «Proprio nel 2016 abbiamo iniziato a pensare che avremmo potuto sigillare il nostro amore sposandoci in California – ci dice Esteban – poi è arrivata la legge Cirinnà, per la quale ci siamo tanto battuti e abbiamo potuto unirci civilmente in Italia».
Il sogno della genitorialità
La famiglia di Esteban e Michele ha iniziato a formarsi molto tempo prima della loro unione civile, quando i due si sono interrogati per la prima volta sulla possibilità di diventare genitori: «Ho sempre sognato di diventare papà, e con Esteban è stato chiaro fin dai primi momenti che c’erano le basi per costruire una famiglia, ma devo ammettere che quando ho preso coscienza della mia omosessualità ho pensato per qualche tempo che questo mio sogno sarebbe sempre stato irrealizzabile», spiega Michele.
I due si sono informati, decidere di diventare genitori è stata una scelta pensata e programmata che ha coinvolto fin dal primo momento tante persone, rendendo così la loro famiglia allargata.
Il desiderio di genitorialità così forte e il percorso per diventarlo, complesso e fatto ancora di molti diritti mancanti nel nostro Paese, li ha riempiti di responsabilità nei confronti dei loro bambini e di domande: «Prima che nascessero i nostri figli ci siamo fatti tantissime domande, sapevamo di essere due papà e che non sarebbe stato facilissimo per la società accettarlo. Poi sono nati e i problemi in realtà sono diventati quelli di tutte le famiglie: sapremo cambiare il pannolino? Staranno mangiando abbastanza? Sapremo essere dei buoni genitori?» spiega Michele.
Molti interrogativi spesso rimangono senza risposta, ma questo è proprio del ruolo di genitore. Essere papà per loro è dedizione, amore ma soprattutto agire cercando di fare sempre la cosa giusta. «A volte non sappiamo con certezza se è il momento per lasciare che i bimbi si muovano da soli, se la mano che gli stiamo tendendo è quella di cui loro hanno bisogno. Noi cerchiamo di agire in modo che i nostri figli, una volta cresciuti, possano essere consapevoli che i loro genitori ce l’hanno messa tutta per crescerli al meglio, anche sbagliando» dice Esteban.
Come è la vita con due bambini di 11 anni?
Ora i ragazzi fanno la quinta elementare e le loro giornate pienissime riempiono anche quelle dei loro papà. La sveglia suona alle 6.30 e per buttarli giù dal letto servirebbe un megafono: «La mattina è una corsa continua, mi sembra di avere il cronometro in mano, è tutto uno “sbrighiamoci”. Una mattina sono stanchi, quella dopo non vogliono andare a scuola, quella dopo ancora pensano che lo spazzolino sia un microfono e si fermano a cantare una mezz'ora» ci dice ridendo Esteban.
Come per tutte le famiglie, appena i bimbi sono sullo scuolabus e i loro papà sanno che arriveranno in tempo per le lezioni, possono tirare un sospiro di sollievo, e subito dopo ricominciare a correre tra il lavoro, la spesa, la cena da cucinare, lo sport e i compiti. «Arriviamo alle 21.30 che non ne possiamo più, con la speranza di essere sempre in salute ed energici perché il giorno dopo si riparte, stanchi ma felicissimi» spiega Michele.
Ai due bimbi, che tra le mura domestiche vivono come qualsiasi altra famiglia, di tanto in tanto è stata posta qualche domanda sui loro papà, ma il segreto, ci hanno spiegato Michele ed Esteban, è essere sempre sinceri: «La realtà familiare di una famiglia arcobaleno è vincente dal momento in cui fin dall’inizio ci sono chiarezza ed estrema verità. I nostri figli sanno come sono nati, conoscono da quando hanno 3 anni Danielle, la ragazza che li ha portati in grembo per 9 mesi, con la quale manteniamo ottimi rapporti».
I due piccoli si sono sempre confrontati con compagni curiosi e comprensivi, sostenuti da genitori in gamba, perché il vero problema, dicono Esteban e Michele è proprio questo, i loro figli sanno tutto e lo spiegano con gioia, ma non sempre per età o background culturale un compagno di classe è capace di recepire l’informazione, qualcuno ha solo bisogno di più tempo.
In una famiglia con due papà la festa del papà si festeggia due volte?
«Noi ci approcciamo alla festa del papà in un modo diverso, non celebrando solo il papà, ma festeggiando la famiglia». Michele ed Esteban non festeggiano non certo perché non riconoscano l’importanza della figura paterna, per la quale sperano in una genitorialità più libera, lontana dagli appellativi di mammo, superpapà o babysitter. Ma sanno bene che la festa della mamma e del papà, ad oggi, non sempre prende in considerazione tutte le realtà. Le famiglie italiane sono variegate, subiscono decessi, separazioni, ricomposizioni, a volte fare a tutti i costi un lavoretto per il papà, può essere molto doloroso.
Per questo è meglio festeggiare la famiglia, comunque sia composta, ma in che modo? Per esempio sperando che a tutti i bambini venga garantita la continuità affettiva. Per quanto tra le mura di casa i loro figli Gabriel e Davide sappiano benissimo chi sono i loro genitori, le loro colonne portanti, davanti alla legge vivono una enorme dicotomia.
«Per le famiglie arcobaleno c’è un immenso vuoto legislativo, anche dopo la legge Cirinnà, la mancanza di un matrimonio egualitario e del riconoscimento di due genitori dello stesso sesso si traducono nell’assenza di tutela per i minori. Nella pratica e nel quotidiano poi si sta bene, sembra funzionare tutto, come in qualsiasi famiglia, ma in caso di una qualsiasi tragedia o di un problema di salute, non essendoci riconoscimento familiare i bimbi non sarebbero per nulla tutelati» spiega Esteban.
Il concetto principale che dovrebbe stare a cuore a tutti è che voler dare gli stessi diritti di cui molte famiglie già godono a tutte le altre famiglie, non significa togliere i diritti a qualcuno, ma vuol dire aumentarli per tutti. Esteban conclude dicendoci: «È la prima formula matematica che abbiamo insegnato ai nostri bimbi, amore più amore può solo dare più amore ancora» e se lo comprendono i bambini, possono impararlo tutti.