Nel Lazio è nata la prima bambina concepita da ovuli congelati di una donna che si era sottoposta al trattamento per preservare la propria fertilità prima di affrontare un tumore.
Teatro di questo momento storico è stato l'ospedale Sandro Pertini di Roma dove da qualche anno è stato istituita la Banca regionale degli ovociti per pazienti oncologiche, un centro di oncofertilità rivolto proprio alle donne di età inferiore a 38 anni che vengono colpite da tumore e non vogliono precludersi la possibilità di avere un figlio una volta terminate le cure.
Un desiderio per la prima volta nel nostro Paese è diventato realtà.
La neo-mamma aveva infatti scelto di congelare i propri ovociti – la cellula riproduttiva femminile – circa quattro anni fa, poco dopo essere venuta a conoscenza di un cancro al seno che avrebbe richiesto ripetuti trattamenti di chemio e radio-terapia.
Simili cure avrebbero probabilmente compromesso o comunque danneggiato la sua capacità riproduttiva e il prelievo degli ovuli le avrebbe concesso la chance di diventare madre una volta superato il periodo più duro.
Così, quando la situazione si era stabilizzata la situazione e i medici avevano accertato le condizioni per poter sostenere la gravidanza, la donna si è potuta sottoporre alla fecondazione in vitro ICSI, una tipologia di procreazione medicalmente assistita che ha permesso d'iniettare uno spermatozoo del partner direttamente nell'ovocita scongelato.
«È un segnale di speranza per le giovani donne affette da patologie oncologiche – ha commentato Rocco Rago, del dipartimento Malattie di genere della Asl Roma 2 – ora, anche nel Lazio, le donne potranno esaudire il loro desiderio di maternità, dopo essersi sottoposte alle cure necessarie ma insidiose per la loro fertilità».
Questa storia potrebbe forse accendere i riflettori su una pratica, quella del congelamento delle cellule riproduttive (sia femminili, che maschili), a cui pochissimi italiani fanno ricorso – circa un migliaio secondo il Registro nazionale della procreazione medicalmente assistita dell’Istituto superiore di sanità – ma che in casi come quello appena raccontato potrebbero offrire una nuova prospettiva a chi vorrebbe diventare genitore ma per i motivi più disparati si trova costretto a rimandare la decisione di avere un figlio.
Un'opzione preziosa, soprattutto in un Paese le cui le culle risultano sempre più vuote.