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1 Marzo 2023
12:00

Oggi è la Giornata internazionale contro le discriminazioni: su Wamily vogliamo contrastarle tutte

Oggi 1 marzo è la Giornata internazionale contro le discriminazioni: il tema è imparare ad accogliere smettendo di dare vita a leggi che rendano crimini quelli che dovrebbero essere i diritti delle persone. E proprio oggi nasce Wamily, una realtà dedicata alle famiglie che è essa stessa famiglia, contro ogni forma di discriminazione e disparità tra tutte le famiglie.

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Oggi è la Giornata internazionale contro le discriminazioni: su Wamily vogliamo contrastarle tutte
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Il 1 marzo 2014 per la prima volta il mondo festeggiava la Giornata internazionale contro le discriminazioni. La ricorrenza è stata introdotta per iniziativa di Michel Sidibè, direttore esecutivo di UNAIDS, il programma delle Nazioni Unite sull’AIDS e l’HIV. Non è un caso che a volere fortemente questa giornata sia stato un uomo così coinvolto nell’informazione e nella sensibilizzazione su un tema come l’AIDS.

Sidibè, in occasione del primo Zero Discrimination Day, disse che l’obiettivo delle campagne di sensibilizzazione che negli anni aveva condotto ed ora della creazione di una giornata ad hoc su un tema come la discriminazione, dovesse rendere chiaro che il diritto alla salute e alla dignità appartengono a tutti. Elemento cardine anche della nostra Costituzione, all’articolo 3:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. (Costituzione italiana)

Il simbolo di questa Giornata è una farfalla, poiché è l'animale che più di tutti muta nel corso della sua vita, lavorando duramente su se stesso, con tutte le sue forze, per trasformarsi da bruco a un essere meraviglioso e leggero che vola al di sopra di ogni cosa.

Zero discrimination day 2023

Ogni anno l'associazione UNAIDS, propone un tema nuovo per la giornata. Per il primo marzo 2023, in continuità con il 2022, (quando il tema era stato Remove laws that harm, create laws that empower , ossia "Eliminare le leggi che danneggiano, a favore di leggi che rafforzino"), propone una nuova sfida: Save lives: Decriminalize. Il messaggio che vuole mandare UNAIDS è che per salvare vite e convivere civilmente su questo Pianeta bisogna impegnarsi in modo che le leggi si svecchino e tutte le persone si sentano accolte.

Quest'anno il tema della giornata contro le discriminazioni è: "Save lives:decriminalize"

In Italia è impossibile per legge per una coppia omosessuale avere un figlio attraverso tecniche di PMA, e anche quando le coppie si recano all'estero per i trattamenti medici, in Italia quel bambino non potrà avere due genitori legalmente riconosciuti. La legge impone inoltre che una coppia omosessuale non possa neanche adottare. Sempre per legge è illegale la GPA, gestazione per altri (anche quella etica e sicura, sia per la gestante sia per il bambino), che consentirebbe anche a due papà di diventare genitori. La Procreazione Medicalmente Assistita, normata da una legge che negli anni è stata modificata in ogni suo punto, è concessa solo a coppie eterosessuali e dopo una diagnosi di infertilità che spesso impiega anche anni per arrivare.

Zero discrimination day farfalle

Ogni volta che esiste un divieto normato dalla legge, infrangerlo è un reato. Con orgoglio rivendichiamo la data di oggi per il lancio editoriale del nostro magazine e ci chiediamo: come può essere illegale desiderare una famiglia?

Quando la discriminazione è reato?

Il termine discriminazione ha in realtà un’accezione neutra per la lingua italiana, infatti indica la capacità del nostro cervello di comprendere una realtà complessa capendo come è composta e confrontandone tutte le sue parti. Col tempo però il significato del termine si è macchiato di una connotazione negativa, poiché indica la differenziazione fra parti che dovrebbero essere uguali.

Discriminare significa compiere dei gesti d’odio che hanno come obiettivo quello di non accettare un'altra persona per delle sue caratteristiche che la differenziano da noi. Questo è alla base di quello che giuridicamente chiamiamo “il crimine d’odio”. Secondo la definizione dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti Umani dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), è un’azione che è a tutti gli effetti un reato ma soprattutto che ha come movente un pregiudizio.

Quando le vittime pensano sia giusto essere discriminate

Uno dei fenomeni più legati agli atti discriminatori, messo in atto da parte delle vittime o dai testimoni di atti discriminatori è l'under-reporting, ossia la mancata denuncia davanti a un crimine d’odio o a una qualsiasi forma di discriminazione.

Questo accade per svariate motivi:

  • La vittima non si rende conto che l’aggressione è motivata da pregiudizio, si mette in discussione, si sente in colpa
  • La vittima ha paura di compromettere la propria privacy. Se dice che si sente discriminata per una sua caratteristica che non tutti conoscono, è costretta a metterla in piazza e ricevere quindi anche eventuali commenti negativi
  • A volte la vittima è convinta che sia giusto per lei ricevere commenti di odio, insulti, magari anche subire azioni violente, perché sente addirittura che il suo essere discriminato è socialmente accettato

Per contrastare il fenomeno dell’under-reporting e essere di supporto alle vittime di discriminazioni, è nato in Italia nel 2010 dal Dipartimento di pubblica sicurezza l’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti di Discriminazione (OSCAD). L’osservatorio si occupa di raccogliere tutte le segnalazioni di crimini d’odio.

A volte la vittima è convinta che sia giusto per lei ricevere commenti di odio

La piattaforma fornisce supporto a tutte le persone che sono vittime di reati a sfondo discriminatorio, attiva interventi mirati informando la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri. Ovviamente una segnalazione non sostituisce una denuncia ma è un primo modo per chiedere aiuto. I dati che l'Oscad raccoglie ogni anno sono fondamentali per avere idea di quante persone chiedano aiuto e supporto poiché discriminate.

Chi sono le vittime della discriminazione

Il report fornito dall’Oscad con i dati raccolti da agosto 2021 a luglio 2022, ha visto 314 segnalazioni, delle quali 19 relative a insulti provenienti dal web. 121 persone hanno denunciato discorsi o gesti d’odio razzisti contro di loro, 83 sul loro credo religioso, 34 sulla loro disabilità (in aumento rispetto all’anno precedente), 67 sul loro orientamento sessuale e 9 sulla loro identità di genere.

discriminazione

Ma i reati d’odio divampano online, con le piaghe dei nostri giorni: l’hate speech e il cyberbullismo. Due fenomeni difficilissimi da contrastare poiché le informazioni che girano online sono facilmente ricondivisibili e molti utenti si celano dietro falso nome. Inoltre i social danno vita a camere di risonanza per le quali il pensiero di un utente viene poi appoggiato da tutti gli utenti della sua cerchia, che non rappresentano di certo il mondo, ma vengono trovati tramite algoritmi che vogliono favorire l’unione tra pensieri simili.

I commenti sul web inerenti etnia, diritti di genere, orientamento sessuale, sono per la maggior parte negativi

L’analisi  “Il barometro dell’odio” promossa da Amnesty International svolta tra settembre e ottobre 2021 ha preso in esame 6 milioni tra commenti e post apparsi su Facebook o Twitter a proposito di temi caldi. Ha catalogato i contenuti in base al tema, l’accezione, la presenza di problematicità, il grado di problematicità, la tipologia di bersaglio, l’ambito. Ne è venuto fuori che sul web, post e commenti che trattano di tematiche legate ai migranti, alla cittadinanza, all’etnia registrano tra il 76.5% e il 95.1% di commenti negativi. Seguono i contenuti riguardanti la figura della donna e ai diritti di genere con il 60.9% di commenti negativi, dei quali il 26.5% risulta essere particolarmente problematico. Quasi a pari merito con i commenti negativi rivolti alla comunità Lgbtq+ con il 60.3% di commenti negativi. Ultima la disabilità, che comunque registra un 29.5% di commenti negativi nei 6 milioni di contenuti analizzati.

Anche un’indagine svolta tra gli studenti degli istituti italiani dal Ministero dell’Istruzione ha dimostrato che le cose non sono tanto diverse neanche tra i giovani studenti. Il  22.3% dei 311.500 studenti intervistati è vittima di bullismo, di questi il 22.3% a causa del pregiudizio. La percentuale maggiore è dei ragazzi discriminati per il loro background etnico, seguono discriminazioni di tipo omofobico e in ultimo insulti per la disabilità.

Non smettiamo di combattere le discriminazioni

Non dobbiamo guardare ai dati e alle percentuali come a semplici numeri scritti sulla carta ma immaginarceli come persone con una vita, un volto, una storia, una famiglia. La giornata di oggi contro le discriminazioni, deve essere un monito al nostro uso del linguaggio e all’incredibile velocità con la quale si espande l’odio. Pensare che ci siano persone che non denunciano la propria condizione di vittime per atti discriminatori perché alcune frasi, sfottò o parole cariche d’odio per loro sono diventate la normalità è spaventoso. Educhiamoci oggi più che mai a comprendere che le differenze sono un punto di forza, che sensibilizzarsi su tematiche che non ci riguardano direttamente apre la mente e ci permette di essere molto più attenti.

discriminazione combattere

Infatti è utile chiedersi come mai il mondo oggi abbia bisogno di una giornata per dire basta a tutte le forme d’odio e ascoltare le voci di tutte quelle persone che quotidianamente convivono con insulti di qualsiasi tipo a causa della loro provenienza, delle loro fattezze, del loro credo o del loro orientamento sessuale, può allenare tutti ad un uso corretto delle parole. Solo quando si conosce una realtà, quando si comprende cosa significa fare i conti tutti i giorni con sguardi indiscreti e la paura di alzare la testa e dire la propria ci si rende conto di essere privilegiati e in quanto tali si può e si deve dare parola a chi non ne ha.

Questa è anche la mission di Wamily, che non poteva trovare un giorno migliore per vedere il suo primo sole. Wamily è una realtà che parla alle famiglie e che è essa stessa una famiglia, e in famiglia i panni sporchi si lavano nella speranza che una volta puliti, possano portare fuori pensieri più puliti. Oggi e sempre dobbiamo agire nella consapevolezza che nel mondo interconnesso in cui viviamo, nessuna tematica è davvero distante da noi e cercando di essere esempi di lotta alle discriminazioni, in modo che i nostri bambini siano adulti migliori di noi.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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