Dopo mesi di dubbi, ricorsi e appelli alla Corte Suprema, il Tribunale di Padova ha dichiarato inammissibili i provvedimenti adottati dalla Procura patavina per richiedere retroattivamente la cancellazione del nome della seconda madre dagli atti di nascita di 33 bambini nati da famiglie omogenitoriali.
Si tratta della svolta definitiva di un percorso lungo e complesso iniziato lo scorso giugno, quando i procuratori di Padova recepirono una circolare del Ministero dell'Interno che chiedeva di non legittimare più il riconoscimento dei figli di due mamme in virtù di una sentenza del dicembre 2022 che aveva annullato la paternità di un genitore che era ricorso alla matrnità surrogata all'estero.
Il caso, decisamente spinoso, aveva violentemente scosso la comunità LGTBQIA+, sia perché alcuni dei bambini coinvolti dal provvedimento di Padova avevano già raggiunto una certa età (alcuni bimbi hanno già compiuto i sei danni) sia perché l'esempio era stato seguito, seppur con minor rigore, anche dalle procure di altre città.
Una prima, piccola sorpresa era in realtà già arrivata a novembre, quando la stessa Procura padovana aveva in parte smorzato la portata della propria azione rivolgendosi alla Corte Costituzionale per ottenere un parere di legittimità. Con questa mossa, la procuratrice aggiunta Maria D’Arpa aveva di fatto certificato un vuoto normativo che avrebbe potuto ledere i diritti fondamentali dei minori e, di conseguenza, delle loro famiglie.
In attesa che la politica faccia il proprio dovere però, grazie alla decisione del Tribunale oggi i minori che per mesi sono stati al centro di una bufera di dubbi e incertezze potranno mantenere i cognomi di entrambi le mamme e avere pieno riconoscimento dei propri diritti senza dover ricorrere all'adozione in casi particolari, quella famosa stepchild adoption che finora ha rappresentato l'unico "appiglio" delle coppie omogenitoriali per ufficializzare la costituzione della propria famiglia attraverso l'adozione dei loro stessi figli.