Un papà di Perugia è stato licenziato perché nel 2022 ha preso 3 giorni di congedo parentale. L’uomo ha agito per vie legali e ora dovrà riavere il suo posto di lavoro e ottenere un risarcimento pari a 13 mensilità e ai contributi.
Il padre è stato fotografato da un investigatore privato che l’azienda per cui lavorava ha ingaggiato per verificare che cosa facesse durante i giorni di congedo di paternità. Visti gli scatti, l’azienda ha contestato al dipendente il fatto che durante quei 3 giorni di novembre non si fosse davvero dedicato alla figlia, dal momento che dalle immagini raccolte è risultato che dopo averla portata all’asilo nido si fermava al bar a fare colazione, tornava a casa e prima di andarla a riprendere a fare la spesa.
Insomma per i suoi datori di lavoro, se durante il giorno poteva stare in casa tutte quelle ore, senza la figlia, allora poteva andare al lavoro perché non stava utilizzando al meglio il congedo parentale.
L’azienda a dicembre dello stesso anno ha fatto arrivare all’operaio una contestazione disciplinare per presunto abuso dei giorni di congedo parentale. L’uomo ha subito agito tramite avvocati, dal momento che questa assurda nota aziendale ledeva ogni suo diritto di padre e lavoratore. La sentenza emanata in questi giorni obbliga l’azienda al reintegro dell’operaio sul posto di lavoro e a un risarcimento pari a 13 mensilità e contributi persi in questo anno. Se il lavoratore non vorrà più essere inserito in azienda avrà diritto ad altre 15 mensilità.
Il Giudice Giampaolo Cervelli della sezione Lavoro del Tribunale civile di Perugia ha ribadito il concetto che il congedo parentale permette ai genitori la cura dei figli, che consiste anche nel rassettare la casa, fare la spesa, preparare da mangiare, portare i figli a scuola in modo da dividersi equamente nella coppia le attività necessarie alla crescita e al sostentamento dei figli.
In Italia il congedo parentale è un sistema di sostegno alle famiglie, che permette di astenersi dal lavoro per un massimo di 10 mesi, fruibili quando se ne ha necessità entro i 12 anni del figlio. La somma dei mesi di astensione dal lavoro può essere ripartita tra i due genitori, in modo che al massimo si astengano per 6 mesi dal lavoro.
Il lavoratore di Perugia, in particolare, poteva ancora godere dei 6 mesi ed è quindi risultato al suo legale molto strano che il datore di lavoro ingaggiasse un investigatore privato dopo la fruizione di appena 3 giorni di congedo. Senza contare che la le contestazioni mosse al lavoratore non sussistono, dal momento che il congedo parentale non lo obbliga a rimanere chiuso in casa con la figlia o a dover stare con lei per prendersene cura.
È importante ricordare sempre, anche se a volte la società ci induce a pensare il contrario, che maternità, paternità e annessi permessi sono ben diversi dalla malattia. Un lavoratore che per suo diritto sta fruendo del congedo parentale può uscire di casa e fare tutte le attività quotidiane che gli permettono di curarsi del figlio e vivere la propria vita, a meno che qualcuno ancora pensi che per essere genitori sia necessario annullarsi.