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29 Maggio 2023
14:00

Partorisce la figlia dopo 16 mesi dalla morte del marito grazie alla Pma

È accaduto a Londra, dove una donna di 38 anni, Jasdip Sumal, ha dato alla luce la seconda figlia a più di un anno dalla scomparsa del marito Aman grazie alla fecondazione in vitro. «So che Aman non sarà mai dimenticato, - racconta la vedova - ma questo ci permette di avere un altro ricordo di lui».

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Partorisce la figlia dopo 16 mesi dalla morte del marito grazie alla Pma
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Un amore che valica i confini invisibili della morte. Jasdip Sumal, donna di origini indiane di 38 anni residente a Londra ha partorito la seconda figlia a più di un anno dalla scomparsa del marito grazie alla fecondazione in vitro. L’uomo, Aman Sumal, era deceduto nel dicembre 2021, all’età di 36 anni, a causa di un tumore al cervello, dopo cicli di chemioterapia e radioterapia intensiva che si erano rivelati inefficaci. Dopo la sua morte, Jasdip, di professione analista di dati, non ha rinunciato a coronare il sogno suo e di Aman di avere un secondo figlio. Attraverso la tecnica medica di procreazione assistita, è rimasta incinta e, a 16 mesi di distanza dalla perdita del consorte, ha dato alla luce la figlia Amandeep. La piccola è nata lo scorso 9 aprile, nella domenica di Pasqua, una settimana di prima di quello che sarebbe stato il 38esimo compleanno dell’amato Aman.

«Ho una famiglia magnifica alle spalle e ho avuto supporto per tutto il tempo. – racconta Jasdip, come riporta il Mirror – Non avrei potuto farcela senza di loro, le mie cognate mi accompagnavano ai vari appuntamenti ed erano anche le mie colleghe di lavoro, quindi non avevo la preoccupazione di essere sola».

I sospetti della malattia erano iniziati nell’estate 2020, quando Aman aveva subìto il primo attacco epilettico. Cinque mesi dopo, una risonanza magnetica aveva messo in luce aree di preoccupazione e l’uomo era stato sottoposto a un intervento chirurgico. La biopsia rivelò che si trattava di un tumore cerebrale aggressivo, al quarto stadio, con una prognosi breve di 12-18 mesi.

Nonostante il dolore straziante per la perdita, Jasdip, da vedova, si è convinta a portare avanti il sogno di una seconda gravidanza e nell’agosto 2022, a otto mesi dalla morte di Aman, è rimasta incinta. Il concepimento è avvenuto grazie alla tecnica di fecondazione assistita di secondo livello, la Fivet, che prevede il prelievo degli ovociti femminili e la fecondazione in vitro con gli spertozoi maschili, isolati dallo sperma precedentemente eiaculato. Anche il primo figlio della coppia, Rajan, era stato concepito tramite la tecnica di Pma, una pratica nata nel Regno Unito che vanta ottimi risultati. «Aman era al settimo cielo per la nascita di Rajan, ma diceva spesso: “Adesso che ho un piccolo come me, sarebbe bello avere anche una piccola come te”. – ha continuato la donna – È una vera disgrazia che non potrà mai incontrarla».

Il nome della neonata, Amandeep, è ispirato a quelli del padre e della madre. «Ho sempre saputo che l’avrei chiamata Aman perché nella nostra religione è un nome per entrambi i sessi, – spiega Jasdip – ma alla fine ho deciso di combinare parti dei nostri nomi. Ho scritto il mio in modo diverso ma la pronuncia è la stessa».

Jasdip e la sua famiglia hanno sostenuto la ricerca sui tumori cerebrali fin dalla diagnosi di Aman e continuano a sensibilizzare e raccogliere fondi per l’ente di beneficenza Brain Tumour Research. Secondo quest'ultimo, solo nel Regno Unito sono 16.000 le persone a cui ogni anno viene diagnosticato un tumore al cervello e solo il 12% dei malati sopravvive oltre i cinque anni, rispetto a una media del 54% tra tutti i tumori. «Vogliamo fare tutto il possibile per aiutare gli altri in onore di Aman, – conclude Jasdip – è quello che avrebbe voluto lui ed è tutto ciò che possiamo fare ora per tenerlo in vita».

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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