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23 Ottobre 2023
9:00

Patologia delle cure: cosa sono incuria, discuria e ipercura

Il compito primario di un genitore è prendersi cura dei propri figli. A volte, però, quella cura può trasformarsi in patologica, divenendo inadeguata e impedendo il corretto sviluppo psicofisico dei minori. Quando le cure genitoriali possono definirsi “malate”? Perché è così importante prestarvi la giusta attenzione?

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Patologia delle cure: cosa sono incuria, discuria e ipercura
Giurista, Mediatrice Familiare e Criminologa Clinica
Patologia delle cure: cosa sono incuria, discuria e ipercura

Secondo l’OMS un bambino su due, nel mondo, è vittima di violenza e più del 90% dei casi di abuso su minore avviene all’interno del nucleo familiare. Nonostante l’allarmante frequenza degli abusi intrafamiliari, si tende però a minimizzare il fenomeno o negarne spesso l’esistenza.

Questo avviene sia per questioni culturali, legate al fatto che la genitorialità viene intesa come una questione privata da attuarsi secondo modalità ritenute personali e insindacabili; sia perché la maggior parte degli eventi avviene all’interno “delle mura domestiche” e difficilmente vengono riportati all’esterno, soprattutto dagli stessi bambini che faticano a comprenderne la gravità.

Una forma violenta o inadeguata di “cura” parentale viene infatti percepita, dal bambino, come “normale” nella misura in cui ha conosciuto solo i confini abusanti delle relazioni familiari. Questa condizione di privatezza e invisibilità degli abusi domestici viene agevolata dalla scarsa attenzione prestata al fenomeno da soggetti terzi, soprattutto coloro che avrebbero la possibilità (se non addirittura l’obbligo legale) di intervenire in tutela del minore.

Invisibilità della violenza domestica sui minori

La scarsa capacità di identificare e segnalare la violenza da parte degli adulti di riferimento (ad esempio quelli preposti alla cura e tutela dei minori come medici, insegnanti, neuropsichiatri, pediatri, infermieri, psicologi o altri parenti) non è tanto frutto di disinteresse quanto più di scarsa informazione e formazione in materia.

Un deficit imputabile, soprattutto, al contesto socioculturale relativo al concetto di famiglia, che disincentiva le persone a “giudicare” e indagare l’operato di un genitore.

Molto spesso le violenze avvengono entro le mura domestiche del contesto familiare

Le azioni che si svolgono all’interno di un nucleo familiare vengono percepite dall’esterno come personali, private, frutto di scelte educative insindacabili, spinte spesso “dall’amore di mamma e papà, che vogliono sempre e solo il bene per i propri figli”.

Si arriva, addirittura, a ritenere i minori come un’estensione del genitore, una proprietà sulla quale esercitare la famigerata (e da tempo rottamata) potestà genitoriale, con frasi e considerazioni quali “ognuno con i figli fa quello che ritiene opportuno”.

Da tempo i bambini, invece, sono considerati a livello giuridico non più come oggetti sui quali rivendicare dei diritti, quanto più soggetti di diritto verso i quali si ha il solo dovere di esercitare al meglio la responsabilità genitoriale. Individui a sé, finalmente, degni di tutela anche da parte di terzi che assumono un obbligo morale (se non spesso giuridico) di segnalare eventuali ipotesi di maltrattatamento.

Forme di violenza su minore

Se l’illiceità di comportamenti fisicamente molto violenti (come percosse gravi o stupri) risulta più indubbia, esiste una difficoltà oggettiva a identificare l’abuso quando si tratti di osservare condotte più subdole (come la violenza verbale o psicologica) o una forma di cura genitoriale inadeguata (come nel caso di incuria, ipercura e discuria).

A fronte del fatto che spesso i bambini non sono in grado di portare testimonianza delle violenze subite, come si può pensare di prestar loro pronta tutela se gli adulti di riferimento non sono in grado nemmeno di identificare le forme di maltrattamento? Come si può pensare che siano in grado di agire tempestivamente, se la violenza viene ancora così spesso confusa con la “potestà genitoriale”?

Quando si parla di maltrattamenti sui bambini, infatti, vengono richiamate alla mente solo due modalità specifiche: la violenza fisica e quella sessuale.

Violenza figli

Due tipologie estreme, molto gravi, della cui illiceità nessuno oserebbe dubitare. I bambini non si picchiano con violenza e non vanno stuprati. Due dogmi semplici, che anche le persone più scettiche non potranno che fare propri e che possono provocare “segni” molto specifici ai quali gli adulti prestano particolare attenzione: lividi, bruciature, improvvisi cambiamenti comportamdntali, escoriazioni, lacerazioni, fratture, ricoveri o frequenti accessi al pronto soccorso.

Ma la violenza su minore non si manifesta unicamente con azioni eclatanti e ben visibili. Può realizzarsi, molto più frequentemente, attraverso forme di abuso più sottili come la violenza assistita, psicologica, verbale o sessuale senza necessariamente un contatto fisico.

Tra le forme di abuso intrafamiliare più subdole rientrano, poi, quelle facenti parte della c.d. “patologia delle cure genitoriali”.  Le cure diventano patologiche ogni qualvolta diventino carenti (incuria), eccessive (ipercura) o altresì incoerenti con lo stadio di sviluppo psicofisico del bambino coinvolto (discuria).

Cos'è la patologie delle cure

La patologia delle cure è una delle forme di abuso domestico più comune ma, soprattutto, più avallato dalle persone che vivono attorno alla famiglia, addirittura da quelle che rivestono un ruolo di garanzia nei confronti del minore (e avrebbero quindi l’obbligo giuridico di segnalarle).

Come mai? Tendenzialmente si pensa che non sia possibile o corretto “giudicare da fuori” l’operato di un genitore. Che alla fine “ognuno fa del suo meglio” ma che, soprattutto, “ogni genitore abbia il diritto di decidere cosa sia meglio per il proprio figlio”.

Ecco quindi che i segni (e i segnali) delle cure genitoriali patologiche non vengono sottostimati unicamente dai genitori che le esercitano, ma dagli stessi professionisti del settore che dovrebbero supervisionarle. Molte forme di incuria, discuria e ipercura sono considerate spesso, più che un comportamento abusante, un peculiare esercizio del tutto personale e insindacabile di genitorialità.

Ma in un contesto socio-giuridico come quello attuale, sempre più indirizzato al riconoscimento del preminente interesse del minore, è davvero possibile che la genitorialità possa essere esercitata in maniera tanto arbitraria? In cosa consistono e quali sono i segni di queste forme di violenza legale alle cure genitoriali? Perché è importante che vengano individuati per tempo?

Incuria

L’incuria si verifica quando le cure (fisiche o psicologiche) fornite al bambino siano da considerare insufficienti rispetto alle sue necessità, che vanno valutate ovviamente in base all’età e agli specifici bisogni evolutivi del minore.

L’incuria si sovrappone, così, a una forma di genitorialità trascurata e trascurante: nutrizione insufficiente, igiene inadeguata, poca o assente protezione dai pericoli, tardiva o assente assistenza medica in caso di necessità, frequente predisposizione del minore ad “incidenti” che impattano sulla sua incolumità fisica e che non vengono adeguatamente segnalati e curati.

Tra i segni cui prestare maggiormente attenzione, per identificare ipotesi di incuria, ci sono:

  • Incapacità di fornire adeguate informazioni sullo stato di salute dei figli o di seguire le procedure legate alla cura sanitaria dei minori (bambini con patologie trascurate, traumi precedenti non trattati o tardivamente segnalati, vaccinazioni non eseguite, sintomi o malanni non indagati etc)
  • Condizioni inadeguate generali nella cura quotidiana del minore come vestiti sporchi o inadatti alla stagione, malnutrizione, scarsa igiene personale;comportamenti evidentemente trascuranti come il non seguire regole di sicurezza (mancato utilizzo dei dispositivi di sicurezza stradale, mancata vigilanza in situazioni a rischio, esposizione volontaria a pericoli evidenti)
  • Episodi di abbandono del minore, che viene lasciato solo in casa o in auto per ore o giorni senza alcuna sorveglianza o assistenza.

Leggendo quanto gravi siano i segni di incuria saremmo portati a pensare che si tratti di una forma di abuso molto rara, appannaggio di persone davvero poco interessate al corretto svolgimento del proprio ruolo genitoriale o poco consapevoli delle normative vigenti. Eppure se si analizza la questione più da vicino ci si rende conto della massiva quantità di persone che non reputa necessario utilizzare, ad esempio, gli obbligatori dispositivi di sicurezza stradale (tenendo i neonati in braccio nei tragitti in auto o facendo stare i più grandicelli sul sedile o in piedi senza seggiolino né cintura).

incuria minori

Un comportamento fortemente incurante, che espone di fatto i figli a un rischio di lesioni e decesso molto alto. Possibile pensare, poi, quante altre reputino del tutto normale lasciare da solo in casa un figlio minore di 14 anni anche per molte ore, senza considerare che non solo l’azione in sé integra già un reato (per la legge italiana) ma che la posizione del genitore si aggraverebbe molto qualora al bambino dovesse capitare un infortunio di qualsiasi tipo durante il lasso di tempo in cui è rimasto solo.

Frequenti, ancora, gli accessi in PS per reiterati incidenti evidentemente causati dalla scarsa sorveglianza e vigilanza del minore. Che viene ancor più spesso sottoposto ai dovuti controlli dopo molti giorni dall’accaduto, con evidente aggravamento delle sue condizioni, per “paura” proprio che qualcuno possa considerare sospette le dinamiche in cui le lesioni sono state causate.

Discuria

Nella discuria le cure genitoriali vengono elargite in maniera inadatta rispetto al momento evolutivo in cui si trova il minore, risultando distorte rispetto alla sua età psicofisica secondo due modalità:

  • Si chiedono acquisizioni e prestazioni troppo precoci, adultizzandolo
  • Si attuano, al contrario, delle modalità di accudimento infantili con bambini più grandi rispetto alle tempistiche delle cure fornite

Le conseguenze della discuria sono differenti a seconda di quale comportamento si ponga in essere, ma gli studi mostrano chiaramente come si intacchi soprattutto lo sviluppo psico-motorio, l’acquisizione del linguaggio e dell’autonomia.

Anche qui è difficile calarsi sul piano reale quando si parla di discuria, è molto utile quindi fornire degli esempi semplici e che possono essere riscontrati comunemente in molte famiglie:

  • L’utilizzo di strumenti dell’infanzia inadeguati rispetto allo sviluppo evolutivo del minore (ad esempio tenere il pannolino oltre una certa età senza specifiche condizioni patologiche che lo richiedano, ma solo per “comodità” dell’adulto o, peggio, per una sua mancanza di interesse o voglia a incentivare e incoraggiare lo sviluppo dell’autonomia)
  • La prosecuzione oltre termini ragionevoli dell’allattamento al seno per una necessità della madre di proseguire questo legame simbiotico con il minore (sempre più comuni gli esempi di bambini in età scolare di sette, otto o nove anni allattati effettivamente o semplicemente fatti attaccare al seno dalla madre “per coccolarsi”)
  • Bloccare o disincentivare concretamente il conseguimento degli step evolutivi del bambino ritardando l’acquisizione di alcune “capacità” (come camminare, parlare, socializzare, inserirsi in contesti scolastici, rendersi indipendente) nel tentativo estremizzato di tenerlo “piccolo” e “bisognoso di accudimento” il più possibile
  • Tardare il conseguimento di necessari step evolutivi per “paure” del genitore o per un’incapacità o mancanza di interesse a svolgere il proprio ruolo in maniera corretta e nelle tempistiche necessari (molto comuni i casi di minori in cui sia stato, ad esempio, tardato esasperatamente lo svezzamento per “paura” del soffocamento o per “velocizzare” i tempi di nutrizione del minore in favore delle necessità di vita del genitore)
  • La pretesa di adultizzare il minore affinché diventi strumento o parte attiva nella gestione di conflitti genitoriali o familiari (eventi come l’alienazione parentale ne sono un esempio)
  • La pretesa che il minore si faccia carico prematuramente di compiti “da adulto”, responsabilità del genitore, coadiuvando con il suo operato la gestione domestica e familiare (ad esempio si occupi di un fratello minore o si faccia carico di gestire condizioni di salute fisica o mentale del genitore)
  • Pretendere che un figlio resti piccolo, per appagare il bisogno di accudimento del genitore o perché risulti “più comodo” alle sue necessità, così come richiedergli di diventare grande anzitempo, per farsi carico delle responsabilità che spetterebbero agli adulti, è un comportamento parimenti problematico e abusante.

Da una parte si impedisce che il minore sviluppi le sue capacità e acquisisca i normali step evolutivi legati all’autonomia e alla crescita psicomotoria; dall’altra si impedisce che possa vivere la sua infanzia libero da carichi fisici e mentali che dovrebbero ricadere nella sfera di responsabilità del genitore.

Ipercura

Se incuria e discuria appaiono meno “probabili” nella maggior parte delle famiglie, l’ipercura è in qualche modo l’abuso tipico del nostro secolo.

La parola suggerisce esattamente in cosa consista: cure genitoriali eccessive, ossessive e asfissianti collegate a una mancata visione realistica del bambino e dei suoi reali bisogni.

L’ipercura è spesso dettata da preoccupazioni eccessive e irrealistiche del genitore, in merito ad esperienze negative che potrebbero verificarsi qualora il bambino viva in maniera libera e coerente con lo sviluppo delle sue capacità e non venga invece “protetto” e “accudito” a sufficienza dal genitore.

Attraverso l’ipercura si blocca a tutti gli effetti “la vita” del bambino, nel terrore che si verifichino eventi avversi o, ancor più frequente, esasperando episodi del tutto normali o fisiologici rendendoli più drammatici di quanto non siano e raccontandoli sempre come ingestibili.

Il genitore ipercurante nella sua forma più basilare è un soggetto che vive con ansia e paura il proprio ruolo, un adulto patologicamente iperprotettivo con il minore:

  • Esaudisce ogni sua richiesta per non contrariarlo e si sostituisce a lui in tutte le attività che dovrebbero essere svolte in autonomia (vestirsi, allacciarsi le scarpe)
  • Disincentiva e ostacola letteralmente l’acquisizione dei normali step evolutivi (nell’alimentazione, nella mobilità, nell’autonomia) per assecondare le proprie paure irrazionali o assecondare la sua necessità di controllo
  • Inibisce attività ed esperienze nel terrore che possa farsi male o possa accadere qualcosa che inneschi la sua ansia;
  • Parla e agisce al posto del bambino (invece di aiutarlo a trovare il modo di fare da solo) soprattutto se lo percepisce in difficoltà; interviene e contesta qualsiasi decisione di altre persone sul bambino (insegnanti, medici, specialisti etc)
  • Appaga ogni sua esigenza ancor prima che si verifichi nello sforzo assurdo di non fargli provare alcun sentimento di frustrazione.

Una genitorialità iperprotettiva non è solo una questione “da mamma chioccia” o “papà elicottero”, ma può comportare dei veri e propri danni psicofisici per il minore:

  • Ritardi nello sviluppo del linguaggio e nelle capacità motorie e di coordinazione, durante l’infanzia
  • Problemi di bassa autostima, fobie, disturbi d’ansia o dipendenza, durante la crescita.

I bambini ipercurati sono a tutti gli effetti bambini ai quali non è permesso di “vivere”, e imparare a vivere, per la paura del genitore che possano verificarsi conseguenze dolorose.

Ipercura e medicalizzazione delle cure genitoriali

L’ipercura, nelle sue forme più gravi, non si limita a una semplice forma di controllo eccessivamente protettivo da parte del genitore. A volte l’irrazionale preoccupazione per lo stato di integrità fisica del minore può tramutarsi in un’effettiva e invasiva “medicalizzazione” delle cure a lui prestate, con risvolti che possono diventare anche molto gravi.

Alcune forme cliniche dell’ipercura sono:

  • La sindrome di Munchausen per procura, che si realizza quando il genitore attribuisce al minore sintomi/malattie di cui non soffre realmente ma che sono frutto di una sua convinzione distorta di malattia. In questa sindrome il genitore non solo manipola psicologicamente il bambino, allo scopo di convincerlo della propria condizione di malato, ma arriva addirittura a somministrare al minore farmaci o sostanze per provocare effettivamente i sintomi della malattia. Lo sottopone a procedure mediche, diagnostiche e farmacologiche non necessarie e può addirittura cagionarne il decesso.
  • Collegata alla Munchausen per procura esiste la variante dell’abuso chimico, dove al minore vengono somministrare sostanze di vario genere (dall’eccesso di acqua a farmaci veri e propri) nella convinzione distorta che questi “ne abbia assolutamente bisogno” per stare bene.
  • Nel fenomeno di help seekers, invece, i sintomi vendono “indotti” dal genitore nel tentativo di ricevere assistenza non tanto per una ricerca di attenzione e sostegno, quanto più per la percezione della propria incapacità ad occuparsi adeguatamente del minore.
  • Nel caso di medical shopping, infine, i genitori, eccessivamente preoccupati per la salute del proprio figlio, tendono a recarsi da numerosi medici differenti. Questo perché ogni malattia (anche la più banale) o sintomo viene percepito e raccontato come una grave minaccia per la salute del figlio e si cerca, tramite il consulto ossessivo di numerosi e differenti medici, di placare le proprie ansie irrazionali legate allo stato di salute del minore.

Consapevolezza come arma a tutela dei minori

Conoscere le modalità con le quali si estrinsecano gli abusi intrafamiliari è fondamentale per prestare attenzione ai segnali che ne riportano testimonianza diretta all’esterno.

Gli operatori impiegati nella cura dei minori spesso ricoprono anche un ruolo di “garanzia”: questo significa che ricade su di loro l’obbligo non solo morale ma anche giuridico di segnalare eventuali abusi dei quali abbiano anche solo un sospetto verosimile. Tutti gli altri adulti, poi, con i quali il minore abbia in essere un rapporto (come altri parenti, insegnanti o educatori) sono “custodi” preziosi della sua salute, perché possono più facilmente identificare situazioni di anormalità e prendere tempestivamente i relativi provvedimenti.

Se non si conoscono, però, a fondo le dinamiche sottese a una relazione genitoriale inadeguata o abusante sarà facile cadere preda del desiderio di “non giudicare” come un genitore svolga il proprio ruolo, sottostimando eventi e fattori determinanti per aiutare un minore che si trovi a crescere in un contesto inidoneo per la sua sicurezza e la sua serenità.

Non può più essere avallata l’idea “che ognuno con i propri figli fa quello che vuole” e che “una madre e un padre sappiano sempre cosa fare e agiscano solo per il meglio”.

Preso atto che le cure genitoriali non sempre sono adeguate, ma possono scivolare nella loro forma più malata, è responsabilità di chiunque si interfacci con quella famiglia non sottovalutare segnali di abuso e farsi carico dell’interesse del minore a crescere nell’ambiente più idoneo possibile per il suo corretto sviluppo psicofisico.

Perché nei casi di incuria, discuria e ipercura “il meglio” non solo non è abbastanza, ma può facilmente degenerare in una violenza ancora più grave e irreversibile.

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