I bambini devono tornare a giocare all'aperto e pazienza se rimedieranno una sbucciatura o livido in più: i piccoli rischi dati dall'attività all'aria aperta comportano infatti un enorme vantaggio in termini di salute, socialità e sviluppo psicofisico per i più piccoli.
L'invito arriva dalla Canadian Pediatric Society, l'associazione dei pediatri canadesi che lo scorso gennaio si è esposta pubblicamente per convincere i genitori a rivedere parzialmente la moderna ossessione per la sicurezza e lasciare che i figli vivano più esperienze nel mondo reale, anche a costo di qualche piccolo infortunio.
«Negli ultimi decenni, le tendenze familiari e sociali hanno dato sempre più priorità alla supervisione e alla protezione dei bambini» si legge nel documento, con il risultato che i bambini trascorrono molto più tempo in ambienti chiusi e controllati (spesso con schermi), che giocando all'aperto con una supervisione minima da parte degli adulti.
Il gioco rischioso – ossia quello che comporta l'incertezza del risultato finale e talvolta espone alla possibilità di lesioni fisiche – è però una componente essenziale per la crescita dei bambini, poiché aiuta loro a prendere maggiore consapevolezza del proprio corpo, rafforza il fisico (e il sistema immunitario), offre occasioni per intessere nuove relazioni sociali e sprona a superare i propri limiti.
Arrampicarsi sugli alberi, giocare con dei bastoni o correre su terreni dissestati sono, ad esempio, tutte attività eccitanti ma che nascondono qualche probabilità di procurasi delle ferite. Tali insidie però sono ben riconoscibili dai bambini e spetta dunque a loro regolarsi in base alle proprie conoscenze e alle abilità auto-percepite per evitare di farsi male. E in vaso d'infortunio si tratterebbe comunque di un'importante lezione per il futuro.
Certo, tali situazioni potrebbero far inorridire le madri e i padri più protettivi, ma in realtà si tratterebbe di un'occasione altamente formativa per lo sviluppo fisico e mentale dei figli.
Ecco perché molte organizzazioni canadesi ora chiedono un deciso cambiamento, preferendo la strategie del mantenere i bambini "il più sicuro possibile" piuttosto che lasciarli "al sicuro quanto necessario".
«Non stiamo parlando di mandare i bambini in strade trafficate o vicino a acque agitate – ha spiegato Suzanne Beno, medico di medicina d'urgenza pediatrica e tra le firme principali del documento – Si tratta di assicurarsi che abbiano l'opportunità di impegnarsi in un gioco che li emozioni, li entusiasmi e li sfidi».
Via libera dunque a corse in bici, discese con lo slittino o scorribande scalmanate nei parchetti, a patto però di non passare dalla libertà all'incoscienza.
Come sottolineato dagli stessi pediatri canadesi infatti, accettare qualche rischio durante il gioco non significa esporre deliberatamente i bambini al pericolo. Il gioco rischioso, scrivono gli esperti, non è né ignorare le misure di sicurezza obbligatorie e basate sull'evidenza (come l'uso di caschi), né lasciare i bambini senza sorveglianza in situazioni potenzialmente pericolose, come appunto una strada trafficata o uno spazio vicino ad uno strapiombo.
Il compito dei genitori dovrebbe dunque essere quello di approntare un controllo meno pressante (magari limitandosi a rimanere vigli "a distanza" mentre i piccoli giocano) e rimodulare la propria comunicazione, evitando di far traspirare la propria apprensione e limitando frasi che potrebbero trasmettere insicurezza ("Non farti male", "Non andare fortre", "Non farmi spaventare" etc…).
Non è facile, ma anche questo è un rischio che vale la pena correre.