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16 Febbraio 2024
14:00

Per la GenZ la famiglia rimane al primo posto, ma i ragazzi non vogliono crearne una loro

La Generazione Z mette la famiglia al primo posto della scala dei valori, anche se è titubante o sfiduciata all'idea di avere figli in futuro. Per i ragazzi tra i 14 e i 26 anni il lavoro non è più una priorità: contano di più la disponibilità di tempo libero e la flessibilità dell’orario per godersi familiari e amici.

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Per la GenZ la famiglia rimane al primo posto, ma i ragazzi non vogliono crearne una loro
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«La famiglia è tutto» pure per i fanciulli di oggi, anche se non tanto quanto in passato. Per la Generazione Z, comunemente bollata come una ciurma di extraterrestri fragili, insicuri, tecnodipendenti e più indecifrabili del manoscritto Voynich, la famiglia rimane alla prima posizione della scala dei valori, anche se i 18-24enni sono piuttosto titubanti o sfiduciati all’idea di crearsene una loro.

Per i giovani il lavoro non è una priorità: prima della carriera, vengono la famiglia, l’amicizia, l’amore, il divertimento e la cultura. La professione viene valutata dalle nuove generazioni innanzitutto come una mera fonte di reddito, mentre gli aspetti più considerati in sede di colloquio, dopo il trattamento economico, sono la disponibilità di tempo libero e la flessibilità dell’orario per godersi familiari e amici.

I dati, emersi dal Report FragilItalia “I giovani generazione Z e il lavoro” del 2023, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, trovano conferma nei risultati del sondaggio recentemente condotto da Cnc Media su un campione di 10mila votanti, l’82% dei quali preferisce guadagnare meno a fronte di maggiori libertà e flessibilità. Il fantomatico “posto fisso” alla Checco Zalone, insomma, non è più la massima aspirazione dell’italiano medio, almeno di quello che conclude la scuola e si affaccia al mondo dei “grandi”.

È interessante notare come, nonostante la repentina evoluzione della società negli ultimi anni, che viaggia a vele spiegate verso una deriva individualista, la famiglia rimanga l’architrave dell’individuo, anche se si registra un calo rispetto alle vecchie generazioni. Come riporta il Report FragilItalia, il 60% della Generazione Z indica al primo posto della scala di valori la famiglia, contro tuttavia una media nazionale del 78%. Al secondo posto si trova l’amicizia (54%, media nazionale 59%) e al terzo l’amore (50%, media nazionale 63%). Il lavoro occupa la sesta posizione con il 38% (rispetto alla media nazionale del 49%), preceduto da divertimento (46%) e cultura (44%).

Eppure, l’idea di avere dei figli e costruirsi una famiglia propria è una prospettiva lontana o addirittura rifiutata da una fetta consistente della Gen Z, che non ritiene prioritaria la genitorialità. Un team di ricerca dell’Università di Londra ha coinvolto 931 studenti tra i 16 e i 18 anni in uno studio, pubblicato negli scorsi giorni sulla rivista Human Fertility, dal quale è emerso che il 36% dei partecipanti (338 studenti su quasi un migliaio) non vuole avere figli, quasi il 40% se si considerano solo le ragazze. Tra le motivazioni spiccano la paura del parto, di non essere buoni genitori, di essere costretti a rinunciare alle ambizioni lavorative, della crisi economica e climatica e, da ultima, l’odio per i più piccoli. Coloro che desiderano diventare un giorno genitori invece temono di non riuscire ad avere figli in futuro.

Il valore della famiglia, quindi, non è scaduto, anche se ampiamente ridimensionato nella prospettiva della Generazione G. È il lavoro l’aspetto che perde più quota e scivola più in basso nelle priorità dei 14-26enni rispetto alle vecchie generazioni. Tanti interrogativi tuttavia scaturiscono intorno alla famiglia del futuro.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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