La placenta è un organo deciduo, cioè temporaneo, che cresce e si sviluppa insieme al feto nell’utero durante la gravidanza e che, come il neonato, viene espulso con il parto. Il termine proviene dal latino placenta, che significa “focaccia”, a sua volta un derivato dell’aggettivo greco plakoys, “che ha forma schiacciata”: in effetti, l’organo della gravidanza ha la forma circolare e schiacciata di un disco. La placenta, che inizia a funzionare in autonomia intorno alle 12 settimane di gravidanza, si attacca alla parete dell’utero, creando una solida connessione tra il piccolo e la sua mamma, e ha una funzione di protezione, nutrimento e sviluppo del feto.
Cos’è e come si forma
La placenta è un organo che si sviluppa nel grembo materno durante la gravidanza e collega il feto all’utero. Viene definito “temporaneo” perché si crea, si sviluppa durante la gravidanza e si perde con il parto. Inizia a formarsi da un insieme di poche cellule solo dopo che l’ovulo fecondato si è impiantato nell’utero, a circa 7-10 giorni dal concepimento e continua a crescere durante la gravidanza fino a raggiungere una lunghezza di diversi centimetri. Alla fine, viene espulso dalla vagina al termine del parto, subito dopo la nascita del neonato. È, in sostanza, l’anello di congiunzione fra la mamma e il piccolo che le sta crescendo in grembo.
Quali sono le funzioni della placenta
La placenta riveste un ruolo cruciale nella gravidanza poiché serve a mantenere il feto vivo e in salute. Svolge infatti diverse funzioni di vitale importanza, tra le quali:
- Fornisce al feto ossigeno, glucosio e sostanze nutritive attraverso il cordone ombelicale
- Filtra e rimuove i rifiuti nocivi e l’anidride carbonica dal sangue del feto
- Produce ormoni della gravidanza (come il lattogeno placentare, gli estrogeni e il progesterone) che aiutano sia la madre che il piccolo. L'ormone lattogeno placentare, per esempio, diminuisce la sensibilità all'insulina e, quindi, aumenta i livelli di glucosio nel sangue della madre diminuendone però l'utilizzo, con lo scopo di assicurare la nutrizione fetale
- Permette il passaggio di anticorpi dalla madre al feto
- Protegge il bambino
Insomma, la placenta è un vero e proprio portento: da sola, svolge le mansioni che, dopo la nascita, verranno compiute da polmoni, reni e fegato del bambino.
Dove si trova la placenta?
La placenta si sviluppa nell’utero della mamma quando l’ovulo fecondato si impianta nella parete uterina. In quale punto si verifica l’impianto? Dipende da gravidanza a gravidanza e la sua posizione viene controllata nel corso dell’ecografia morfologica. La placenta cresce in uno dei seguenti punti della parete uterina:
- Parte superiore (in tal caso si parla di “placenta fundica”)
- Parte laterale (cioè sulla parete destra o sinistra)
- Parte anteriore (verso la parete addominale)
- Parte posteriore dell’utero
- Parte inferiore dell'utero (in questo caso si parla di placenta previa major se ricopre l'orifizio uterino interno e di placenta previa minor se il margine della placenta stessa non ricopre l'orifizio uterino interno ma dista comunque meno di 2cm dallo stesso): a volte la placenta s’impianta più in basso del consueto, un’eventualità che a 20 settimane di gravidanza si riscontra nel 5% circa delle gestazioni. Questo dato, fortunatamente, scende all’1% nel corso del terzo trimestre, in quanto l'utero crescendo porta, solitamente, la placenta ad allontanarsi dall'orifizio uterino interno. La posizione bassa della placenta espone infatti la mamma e il figlio a rischi e complicanze durante il parto, per questo se la placenta continua a risultare troppo vicina o addirittura ricopre il canale di uscita anche al termine della gravidanza si è costretti a procedere con un taglio cesareo programmato.
La placenta in generale tende a spostarsi verso l’alto man mano che cresce il feto, stabilizzandosi intorno alle 32 settimane di gravidanza circa.
Intorno alle 32-35 settimane di gravidanza, prima di stabilire il tipo di parto (naturale o cesareo), il medico controlla la posizione della placenta. Si tratta di una valutazione essenziale, perché, in caso di placenta previa, si procede con il taglio cesareo programmato. Il cesareo è particolarmente indicato in caso di placenta previa centrale, in cui la placenta blocca il collo dell’utero ostacolando l’uscita del feto per via vaginale, con il rischio di distacco della placenta e, quindi emorragie.
Cosa succede se la placenta si distacca
Il distacco di placenta è una complicanza che si verifica quando la placenta si stacca (parzialmente o completamente) prematuramente dalla parete dell’utero, riducendo l’apporto di ossigeno e di sostanze nutritive al feto e causando una considerevole perdita di sangue. È un’emergenza ostetrica che, se si verifica, accade generalmente dopo le 20 settimane di gravidanza e richiede il ricovero immediato della gestante e, in alcuni casi, il parto anticipato.
I sintomi del distacco di placenta generalmente sono il dolore addominale e il sanguinamento vaginale (anche abbondante). Nei casi più gravi si può arrivare fino al collasso.
A causare il distacco di placenta è in parecchi casi l’ipertensione, anche se diversi fattori possono contribuire allo scollamento dell’organo tra cui: età avanzata, infezione localizzate ai tessuti che circondano il feto (corionamniosite), disturbi vascolari e della coagulazione del sangue, precedente distacco di placenta, trauma addominale, consumo di tabacco o droghe, rottura prematura delle membrane soprattutto se prima del termine di gravidanza. Come riporta il Manuale MSD, si riscontra nello 0,4-1,5% delle gravidanze.
Dove va la placenta dopo il parto
La placenta viene espulsa al termine del parto, dopo la nascita del neonato. Si tratta della cosiddetta terza fase del travaglio, chiamata secondamento. Il secondamento avviene in modo spontaneo oppure manuale:
- Secondamento spontaneo: generalmente la placenta viene espulsa spontaneamente dopo la nascita del neonato per effetto delle fisiologiche contrazioni uterine (decisamente più lievi rispetto a quelle che hanno determinato la fuoriuscita del bimbo)
- Secondamento manuale: se la placenta non viene espulsa spontaneamente entro 45-60 minuti dal parto a causa di un’anomalia della stessa o dell’utero, occorre intervenire manualmente in sala operatoria previa sedazione profonda o anestesia. Il personale sanitario si occupa di staccare manualmente la placenta dall’utero, inserendo un’intera mano nella cavità uterina, e di estrarla.
La placenta, una volta fuoriuscita, viene normalmente gettata tra i rifiuti sanitari in ospedale. Alcune mamme, tuttavia, esprimono la volontà di conservarla e portarla a casa per ricordo ma, in questo caso, devono fare richiesta alla direzione ospedaliera in quanto si tratta di fuoriuscita di materiale biologico da struttura sanitaria. Infine, in caso di dubbi diagnostici o determinate patologie la placenta viene conservata in formalina ed inviata al laboratorio di anatomia patologica per procedere con l'esame istologico.
Esiste anche la placentofagia, cioè la pratica di mangiare la placenta per motivi culturali, personali o spirituali, nella convinzione (non supportata da basi scientifiche) che l’atto consolidi il legame mamma-figlio. Tuttavia è caldamente sconsigliata dai medici per il rischio di contrarre gravi infezioni.