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31 Agosto 2023
16:01

Posti a sedere “child free” in aereo: l’idea di una compagnia per stare lontano dai minori in volo

In arrivo sulla tratta Amsterdam-Curacao della compagnia aerea Corendon Airlines una zona vietata a bambini e adolescenti. Si tratta di un centinaio di sedili destinati solo a passeggeri con più di 16 anni. Escludere i piccoli è una buona soluzione per godersi un viaggio in tranquillità?

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Posti a sedere “child free” in aereo: l’idea di una compagnia per stare lontano dai minori in volo
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Dopo i ristoranti, i matrimoni e le spiagge “child free”, arrivano anche i posti aereo vietati ai minori per viaggiare ad alta quota lontano da bambini e adolescenti. A proporlo è la compagnia aerea Corendon Airlines, che dal 3 novembre offrirà sulla tratta Amsterdam-Curaçao una zona accessibile ai soli adulti, adottando una “no-kids policy” («politica no-bambini»). Si tratta di 93 sedili (sui 432 totali) destinati esclusivamente a passeggeri di età superiore ai 16 anni. Uno spazio “Only Adult” separato dal resto delle poltrone attraverso pareti e tende, dove saranno banditi pianti, urla e schiamazzi. La prenotazione delle poltrone child free prevede un supplemento sul biglietto che varia tra i 45 e i 100 euro.

Non è la prima volta che una compagnia aerea introduce zone Only Adult a bordo. La Corendon Airlines, di proprietà turca, ha seguito l’esempio di alcuni vettori internazionali, come AirAsia, che offre il servizio da tempo. Si tratta, tuttavia, del primo vettore in Europa a limitare l’accesso alla parte anteriore dell’aereo, consentendolo solo agli adulti.

La compagnia turca, nelle motivazioni dell’inaugurazione di un’area child free a bordo, chiarisce che l’iniziativa punta a favorire anche le famiglie, oltre che i viaggiatori senza bambini. I genitori – fanno sapere – non dovranno più preoccuparsi che i figli, piangendo o agitandosi, possano disturbare gli altri passeggeri sul velivolo. A partire da novembre i viaggiatori, quindi, sceglieranno se trascorrere le dieci ore di viaggio dalla città olandese all’isola caraibica in compagnia delle famiglie con prole al seguito, o dei soli adulti.

Quello dei luoghi “child free” è un fenomeno in vertiginosa crescita, specialmente all’estero. Negli ultimi anni la moda sta contagiando l’Italia e si sono moltiplicati i ristoranti, gli hotel, le spiagge che vietano l’accesso ai più piccoli per garantire un’esperienza rilassante ai clienti, senza il rischio di pianti, grida, chiasso durante il pasto, il viaggio o il pernottamento.

È comune ormai ricevere anche partecipazioni di matrimoni “solo per grandi”: tra le righe, gli sposi precisano che l’invito è riservato ai componenti maggiorenni della famiglia. Scelte che trovano sostenitori e detrattori: c’è chi apprezza l’idea di godersi una cerimonia senza figli, e chi la ritiene una mancanza di rispetto nei confronti dei genitori invitati, costretti a separarsi dai figli e a pagare una babysitter per partecipare alle nozze.

È davvero sensato negare l’accesso a degli spazi ai piccoli perché sono rumorosi? La politica “child free” è divisiva e accende non poche polemiche, anche dal punto di vista della legalità. Non accettare minori nei ristoranti e negli alberghi, per esempio, non è propriamente legale, anche se l’articolo 187 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza si presta a diverse interpretazioni. “Gli esercenti – dichiara il T.U.L.P.S. – non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. Il legittimo motivo potrebbe essere la quiete durante il pasto? Forse, se pensiamo che per molti mangiare significa anche rilassarsi. Tuttavia, la regolamentazione rimane ambigua.

I calci sul sedile del passeggero davanti non sono piacevoli. E neppure i pianti senza sosta, le urla e gli schiamazzi. Ma siamo davvero sicuri che l’unica soluzione sia l’esclusione? I piccoli sono parte integrante della nostra società, ed è giusto che facciano il loro lavoro: giocare. A volte, forse, occorre comprensione da ambo i lati: il genitore, che si deve impegnare a tenere d’occhio il figlio quando condivide lo spazio con estranei, e chi non lo è, che può mostrare più tolleranza, ricordandosi che, dopotutto, siamo stati tutti bambini.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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