Che l’ansia serpeggi tra i banchi di scuola è ormai un dato di fatto, la pandemia ha solo posto un accento su una situazione presente da tempo negli istituti italiani e i dati sull’abbandono della scuola causa la troppa ansia e competizione oltre che le differenze economico-sociali sono in aumento.
Due sembrano essere gli approcci delle scuole al tema, se a Padova un istituto superiore premia gli alunni più meritevoli con un buono in denaro, a pochi km di distanza, nella vicina Venezia i docenti spaventati dai continui pianti degli studenti decidono, al contrario, di abolire i voti.
Chi si sta muovendo nella direzione corretta? Lo abbiamo chiesto a Luca Frusciello, pedagogista e membro del comitato socio-scientifico di Wamily. Ci ha spiegato che la cosa importante è che la scuola abbia ben chiara la sua missione educativa, che a volte sembra dimenticare per mettere al centro il solo rendimento dei ragazzi.
La scuola che premia gli studenti con la media del 9
Sono stati 56 gli alunni dell’Istituto superiore Scalcerle di Padova premiati con un buono di 100€ poiché durante l’anno hanno mantenuto sempre la media dei loro voti più alta del 9. Il premio è stato dato dal Dirigente Scolastico nell’aula magna della scuola, davanti a una platea trepidante di alunni, genitori e professori, durante la “Serata delle eccellenze”.
Il preside ha spiegato che questa iniziativa, che va avanti da anni nella scuola, è volta a dare visibilità agli studenti più meritevoli, premiandoli per il loro operato, senza voler creare in alcun modo competizione o ansia tra gli alunni «Se l’aspirazione alla vittoria e, soprattutto, al migliorare se stessi, spinge qualche studente a impegnarsi di più, ben venga».
La Rete degli Studenti Medi, però, sindacato studentesco che si batte per una scuola inclusiva e in grado di offrire a tutti le stesse opportunità, ha definito l’iniziativa più che un incentivo a fare di più per i ragazzi, l’ennesimo obiettivo da raggiungere tra le mura scolastiche che provoca solo ansia.
«E’ la scuola del Merito di Valditara. Quella del chi prima arriva, meglio alloggia. Ma gli studenti non sono d’accordo: l’obiettivo della Scuola Pubblica dovrebbe essere quello di pensare a chi rimane indietro, di rimuovere gli ostacoli per chi è privo di mezzi, parafrasando la Costituzione, non premiare ed osannare chi eccelle» ha spiegato il presidente al quotidiano online "Tecnica della scuola".
Uno degli alunni che ha ritirato il premio per il secondo anno consecutivo nel liceo di Padova, ha però specificato al Corriere del Veneto che il premio non crea alcuna competizione tra gli studenti, anche perché la scuola offre tantissimi servizi di sostegno a tutti gli alunni. Dall’iniziativa “Compitiamo” che permette agli alunni di trovarsi insieme e aiutarsi vicendevolmente nei compiti, borse di studio per gli studenti le cui famiglie hanno maggiori difficoltà economiche e un numero maggiore di ore di presenza degli psicologi nell’istituto, dopo la pandemia.
A Venezia il quadrimestre senza voti
Il Liceo scientifico Giordano Bruno, a pochi km dalla vicina Padova, ha agito in maniera completamente apposta. Erano continui ormai episodi di pianto per un brutto voto, sconforto dei ragazzi chiamati alla lavagna, o ansia ingestibile davanti a verifiche o interrogazioni.
I docenti hanno deciso allora di agire, sostituendo i voti numerici con una scritta verde risultato raggiunto o una in giallo "preparazione da migliorare". Abolire le prove che servono agli insegnanti per misurare quanto un concetto sia stato o non sia stato compreso dagli alunni e a loro per capire le proprie abilità, non sarebbe stato corretto. Il voto però, asettico, rischia a volte di diventare un numero con il quale i ragazzi misurano loro stessi, paragonandosi ai compagni, temendo la bocciatura e i commenti dei genitori.
Dunque un giudizio "parlante" che mette in luce le lacune specificandole, per esempio "avresti dovuto approfondire questo concetto" "non funziona la sintassi" sembra essere ciò che può mettere tutti d'accordo. I numeri torneranno solo sulla pagella di fine anno, sempre con l'obiettivo di permettere al ragazzo di capire dove può migliorare.
Il parere del pedagogista «La scuola deve aver ben chiara la sua missione»
Il pedagogista e membro del comitato socio – scientifico di Wamily, Luca Frusciello, ci ha spiegato che la cosa più importante è che la scuola prima di prendere qualsiasi decisione sul metodo abbia ben chiara l'entità della sua missione: «La scuola deve essere inclusiva, non selettiva, deve permettere a tutti gli studenti di avere le stesse opportunità per accedere alla cultura di base, all’istruzione».
Il problema sorge quando la scuola perde di vista questo suo obiettivo primario mettendo al centro la necessità che gli alunni siano sempre eccellenti, addirittura premiandoli per questo: «La scuola che offre un premio in denaro per far raggiungere l'eccellenza è una scuola che non ha più in archivio strumenti educativi validi, perché studiare per ottenere un premio trasforma il denaro in valore e allora ci saranno alunni degni e alunni i cui sforzi non bastano e vengono lasciati fuori».
La scuola non è fatta solo di voti, media, meriti, ma di compagni, giorni bui e giorni felici, dinamiche familiari al di fuori, tristezze e sacrifici che molti ragazzi vivono tutti i giorni. Se poi qualcuno di loro si distingue per la sua bravura la scuola sarà stata un ottimo posto in cui il ragazzo è cresciuto, non tanto perché lo ha premiato ma perché gli ha dato tutti gli strumenti per ottenere gli obiettivi desiderati.
«Abbiamo già in noi tutta la dotazione istintuale che ci serve per raggiungere gli obiettivi che vogliamo raggiungere, sogni e desideri ci muovono per ottenere l’eccellenza che non è un obbligo ma un diritto. Uno studente deve avere la possibilità di raggiungere l’eccellenza dopo che ha avuto le stesse possibilità degli altri, saranno le sue attitudini, le sue opportunità, le sue abilità cognitive a permettergli di raggiungere il massimo, perché ne ha il diritto, non il dovere. Mettere un premio in denaro significa associare un dovere al raggiungimento dell’eccellenza, che non può essere l’obiettivo della scuola».