Indebolimento dei risultati alla scuola primaria, diffusa e grave difficoltà nella comprensione del testo alle superiori, divario netto nell’istruzione tra Nord e Sud. È quel che emerge dai risultati delle Prove Invalsi 2023, che hanno coinvolto oltre 12mila scuole, per un totale di un milione di studenti della scuola primaria (classe II e V), circa 570mila alunni della scuola media (classe III) e oltre un milione di studenti delle superiori. Gli esiti, come conferma il rapporto finale, risentono ancora profondamente degli effetti del Covid-19 e delle scuole chiuse durante la pandemia. Arriva, tuttavia, anche una notizia positiva: la dispersione scolastica implicita o nascosta è in diminuzione rispetto al 2021, anche se in aumento rispetto al 2019. Wamily ha chiesto alla dott.ssa Viviana Rossanese, docente di scuola primaria e tutor organizzatore di tiricino SFP, un commento sulla scuola alla luce dei risultati delle Prove Invalsi 2023.
«Gli esiti delle prove sono in peggioramento rispetto al periodo pre-Covid – spiega la dott.ssa Rossanese – . Questo conferma di nuovo l’impatto negativo della pandemia sulla qualità dell’istruzione e, quindi, la necessità di adottare misure adeguate per mitigare questi effetti che stanno incidendo in maniera pesante sulla formazione degli studenti».
Uno studente su due arriva in quinta superiore con una preparazione insufficiente in italiano e matematica, e la metà degli studenti della scuola secondaria di secondo grado non è in grado di capire quel che legge. Ma la vera rivelazione, in negativo, è la scuola elementare, che registra un preoccupante peggioramento nelle rilevazioni rispetto agli anni precedenti. «Noto un campanello d’allarme importante: questi problemi in primaria prima non c’erano – commenta Rossanese – . Il confronto nel tempo degli esiti della scuola primaria mostra un indebolimento dei risultati in tutte le discipline, italiano, matematica e inglese, sia in seconda che in quinta primaria, con una particolare evidenza in matematica».
I più piccoli iscritti alla seconda elementare hanno evidenti difficoltà in matematica: si nota un calo del risultato medio nazionale di 9,9 punti tra il 2019 e il 2023, con risultati particolarmente negativi in Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. In generale, comunque, solo il 64% circa dei giovani scolari raggiunge almeno la fascia corrispondente al livello base in matematica. La soluzione? Intervenire sull’offerta formativa tra i banchi. «Questo – continua la dott.ssa – richiede una riflessione sulle metodologie didattiche da utilizzare e sulle attività da proporre in classe per cercare di migliorare la competenza in matematica fin dalle prime fasi del loro percorso educativo».
Le crepe diventano più profonde se si punta la lente d’ingrandimento sulle singole regioni dello Stivale: il divario tra le aree del Paese raggiunge i 31 punti percentuali. «I divari territoriali sono ancora troppo ampi e quindi ci sono differenze significative nelle competenze degli studenti a seconda delle regioni dalle quali provengono – interviene Rossanese – . È un problema che richiede un’attenzione urgente e interventi mirati per garantire a tutti un’equità di accesso all’istruzione, indipendentemente dalla provenienza geografica». In seconda elementare le differenze di risultati, a sfavore dei piccoli studenti del Mezzogiorno (specie in Calabria, Sicilia e Campania), sono di 5 punti percentuali in italiano e circa 10 in matematica. In quinta la percentuale di giovani alunni che non raggiunge un certo grado di competenze è addirittura doppia rispetto agli allievi delle regioni centro-settentrionali.
È lecito, tuttavia, avanzare qualche perplessità sulle Invalsi e prendere con le pinze gli esiti di un test che presenta anche dei limiti. A volte le Prove vengono ritenute dagli stessi insegnanti inadeguate a valutare correttamente abilità e competenze raggiunte dal singolo studente. «Non credo che le prove invalsi possano valutare conoscenze, abilità, apprendimenti, fragilità di singoli individui – commenta Rossanese –. La legge, in riferimento alla primaria, dice che per stabilire un livello di apprendimento bisogna osservar nel tempo il livello di autonomia, continuità, tipologie della situazione e delle risorse fornite, ma con una sola prova, per di più a risposta multipla, non si possono ottenere queste informazioni». «I dati forniti dal rapporto Invalsi – continua la docente – sono importanti per ricavare informazioni a livello di sistema e prendere delle decisioni di intervento, ma non credo che li possiamo considerare verità assoluta. Dovremmo analizzare le problematiche della scuola tenendo conto di tante altre variabili, e non facendo solo riferimento al rapporto Invalsi che come ogni anno ci racconta la situazione forse non in modo completamente attendibile».
Il quadro delineato non è tutto nero. Dai risultati emerge anche una notizia positiva sulla dispersione implicita, che registra un calo rispetto a 2021. «È un buon segnale: probabilmente se continua così si potrebbe arrivare al traguardo del 10.2% prescritto dal Pnrr da raggiungere entro il 2025» commenta Rossanese. Miglioramenti anche nello studio dell’inglese, specialmente alla scuola media. «È un segnale di incoraggiamento, probabilmente si stanno raccogliendo i frutti degli sforzi messi in campo negli ultimi anni» conclude l’esperta.