«Quando ero piccolo io non potevo certo permettermi di rispondere così ai miei genitori», lo abbiamo detto tutti almeno una volta, sfiniti dall'insolenza dei nostri bambini che in alcuni momenti, non solo non ci ascoltano, ma ci rispondono persino male.
Forse lo diciamo perché è proprio vero, noi, figli di una tipologia di famiglia definita "normativo", in cui il "no" era "no" e non aveva bisogno di alcuna spiegazione annessa, se non l'autorità incontrastabile dei nostri genitori, mai avremmo potuto rispondere ad un rimprovero. I bimbi di oggi, invece necessitano di molte più risposte, è appurato che quel metodo educativo, che noi diremmo "ci ha cresciuti", fatto di urla e poche spiegazioni non serve a molto, perché i bimbi hanno bisogno di capire dove e cosa sbagliano e oggi non si accontentano più di un semplice no. Confrontarsi, parlare nella famiglia che oggi è diventata "affettiva", ascoltare i bimbi, senza sentirsi superiori a loro solo per il ruolo genitoriale che abbiamo, comporta inevitabilmente nella discussione l'emergere della loro personalità.
Noi quindi pensiamo erroneamente, davanti a quel piccoletto che ci dice spazientito che a casa dal parchetto non vuole tornare, perché gli avevamo promesso che saremmo stati lì almeno 2 ore, che ci stia mancando di rispetto. Dunque anche noi finiamo per credere nel falso mito che essere autorevoli ed essere autoritari sia la stessa cosa, ma non è così.
Il bimbo rispondendoci, come noi non avremmo mai avuto il coraggio di fare alla sua età, sta definendo la sua personalità, anche nello scontro. Piuttosto che paragonare la nostra infanzia alla sua, possiamo rimproverarlo se si pone in maniera sgarbata, proprio perché non è così che si affronta una discussione, anche quando si è arrabbiati.
Alla tua età io…
Un'altra modalità spesso utilizzata e ormai fortemente superata è quella di paragonarci ai nostri figli, soprattutto quando sono adolescenti, di guardarli, non capirli e pensare «Io alla tua età avevo già un lavoro, e una casa». Una frase forse detta per "risvegliarli" da quella che ci sembra pigrizia ma spesso invece è una situazione di difficoltà e precariato preoccupante. Sottopagati, con poche sicurezze per il futuro, ancora totalmente dipendenti da noi genitori, oppure in una stanza microscopica, in affitto a km da casa per studiare, con il sogno di diventare chi desiderano. I giovani di oggi non sono i giovani che eravamo noi genitori, e non possono per nulla essere paragonati o rimproverati, per un mondo inquinato, piegato da guerre e pandemie, che sembra non essere su misura per loro.
Per non parlare di quando invece li incalziamo con un bel «E la fidanzatina? Io alla tua età ero già sposato e avevo te e tua sorella». Facendoli così sentire in un attimo inadeguati e fuori dal mondo. Le cose sono molto cambiate, ad oggi dopo i tanti anni di studio, la stabilità economica che tarda ad arrivare, il costo degli affitti e della vita alle stelle, è sempre più difficile pensare al futuro, ancora di più ai figli. In ogni caso poi potrebbe non essere un'ambizione dei nostri figli diventare genitori, non essendo questo un istinto, quanto più una decisione presa quando se ne ha la possibilità.
Noi nemmeno ci pensavamo a certe cose
Questa frase a volte la diciamo quando proprio non riusciamo a comprendere il malessere dei nostri figli, ad oggi secondo un recente studio svolto da Unicef e il Policlinico Gemelli, il 39% dei giovani soffre di ansia e depressione, situazione peggiorata dalla pandemia, l'uso smodato dei social network e la continua incertezza sul futuro. Spesso non lo facciamo con cattiveria, più mossi dall'incomunicabilità e l'incapacità di capire cosa sta succedendo nella cameretta di nostro figlio, che sembra avere tutto, anche quello che noi non potevamo avere eppure non è felice.
«Hai troppo tempo libero, quando ero giovane io neanche avevo il tempo di pensarle certe cose» non è certo la frase migliore da utilizzare, i ragazzi non si sentiranno capiti, ed è inutile paragonare l'epoca nella quale siamo vissuti noi, la nostra famiglia e la nostra routine, alla situazione in cui si trova nostro figlio. Cerchiamo di capirlo, abbattere il muro generazionale che ci divide e con le macerie che ne rimangono creare un ponte che ci permetta di immedesimarci in ciò che vive nostro figlio. La frase che possiamo iniziare a dire a noi stessi è:«Ma se io fossi piccolo o adolescente in questa epoca, come starei?»