Quattordici anni è ufficialmente il confine legale che sancisce la possibilità per un minore di possedere e gestire un profilo personale su qualsivoglia piattaforma di social network.
Ma autonomia sul web non si accompagna necessariamente alla piena responsabilità delle proprie azioni in rete. I genitori, quindi, da una parte devono lasciare ai figli libero accesso alle piattaforme digitali ma, dall’altra, sono comunque chiamati a rispondere di eventuali illeciti.
Cosa significa? Di quale tipo di responsabilità si tratta?
Cosa dice la legge
Il regolamento sulla privacy n. 679 del 2016 permette ai minori di anni 18 (in Italia a ragazzi che abbiano almeno compiuto 14 anni) di prestare autonomamente il proprio consenso ai servizi digitali.
Questo significa che qualsiasi minore Over 14 potrà aprire un profilo social network, autorizzare il trattamento dei suoi dati personali e pubblicare contenuti di qualsiasi genere. Senza che sia richiesta alcuna autorizzazione da parte del genitore.
Ma mancanza di autorizzazione non significa che il tutto possa avvenire in assenza di supervisione e controllo, perché le conseguenze di una qualsiasi azione illecita online da parte del minore ricadranno comunque nella sfera di responsabilità del genitore, come avviene per qualsiasi altra azione del minore anche nella vita reale.
L’articolo 2049 del Codice Civile, infatti, definisce chiaramente come siano il padre e la madre a dover rispondere di eventuali danni causati dal figlio, a meno che non dimostrino di non aver potuto in alcun modo impedire il fatto.
Questo significa che dovranno provare di aver adempiuto, correttamente, ai loro doveri di vigilanza ed educazione. A nulla valgono giustificazioni circa l’estraneità ai fatti, l’ignoranza sulla situazione o la mancata supervisione: in tema di responsabilità la normativa nazionale presuppone che una corretta educazione e vigilanza del minore, cresciuto in un contesto idoneo al suo sviluppo psicofisico, sia di per sé sufficiente a prevenire un comportamento illecito di quest’ultimo.
Quindi un eventuale danno cagionato a terzi diventa, inevitabilmente, sintomo di un deficit di carattere educativo e familiare, imputabile allo scorretto svolgimento dei propri obblighi parentali.
Questo vale sia per i fatti illeciti commessi nel mondo reale quanto in quello digitale.
Responsabilità digitale
Se adottare comportamenti illeciti nel mondo reale appare in qualche modo un’attività maggiormente percepibile a chiunque si relazioni con il minore (pensiamo ad esempio ad azioni fisiche come percosse o atti vandalici), azioni illegittime perpetrate nel mondo digitale risultano invece più difficili da indagare, supervisionare e comprendere.
Non solo per i genitori – che spesso possiedono risorse e capacità informatiche inferiori rispetto ai ragazzi – ma per gli stessi minori che si approcciano con troppa leggerezza e superficialità a un mondo che, ritenuto confinato nel proprio telefonino, appare meno reale di quello “vero”.
Ecco quindi che offese, insulti, condivisioni improprie, bullismo, attività sessualmente esplicite appaiono meno gravi se fatte a mezzo digitale.
La facilità con la quale si attuano questi comportamenti illeciti (spesso con un semplice click) e la distanza che lo schermo pone tra l’autore e le persone lese, porta a una desensibilizzazione rispetto alla gravità del gesto. Perde rilevanza, significato, restando in una fumosa sfera digitale nel quale tutto appare lecito e invisibile anche al controllo degli adulti di riferimento.
I comportamenti lesivi risultano così meno importanti per i ragazzi che li attuano e meno comprensibili o visibili per chi dovrebbe controllare da fuori un meccanismo dal quale, però, è stato escluso dalla stessa normativa di settore che considera gli over 14 in grado di “navigare” senza salvagente di sicurezza in acque a dir poco pericolose e agitate, dove tutto viaggia velocemente e senza i giusti filtri emotivi e relazionali.
La Giurisprudenza si è espressa numerose volte nel sottolineare la potenza lesiva dei mezzi digitali, collegata soprattutto alla viralità dei contenuti e alla difficoltà nell’arginarne la diffusione una volta postati online.
I danni che un minore può provocare a terzi sono, quindi, difficilmente calcolabili a priori e difficilmente monitorabili dal genitore, il cui consenso non è più propedeutico a nessun tipo di attività sui social media da parte degli over 14. Ma autonomia sul web non si traduce automaticamente in responsabilità.
Questa, infatti, ricade comunque sui genitori nel caso in cui le azioni del minore arrechino danni a terze persone e si estrinsechino in una qualsiasi attività illegittima.
Ma di che tipo di responsabilità si tratta? Cosa rischia il genitore di un minore che compia un atto illegittimo sui social network?
Responsabilità del genitore per i danni causati dal minore online
Innanzitutto è necessario determinare a che tipo di responsabilità vada incontro il genitore, nel caso in cui il minore arrechi un danno online.
Dal punto di vista penale la responsabilità dei minori inizia dai 14 anni in poi, il che comporta che siano loro personalmente a rispondere di qualsiasi reato commesso anche per mezzo digitale.
Resta, quindi, in capo ai genitori la sola responsabilità civile. Ciò significa che potrebbero essere chiamati a risarcire il danno arrecato a terzi.
Per quanto concerne l’entità del risarcimento, collegato alla responsabilità del genitore, i parametri da valutare sono:
- tipologia e livello di gravità dell’illecito posto in essere
- turbamento psicologico e gli effetti psicologici (anche nel tempo) arrecati alla persona offesa
- l’intensità del dolo, inteso quindi come volontarietà e consapevolezza dell’azione.
Questioni controverse
Quando si parla di adolescenti e social media viene, quindi, in rilievo un contrasto evidente: quello tra il loro diritto alla riservatezza e alla libertà di espressione (collegato alla loro libertà di agire sui social network in maniera autonoma) e l’obbligo alla vigilanza da parte dei loro genitori. Soprattutto a fronte del fatto, come analizzato, che saranno loro a rispondere civilmente di eventuali danni cagionati dai figli sul fronte digitale.
In un settore nel quale cyberbullismo, diffusione di materiale intimo e molestie sono letteralmente all’ordine del giorno e trovano, nella facilità di accesso e anonimato, una via di diffusione rapida e letale.
Se inizialmente le pronunce in merito sembravano propendere verso il rispetto assoluto della riservatezza del minore, lo sviluppo massivo di tecnologie sempre più invasive e potenzialmente pericolose, ha portato a un rafforzamento del diritto e dovere di tutela e vigilanza dei genitori.
Questo, in ogni caso, non potrà tradursi in una semplice supervisione dei contenuti, ma dovrà consistere in concreto in un’adeguata formazione e informazione al digitale.
Alla luce, quindi, dei complessi meccanismi della responsabilità genitoriale per le azioni online dei propri figli minori, diventa sempre più stringente la necessità di impartire (ad adulti e ragazzi) un’adeguata educazione ai mezzi informatici e all’utilizzo dei più comuni social network.
Questo per impedire sia che i minori diventino vittime di azioni illecite quanto che siano essi stessi gli autori, in maniera tale che la tecnologia resti uno strumento da utilizzare e non da subire.