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8 Settembre 2023
10:00

Rientro a scuola, un terremoto emotivo per figli e genitori. La psicoterapeuta: «Ascoltiamo le loro paure»

Il rientro a scuola sconvolge la vita della famiglia che si scontra con una nuova routine dopo la lentezza dei ritmi estivi. La psicoterapeuta Martina Migliore ha spiegato a Wamily come gestire il turbinio di emozioni che investe i bambini e gli adolescenti al rientro sui banchi. Il segreto? Parlare e ritagliarsi del tempo con i figli prima del back to school.

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Rientro a scuola, un terremoto emotivo per figli e genitori. La psicoterapeuta: «Ascoltiamo le loro paure»
Intervista a Dott.ssa Martina Migliore
Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
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L’inizio della scuola è vissuto come un terremoto emotivo dagli scolari e dai loro genitori. A tremare non sono solo le gambe degli alunni, impensieriti per il ritiro dei compiti delle vacanze, le interrogazioni di matematica o il passaggio dalle elementari alle medie. Vacilla, sotto alle scosse delle emozioni, anche la loro routine estiva, a cui si sono abituati sotto l’ombrellone. Traballano le sicurezze maturate tra giugno e i primi giorni di settembre, cadono gli orari comodi, gli spuntini frequenti e l’onnipresenza di fratelli, nonni, genitori. Pure le mamme e i papà risentono dello scombussolamento provocato dalla prima campanella e si chiedono se riusciranno a incastrare lavoro, casa, scuola, attività sportive. Martina Migliore, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e Direttrice Formazione e Sviluppo di Serenis, ha spiegato a Wamily come riconoscere nei piccoli le emozioni e la paura del ritorno tra i banchi e come ricostruire la routine dopo l’estate per ritornare in classe con il piede giusto.

Il ritorno a scuola dopo l’estate e la fine della pandemia

«Con il rientro a scuola assistiamo a un’attivazione nel piccolo, generalmente di eccitazione, una specie di ansia – spiega la psicoterapeuta Migliore –. L’ansia che noi notiamo in nostro figlio non è sempre negativa: con l’inizio della scuola, specie nel caso dell’inizio di un nuovo ciclo scolastico, si scatenano in lui un insieme di emozioni e di domande del tipo “che ambiente troverò?”, “verrò accettato?”. Perché la scuola è educazione, è regole, ma è anche e soprattutto socializzazione».

A causa della pandemia hanno perso o non hanno sviluppato la capacità di socializzazione

Una socializzazione che è venuta meno durante la pandemia, una lunga finestra temporale fatta di mascherine, didattica a distanza, isolamento che si è chiusa solo lo scorso 5 maggio, giorno in cui l’Oms ha dichiarato la fine dell’emergenza sanitaria. «Non dimentichiamoci che arriviamo da tre anni di Covid, – continua la dott.ssa Migliore –. Tre anni nella vita di un bimbo o di un adolescente sono di più in proporzione di tre anni di un adulto. Alcuni di loro hanno saltato a piè pari il processo di socializzazione: hanno perso o non hanno sviluppato la capacità di socializzare. Lo si nota nei parchi: è come se i piccoli fossero più titubanti e avessero più aspettative di pericolo. Un fenomeno come il rientro a scuola non è traumatico di per sé, ma piuttosto funziona da trigger per tutta una serie di potenziali problematiche accumulate durante la pandemia».

Ricominciare a settembre 2023 richiede, insomma, una doppia fatica. Quello che si appresta a cominciare sarà, infatti, il primo anno “normale”. «L’anno scorso, anche se si è tornati in presenza, è stato caratterizzato dagli effetti psicologici del long-Covid, che sono venuti a galla – spiega la psicoterapeuta – . Quest'anno, invece, è il primo anno normale, anche se ci portiamo dietro dei ricordi… Sarà un anno di equilibri».

Come ricostruire la routine

Per iniziare in forma l’«anno di equilibri» occorre ricostruire in anticipo la routine della scuola, a cui le famiglie si sono disabituate nel corso dell’estate. Quali sono gli ingredienti per la ripartenza? L’organizzazione del materiale scolastico, la riprogrammazione graduale dell’orario di sveglia e di sonno, la verifica dei progressi nel piano dei compiti delle vacanze, e l’elemento principe: il tempo da trascorrere insieme per ricaricare le pile e lasciare al figlio il tempo di elaborare ed eventualmente svuotare il suo sacco di ansie e pensieri, positivi o negativi, che gli frullano per la testa.

«Per ricostruire la routine dobbiamo innanzitutto darci del tempo – risponde la dott.ssa Migliore – . Viviamo in una società che vuole tutto e subito, ma non è semplice. Io consiglio di non ridursi in ultimo ma di dedicare gli ultimi giorni di vacanza a “riequilibrare”, andando a letto prima la sera e svegliandosi prima la mattina, ricominciando a inserire i pasti a orari fissi e soprattutto favorendo l’ascolto del figlio. Anche se non si hanno giorni di ferie a disposizione, è un’ottima idea lasciarsi almeno un giorno, prima dell’inizio della scuola, da destinare totalmente all’ascolto del piccolo, di quello che gli passa per la testa».

«Se noi – continua la psicoterapeuta – , invece, siamo immersi nei nostri impegni e nelle nostre attività e a malapena sentiamo che nostro figlio ci sta comunicando qualcosa, faticheremo ad accogliere i suoi pensieri e le sue emozioni. Ecco perché è utile riservarsi dei piccoli momenti da trascorrere insieme, in cui lui più facilmente troverà lo spazio per esprimere le sue preoccupazioni. Noi genitori possiamo raccontare episodi di quando andavamo a scuola, dell’aspettativa che avevamo… Lo aiuteremo così a normalizzare le sue ansie, oppure ad accogliere veri segnali di allerta»

Stare insieme senza fare nulla di particolare tira fuori da sé le cose

Resta da capire come favorire l’ascolto e quindi la confessione del figlio. La risposta è più semplice di quanto si immagini. «I pensieri di un bimbo o di un ragazzino non vanno tirati fuori con le pinze – risponde la dott.ssa Migliore –, basta invece prendersi del tempo da trascorrere con lui. Stare insieme senza fare nulla di particolare tira fuori da sé le cose. Non c’è bisogno di insistere, a volte è sufficiente un sincero “come stai?”, “come va?”».

Il segreto, quindi, è riprendere fiato, con calma, senza fretta, per non arrivare stanchi e trafelati al primo giorno di scuola. Rifiatare insieme, creando degli attimi di condivisione genitore-figlio prima che ricominci la frenetica quotidianità, tra scuola, lavoro, impegni sportivi e familiari.

I sintomi della paura da rientro

Agitazione, difficoltà a dormire, domande. I segnali della paura da rientro scolastico sono diversi e vanno soppesati. «Ogni tanto nostro figlio magari ci pone domande apparentemente buttate lì, del tipo “chissà come sarà”, “chissà come farò a studiare” – spiega la dott.ssa Migliore – , non dobbiamo allarmarci perché i dubbi sono normali, sono la naturale conseguenza della loro aspettativa. Diverso ovviamente è il caso di crisi d’ansia e attacchi di panico».

Se il piccolo, tuttavia, insiste, manifesta ripetutamente ansia all’idea del ritorno tra i banchi, ripete di non avere intenzione di mettere piede a scuola, può esserci un malumore più profondo, che merita di essere esplorato e approfondito. «Se insiste al punto che diventa un problema, lì un problema c’è – spiega la psicoterapeuta – . Normalizzare eccessivamente significa invalidare e diventa controproducente».

«In caso il piccolo stia per iniziare un nuovo ciclo scolastico e manifesti paura, ha senso mostrarsi interessati al suo percorso per rassicurarlo e trasmettergli il messaggio che stiamo prendendo sul serio la sua paura. Se la situazione lo richiede, si può inserire le figure di riferimento, andare a parlare con il dirigente scolastico, i professori, chiedersi se qualcosa l’anno precedente lo ha turbato o non ha funzionato nell’ambiente “scuola”».

Le cause della paura da rientro

Ma perché i nostri figli hanno paura di tornare tra i banchi? Quale creatura mostruosa si nasconde dentro l’armadio dell’aula scolastica? «A spaventarli sono il carico di studio, gli ambienti della scuola, il carico sociale, in caso di passaggio alle superiori il nuovo viaggio per arrivare a scuola, i compagni – risponde Migliori –. Se il ragazzo ha dei disturbi specifici di apprendimento, come dislessia o discalculia, sia i genitori che i figli hanno dubbi e timori a riguardo, del tipo “chissà come si farà ad affrontarli”. E poi c’è il grande tema dei compagni: “il bullo che mi ha tormentato fino all’anno scorso ci sarà ancora?”, “dove sarà?”. Quei ragazzi che hanno già problemi a interfacciarsi con gli altri o che hanno genitori molto ansiosi, sono svantaggiati quando c’è da confrontarsi con ambienti nuovi».

Il rientro a scuola e il suo “effetto trigger”

Il rientro a scuola a volte riporta a galla ansia, perfezionismo, difficoltà relazionali, disagi che nel corso dell’estate erano rimasti sopiti. Funge, in sostanza, da trigger, che in psicologia indica uno stimolo che fa riaffiorare un ricordo doloroso.

«La scuola per i nostri figli, come per noi adulti il lavoro, è un ambiente in cui trascorrono gran parte del loro tempo, che li mette alla prova e che offre tanti stimoli diversi con cui sono costretti a interfacciarsi a livello di regole, di prestazione, di socialità, nel rapporto con l’autorità. È come se la scuola fosse un calderone in cui si riversano le personalità e i problemi di ogni studente, con cui ognuno di loro deve misurarsi». «Un errore comune che i genitori commettono in buona fede è, invece, di facilitare i figli: tendono a tenerli estremamente protetti a casa, se non hanno voglia di andare in un posto, non li mandano. In questo modo, però, i giovani non hanno l’occasione di “triggerarsi” su ciò che li mette in difficoltà, di mettersi alla prova, di esplorare il mondo. Il concetto di base non deve essere evitare ciò che fa paura, ma chiedere aiuto per affrontare quella paura».

Un aiuto che può essere fornito anche dallo psicologo a scuola. «Sistematizzare questa figura può essere una ricchezza perchè avere il professionista sul campo fa la differenza rispetto a un terapeuta che non conosce il territorio della scuola – conclude Migliori – , la territorialità è una grande risorsa».

La scuola, come scrive Gianni Rodari, è «grande come il mondo», una palestra di vita in cui «si impara a parlare, a giocare, a dormire, a svegliarsi, a voler bene e perfino ad arrabbiarsi», una colonna portante e imprescindibile del nostro bagaglio di esperienze. Ecco perché è importante accoglierla in serenità, senza ansie e paure. Dopotutto, «chi ben comincia, è a metà dell’opera».

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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