L'Italia è ancora un Paese fondato sulla famiglia? In un certo senso sì poiché, rispetto al 2000, oggi nel Bel Paese ci sono circa 4 milioni di nuclei familiari in più.
Tuttavia, a differenza di vent'anni fa, la fotografia, seppur provvisoria, scattata dal rapporto ISTAT 2022 sulla popolazione mostra un panorama ben più variegato e sfaccettato, con il modello "tradizionale" che vede fare sempre più spazio a nuclei unipersonali – composti da una sola persona – e coppie senza figli.
Ma questo non è affatto l'unico cambiamento che negli anni ha interessato l'istituzione che tutti noi percepiamo ancora come il pilastro portante dell'intera società.
Quali sono le famiglie italiane
I dati registrati dal rapporto annuale dell'ISTAT ci dicono che in Italia vivono oltre 25 milioni di famiglie. Ma da chi sono composte queste famiglie? E perché possiamo dire che stiamo vivendo un cambiamento radicale rispetto all'inizio del secolo?
Fino a qualche anno fa la famiglia "tipo" era quella da copertina, con madre, padre e (almeno) due figli, e i numeri in effetti confermavano questa visione. Acqua passata, però. Oggi infatti la tipologia famigliare più diffusa è quella formata da un solo componente, «cresciuta di quasi 10 punti rispetto al periodo 2001-2002», si legge nel rapporto. Ma diamo uno sguardo ai dati ISTAT:
- Il 33,2% delle famiglie italiane ha un solo componente
- Il 27,7% ha due componenti
- Il 18,9% ha tre componenti
- Il 15,2% ha quattro componenti
- Il 3,9% ha cinque componenti
- Solo l’1,2% ha 6 o più componenti
Insomma, single e nuclei famigliari con 2 persone (di cui la maggior parte è composta da coppie senza figli) sono ormai la maggioranza e anche tra le famiglie con prole si assottiglia sempre di più il numero di coppie che scelgono (o riescono) ad avere più di un figlio. Dunque, se il numero complessivo di famiglie continua ad aumentare, parallelamente si assiste ad una costante contrazione delle dimensioni del nucleo.
Le ragioni di questa tendenza – non esplicitate dal rapporto – sono sicuramente da ricercare nei profondi cambiamenti socio-economici che dalla fine degli anni '90 stanno interessando il nostro Paese: maggiori difficoltà nel raggiungere una posizione lavorativa stabile ed economicamente soddisfacente, tempi più dilatati nell'abbandonare il proprio nucleo d'origine (ergo, andarsene via di casa), politiche poco efficaci nel fornire sostegni adeguati ai neogenitori (asili nido costosi e poco accessibili, congedi parentali non equiparati tra padre e madre), ma anche un sostanziale cambio del sistema dei valori.
Oltre alle relazioni più fluide (un tempo si usciva di casa per iniziare a convivere, oggi questo automatismo è venuto meno), al mutamento delle strutture famigliari contribuisce anche un rinnovato ruolo della donna – non più solo angelo del focolare, ma anche lavoratrice e professionista in carriera – e una maggiore attenzione all'autodeterminazione e al raggiungimento di obiettivi (carriera, esperienze personali etc…) che non sempre conciliano con la possibilità di mettere su famiglia in giovane età.
Come sono composte le famiglie italiane?
La gran parte delle famiglie, il 63,1%, è formata da un unico nucleo familiare (quelle in cui quindi i componenti si identificano come famiglia e vivono tutti insieme), mentre le famiglie senza nucleo (con componenti che vivono insieme, ma che non hanno alcuna relazione di coppia o di tipo genitore-figlio) sono il 35,6% e riguardano quasi esclusivamente single che vivono da soli. Sono invece poche le famiglie composte di due o più nuclei che vivono insieme (1,3% del totale).
La coppia legata dal vincolo del matrimonio è ancora maggioritaria, tuttavia negli ultimi anni si è registrato visto un drastico calo nel numero di nozze (civili e religiose), culminato col crollo del 2020 che però era fortemente condizionato dall'arrivo della pandemia che ha obbligato migliaia di coppie a rimandare il momento del fatidico "sì". Nel 2021 i dati hanno infatti mostrato un nuovo boom "compensativo" di matrimoni, i cui numeri però non sono stati comunque sufficienti a colmare le lacune degli anni precedenti.
L’ampiezza familiare media attuale si ferma a 2,3 componenti (all'inizio degli anni Duemila era di 2,6 componenti). Una famiglia su 10 è però formata da un nucleo monogenitore, principalmente madri sole (8,6 %) e molto più raramente (2,1%) da un padre con figli.
A questa sequela di numeri e percentuali continua però a mancare una porzione di popolazione che, per ragioni diverse, continua a sfuggire a rilevazioni e censimenti: tra queste, su tutte ci sono le famiglie omogenitoriali, dove cioè i genitori appartengono allo stesso sesso. Attualmente infatti non esiste alcun dato affidabile sul numero e la composizione delle famiglie arcobaleno e le cifre che ogni tanto circolano in rete o sui giornali o sono falsate o sottostimano pesantemente la portata del fenomeno.
Lo scottante tema della (de)natalità
La riduzione del numero di coppie con figli e delle famiglie numerosi si lega a doppio nodo con l'annosa questione della denatalità. Anche nel 2021 è infatti continuato il progressivo il calo delle nascite (400.249) e i dati del 2022 hanno mostrato un indice di natalità di 392.598, che per la prima volta nella storia repubblicana si è fermato sotto sotto la soglia dei 400mila nuovi nati.
Ma non è l'unico numero da osservare per avere il quadro completo di un Paese dove la popolazione è sempre più anziana e i nuovi nati non riescono da tempo a garantire più quel famoso "ricambio generazionale" che dovrebbe fornire linfa vitale in termini di risorse, energie e forza-lavoro ad una nazione proiettata verso il futuro.
Se infatti il quoziente di natalità si conferma di 6,8 nati per mille abitanti, il tasso di fecondità totale (TFT), ossia il numero medio di figli per donna, scende a 1,18 per le mamme italiane, anche se il contributo delle donne straniere fa registrare un lieve rialzo complessivo a 1,25. Numeri inquietanti, soprattutto se letti in un'ottica internazionale.
Nel contesto internazionale la fecondità nel 2020 ricalca la situazione dell’anno precedente: il TFT dell’Italia (pari a 1,24) è il terzo più basso dell’Ue28 dopo Malta (1,13) e Spagna (1,19). All’altro capo della classifica c’è ancora la Francia con 1,83 figli in media per donna (dato provvisorio)
Laddove le nascite calano però, prosegue l’aumento dei figli nati fuori dal matrimonio: nel 2021 sono stati 159.821 (14mila in più dal 2020), pari al 39,9% del totale. Le nascite fuori dal matrimonio appaiono più frequenti nel Centro (46%) e meno diffusi al Sud (34,8% ), ma gli esperti notano un rapido ritmo di incremento a livello nazionale.
Cosa ci dicono questi numeri?
Se da un lato il crollo delle nascite non può che destare una certa preoccupazione in ottica futura (chi, ad esempio, pagherà le pensioni quando gli anziani soverchieranno per numero i cittadini impiegati come forza-lavoro?), dall'altro lato i report ISTAT certificano un cambiamento sostanziale nella natura stessa della famiglia, ormai non più legata ai canoni tradizionali che hanno strutturato le relazioni delle scorse generazioni.
A noi non resta che prenderne atto e sperare che la politica faccia altrettanto, adeguandosi ai tempi e intervenendo con misure efficaci per far sì che siano i cittadini, e non le difficoltà sociali, a decidere in quale tipo di famiglia vivere, amare e realizzarsi.